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Flaminio Gualdoni - Breve storia della merda d'artista


“In se stesso, l’oggetto è semplice. Si tratta di una scatoletta per conserve alimentari del diametro di sei centimetri, sigillata, su cui è apposta un’etichetta a stampa realizzata da Antonio Mascherpa, tipografo complice delle molteplici scorribande editoriali dell’artista.”


E’ il 6 gennaio del 1963 quando Piero Manzoni muore improvvisamente a Milano nel suo studio di via Fiori Chiari.
Avrebbe compiuto 30 anni sei mesi dopo, esattamente il 13 luglio, essendo nato nel 1933 a Soncino, in provincia di Cremona da una importante famiglia del luogo.

La madre Elena Meroni appartiene ad una ricca famiglia, proprietaria di una storica filanda, mentre il padre Egisto, conte di Chiosca e Poggiolo, è socio sia della libreria Antiquas sia dell’allora prestigiosa azienda alimentare di Rinaldo Rossi.

Piero, insieme ai quattro fratelli, riceverà un’educazione cattolica e di stampo aristocratico, come si conviene alla condizione della famiglia.

I suoi sono stati trent’anni vissuti intensamente e spesi completamente per rispondere al prepotente istinto artistico che probabilmente da sempre lo investe. Essere artista gli importa da subito.

Per questo ha molto letto, molto riflettuto, immettendo nutrimenti diversi e forti intorno alla questione della ragion d’essere dell’arte, come ci fa notare Flaminio Gualdoni, che di Manzoni ha studiato vita e opere, e che ha curato l’allestimento della mostra a Palazzo Reale.

Milano è la città dove Manzoni ha operato da protagonista, nel secondo dopoguerra, in una stagione di grandi spazi artistici ed intellettuali e dove a fianco di altri personaggi del tempo, come ad esempio Lucio Fontana, metterà a punto uno dei suoi pensieri fondamentali, rispetto alla sua opera: ""Il nostro modo è un alfabeto di immagini prime. Il quadro è la nostra area di libertà; è in questo spazio che noi andiamo alla scoperta, all’invenzioni delle immagini; immagini vergini e giustificate solo da se stesse.
Ecco un’occasione per ripercorrere la vicenda breve e fervida di un eclettico e controverso artista che ha profondamente rinnovato l’idea stessa di avanguardia.

È proprio sul termine “controverso” che si incentra il piccolo ma intenso saggio di Gualdoni sulla famosa “Merde d’artiste”, opera che già al suo primo apparire in pubblico, il 12 agosto del 1961 in una galleria di Albisola frequentata peraltro da una cerchia ristretta di intenditori, suscita subito reazioni ironiche e perplesse.

Sulla stampa che parlerà di questo avvenimento, viene persino definito non un artista ma un caccautore e pure Dino Buzzati, autorevole e non certo codino, come ricorda sempre Flaminio Gualdoni, stigmatizzerà l’avvenimento scrivendo: “Questi barattoli le cui intenzioni, ironiche o rivoluzionarie non bastano a riscattare la volgarità e il cattivo gusto di stampo goliardico”.

Ma, nonostante ciò, da quel giorno questa sorprendente opera, ormai consacrata ad essere una delle più significative icone dell’arte d’avanguardia, è divenuta oggetto del desiderio di collezionisti e di musei.

E che dire di tutto quello che negli anni, si è ipotizzato e scritto attorno al suo “leggendario contenuto” ?

Piero Manzoni con la Merde d’artiste, insieme a Marcel Duchamp autore di un’altra contestata opera-scandalo la famosissima ed altrettanto provocatoria Fontana, alimenterà storie, parodie, ironie, polemiche e rifiuti feroci, contribuendo ad aggiungere un nuovo capito alla storia dell’arte.

Nonostante tutto, resta un simbolo assoluto della cultura contemporanea ed uno dei suoi miti più tenaci.

Flaminio Gualdoni - Breve storia della ""Merda d'artista""
56 pag., 7 euro - Skira sms
ISBN 8857223377



di Iaia Barzani


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