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Splendore romanzo di Margaret Mazzantini


C’è qualcosa che non sapevo di me, che scopersi quel giorno di violento apprendimento. Ho coraggio, un coraggio che attraversa la follia e torna. Il coraggio dei masochisti. Dei violenti fermi.


Un libro che fa male, come un taglio in bocca, un’afta che non si riesce a fare a meno di stuzzicare con i denti. È un dolore che stilla gocce di piacere, quello che esce da queste pagine durissime eppure intrise di lirismo assoluto.
La scrittura complessa della Mazzantini, ricca di iperboli e grandi volute, si asciuga e si affina in questo suo ultimo romanzo, diventa liscia, cristallina eppure rovente come piombo fuso.

Dopo Non ti muovere, Venuto al mondo, Nessuno si salva da solo, tutti romanzi incentrati su tematiche forti, storie di guerra, sentimenti laceranti, crepuscoli e traumi, l’autrice crea in queste pagine un grandioso romanzo di formazione, che supera i limiti della vicenda biografica per spaziare nella descrizione di due intere esistenze, dall’infanzia fino alla maturità.



I protagonisti di questa storia sono due ragazzi, Guido e Costantino, che abitano nello stesso condominio, in una Roma anni Settanta sontuosa e decadente.
Il primo, figlio di buona famiglia borghese, vive al quarto piano, protetto da un ambiente di altero distacco.
Il secondo, figlio del portiere, vive nel seminterrato, avvolto nel suo tanfo di cavolo e fumo.
Mai due infanzie sono state tanto contigue quanto distanti.

Guido vive in un completo isolamento, affidato a balie provenienti da Paesi sconosciuti. Suo padre è un dermatologo incapace di comunicare, sua madre Georgette è una figura superba di una bellezza selvatica e vuota: Attendevo il ritorno di mia madre, i suoi polpacci slanciati, i lembi del suo cappotto, la voce dell’unica donna che aveva il diritto di abitare quella casa e occupava l’interezza del mio cuore. E se anche ero arrabbiato, il bisogno di lei, la sola idea di rivederla mi faceva sciogliere di lacrime, dei più teneri e sconfortanti pensieri d’amore.
A illuminare i suoi occhi sul mondo soltanto suo zio Zeno, un critico d’arte che vive nel suo mausoleo, circondato da falsi mezzi busti, al piano di sopra. Guido inizia a pensare al suicidio a dieci anni, non lo farà mai, ma passerà tutta la vita a cercare di farsi del male. Costantino è coriaceo, corporeo, aggressivo, caparbio. Gioca nella squadra di pallanuoto, studia con ostinazione ma con scarsi risultati, non brilla mai, non emerge, è il rifiuto della società, isolato dai compagni per la sua povertà, per i suoi jeans rimessi a nuovo e i suoi maglioni sformati.

Guido e Costantino
sono separati da un vecchio, elegante, ascensore di mogano. Le loro vite procederanno parallele e di pari passo, ma sempre secondo un tormentato rapporto di amore e odio.
Sarà attrazione carnale, rifiuto, pentimento. Sarà vergogna e violenza, ma anche tempo e distanza. Con gli anni si separeranno e si ritroveranno, ci sarà un matrimonio a Londra, ci saranno altri lungofiume sulfurei e notti passate a cercare dita umide, ci saranno altre case con altre mogli e un’infinità di bottiglie e peccati.
Reduci prima ancora di combattere la loro battaglia, Guido e Costantino sono due personaggi che entrano nel sangue del lettore, avvelenandolo.

Un romanzo che è un grande, trionfale, omaggio all’amore omosessuale. Una superba prova di scrittura da parte di un’autrice che ha saputo cogliere le sfumature di un sentimento ibrido, violentemente maschile eppure intensamente femmineo.

Scritto in prima persona, dal punto di vista di Guido, questa storia scandalizza e rompe il muro dell’ipocrisia. Come i grandi romanzi ottocenteschi, da Dostoevskij in poi, rivelano la natura umana, così Margaret Mazzantini arriva a mostrarci, attraverso le vite dei due protagonisti, la “contro natura” umana e il suo splendore impossibile.

Recensione di Annalisa

Margaret Mazzantini - Splendore
310 pag., 20,00 € - Edizioni Mondadori 2013 (Scrittori italiani e stranieri)
ISBN 978-88-04-63808-7


Splendore
Splendore Di Margaret Mazzantini;

"Avremo mai il coraggio di essere noi stessi?" si chiedono i protagonisti di questo romanzo. Due ragazzi, due uomini, due destini. Uno eclettico e inquietto, l'altro sofferto e carnale. Una identità frammentata da ricomporre, come le tessere di un mosaico lanciato nel vuoto. Un legame assoluto che s'impone, violento e creativo, insieme al sollevarsi della propria natura. Un filo d'acciaio teso sul precipizio di una intera esistenza. I due protagonisti si allontanano, crescono geograficamente distanti, stabiliscono nuovi legami, ma il bisogno dell'altro resiste in quel primitivo abbandono che li riporta a se stessi. Nel luogo dove hanno imparato l'amore. Un luogo fragile e virile, tragico come il rifiuto, ambizioso come il desiderio. L'iniziazione sentimentale di Guido e Costantino attraversa le stagioni della vita l'infanzia, l'adolescenza, il ratto dell'età adulta. Mettono a repentaglio tutto, ogni altro affetto, ogni sicurezza conquistata, la stessa incolumità personale. Ogni fase della vita rende più struggente la nostalgia per l'età dello splendore che i due protagonisti, guerrieri con la lancia spezzata, attraversano insieme. Un romanzo che cambia forma come cambia forma l'amore, un viaggio attraverso i molti modi della letteratura, un caleidoscopio di suggestioni che attraversa l'archeologia e la contemporaneità. E alla fine sappiamo che ognuno di noi può essere soltanto quello che è. E che il vero splendore è la nostra singola, sofferta, diversità.

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