Tomo tomo, caccchio cacchio, 'sto Marelli magnetico se ne viene fuori con un romanzetto canaglia niente male.
C'è tutto quel che serve e che piace: la sbornia facile, lo spaesamento di un deraciné romantico il giusto, la nostalgia per l'age d'or del gioco del calcio. Più - atout non indifferenti - un gusto spiccato per i dialoghi e un bel senso del ritmo.
Insomma, la storia c'è, ma potrebbe anche non esserci poi troppo: l'importante è la voce che la racconta.
Bravo Stefano Marelli, e bello "Altre stelle uruguayane", che merita d'esser letto e di avere un posto sui nostri scaffali, accanto a Fabio Stassi e non troppo distante dalla mensola Soriano.
Che il nostro sia bravo se n'è accorto anche D'Orrico, uno che - serafico e papale - unge i libri col suo aspersorio e li fa vendere, oppure storce sopracciglia neghittose, e allora son dolori.
Tutto bello, intendiamoci, e la sponsorship del critico del "Corriere" per un esordiente è meglio di una vincita al totocalcio. ma quando si leggono cose come "Marelli è lo scrittore più bravo fra quelli - anche di larga fama - che sono stati presentati al salone di Torino", beh, allora le pelotas non girano più solamente a centrocampo, e verrebbe da chiedere al suddetto D'Orrico "... ma tu hai presenziato a TUTTE le presentazioni? Ma tu hai letto TUTTI i libri che sono stati presentati al salone?".
Basta con gli editti, per favore. E basta con i soloni dei saloni, che si permettono poi pure di avanzare dubbi a mezzo stampa sullo stato di salute della critica in Italia. Certo che il paziente è moribondo, caro il mio D'Orrico, fino a quando a far diagnosi e somministrare le cure saranno gli stessi che delegittimano la funzione cui sono preposti.
Ciò detto (e che vada ridetto), bravo Marelli!