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Perché i mega-ricchi stanno distruggendo il pianeta di Hervé Kempf

Prefazione di Giuseppe Culicchia

"Kempf ritiene che solo la riduzione dei consumi da parte dei mega-ricchi potrebbe far accettare all'uomo della strada il cambiamento di stile di vita collettivo che si prospetta come indispensabile nei prossimi decenni. Osa proporre una tesi che certo inorridirà i fautori del liberismo e i loro cortigiani addetti alla propaganda, ossia la necessità di un calo dei consumi e della produzione, esattamente il contrario della teoria oggi universale della crescita a oltranza."
dalla Prefazione di Giuseppe Culicchia

"Se viene a mancare la giustizia, che sono i regni se non degli estesi brigantaggi?
(Sant'Agostino)  


Giornalista autorevole, Kempf ha iniziato vent'anni fa ad occuparsi di ecologia e ha maturato competenze ed esperienze tali da farlo considerare una delle voci più interessanti e autorevoli su questo tema cruciale.
Persa la fiducia che la sola intelligenza degli uomini portasse a dare al degrado ambientale il rilievo storico e il peso che esso ha, giunge a due amare conclusioni che lo hanno indotto a scrivere il libro che qui proponiamo.


Ed ecco a quali drammatiche conclusioni è giunto l'autore:
-la situazione ecologica del pianeta peggiora a tale velocità che gli sforzi di tanti cittadini non riescono a fermarla.
- il sistema sociale che detiene il potere (cioè il capitalismo) non accetta i cambiamenti necessari a preservare il futuro della Terra, sia quello ormai imminente, che quello in cui vivranno le prossime generazioni.


"Crisi durature", "catastrofi possibili": questi termini drammatici non sono eccessivi, molti i segnali che già se solo prestiamo attenzione, possiamo vedere. Eppure, posta davanti alla contestazione dei suoi privilegi e alle critiche di ecologisti ed economisti, l'oligarchia "riduce i diritti civili e lo spirito della democrazia".
Difficile, in una situazione così difficile e pericolosa, da vari punti di vista, trovare le parole d'ordine possibili. Ma l'unica via d'uscita è davvero: "Consumare meno, dividere meglio".


"Col riscaldamento climatico la maggior parte della superficie terrestre si trasformerà in deserto. I sopravvissuti si raduneranno intorno all'Artico. Ma non ci sarà spazio eprt tutti, e perciò ci saranno guerre, e orde scatenate, e signori della guerra. Non è la Terra a essere minacciata, ma la civiltà": queste terribili parole, riportate dall'autore, sono state dette da James Lovelock, uno dei maggiori scienziati inglesi, noto in tutto il mondo.
Ed ecco un'altra fonte autorevole, il Rapporto sulla biodiversità globale reso noto in occasione della Conferenza delle Nazioni Unite sulla biodiversità tenutasi in Brasile nel 2006: "Noi siamo attualmente responsabili della sesta maggiore estinzione nella storia della Terra, quella più importante dalla scomparsa dei dinosauri, avvenuta 65 milioni di anni fa". Motivo principale della scomparsa di tante specie è il degrado o la distruzione del loro habitat.

Ma questi e altri problemi non devono essere osservati separatamente, sono aspetti diversi di un'unica grande emergenza: è necessario infatti "abbandonare l'idea di crisi separate, risolvibili indipendentemente le une dalle altre."
Ma quali conseguenze a breve termine tale degrado ambientale potrebbe produrre, ad esempio, in ambito economico? riportiamo le risposte che dà Kempf in questo saggio:
a) un arresto della crescita dell'economia americana minata da tre grandi deficit, della bilancia commerciale, del budget e dell'indebitamento interno.
b) una forte frenata della crescita cinese, crisi che avrebbe ripercussioni planetarie.
Se uno shock brutale di questo genere non si verificasse, il declino potrebbe essere lento e graduale e i popoli potrebbero "abituarsi" a tali mutamenti.

È evidente, e tutti gli scienziato lo confermato, siamo avviati su di una strada che porta al baratro e non si fa davvero nulla per cambiare rotta. Ma perché tanta cecità? "Se non cambia niente, nel momento in cui entriamo in un'emergenza economica di gravità storica, è perché così vogliono i potenti del mondo". Bisogna davvero capire che l'emergenza ecologica e l'emergenza sociale sono "due facce dello stesso disastro" ed è quello che nelle pagine di questo libro viene spiegato in modo chiaro e indiscutibile.

Ecco poi un sintetico quadro delle povertà in Francia (patria dell'autore) nel mondo. Ne diamo solo i dati conclusivi: un miliardo di persone sopravvive con meno di un dollaro al giorno; un altro miliardo con meno di due dollari. Si stima che l'1,1 miliardi di esseri umani non dispongano di acqua potabile e che 2,4 miliardi vivano in condizioni sanitarie inaccettabili. Il numero di persone che soffrono la fame, che diminuiva da parecchi decenni, ha ripreso a crescere dal triennio 1995-1997 (si parla di 800 milioni di esseri umani che soffrono la fame e 2 miliardi soffrono di carenze alimentari). Un miliardo di cittadini vive nelle bidonvilles poste alle periferie delle metropoli. 
E le disuguaglianze tra i ceti e tra i paesi del nord del mondo e quelli del sud negli ultimi dieci anni sono paurosamente aumentate. Inoltre la rapida crescita economica di Cina, India e Brasile, che ha un costo ecologico altissimo, avviene all'insegna delle disuguaglianze sociali.
Il primo punto quindi dovrebbe essere la diminuzione della forbice tra ricchi e poveri, all'interno di uno stesso Paese e nel rapporto tra i vari Paesi del mondo. Va aggiunto che proprio i poveri sono i primi a subire il disastro ecologico: coloro che vivono nelle discariche in America Latina; i contadini vittime della desertificazione; la deforestazione che colpisce le risosrse di sopravvivenza per gli indios...


Una sezione del libro è dedicata ai mega-ricchi. Vengono elencati numeri, cifre stratosferiche di stipendi e benefit vari: "la setta dei mega-ricchi non ha patria", e infatti ce ne sono in ogni parte del mondo. Impossibile cercare altre strade? impossibile almeno diminuire le ingiustizie? L'autore afferma che se non si deciderà di affrontare il problema, le conseguenze peseranno su tutti e saranno gravissime. Se non si ridurranno i consumi, sarà il pianeta ad essere consumato, così come se non si invertirà la tendenza, la democrazia stessa sarà in pericolo perché l'informazione sarà sempre meno libera e il dissenso tacciato di "terrorismo" e criminalizzato. "Le neodemocrazie dispongono di tecniche di controllo sociale che i despoti del passato non avrebbero osato sognare" e tutto ciò con l'appoggio dei media.
C'è però qualche spiraglio: sempre più numerosi sono coloro che capiscono "la novità storica della situazione" e l'importanza delle questioni attuali. Emergono nuove soluzioni, rinasce insomma "la voglia di rifare il mondo".

Le prime pagine
                                                                  Introduzione

L'autobus mi stava portando a Heathrow, al termine di un reportage sul «soldato del futuro». La radio trasmetteva le ultime notizie. Un giornalista raccontava che, secondo alcuni specialisti svedesi, nei paesi scandinavi era stato rilevato un tasso elevato di radioattività. Poteva essere la conseguenza dell'incidente avvenuto in una centrale nucleare.
Era il 28 aprile 1986, due giorni dopo l'incidente di Cernobyl. A un tratto quella notizia risvegliò in me il sentimento di un'urgenza dimenticata. Dieci o quindici anni prima avevo letto Ivan Illich, La Gueule ouverte, Le Sauvage, e mi ero appassionato all'ecologia, che mi sembrava l'unica vera alternativa in un'epoca di marxismo trionfante. Poi la vita mi aveva spinto a imboccare altri percorsi. Giornalista, mi ero ritrovato immerso nella rivoluzione micro informatica: nel momento in cui il «Time» proclamava il computer «Uomo dell'anno», scoprii con i miei colleghi di «Science et Vie Micro» i segreti del primo Macintosh, le «messaggerie rosa» del Minitel che prefiguravano le chat e i forum di Internet, le avventure di un giovanotto di nome Bill Gates che aveva appena siglato un contratto formidabile con IBM.


A un tratto, Cernobyl. Una questione evidente: quella ecologica. Un'urgenza: raccontarla. Cominciai a farlo. Da allora ho sempre seguito due regole: essere indipendente e produrre buona informazione, ovvero esatta, pertinente, originale. Badando a non fare del catastrofismo. Tra i primi a raccontare il problema climatico, l'avventura degli OGM, la crisi della biodiversità, non ho mai «calcato la mano». Mi sembrava che i fatti, supportati da un'attenzione tenace verso argomenti così palesemente prioritari, parlassero da soli all'intelligenza. E credevo che l'intelligenza bastasse a trasformare il mondo.

Allo stesso tempo, dopo aver creduto che le cose cambiassero, che la società evolvesse, che il sistema potesse darsi una scossa, oggi mi sento di fare due constatazioni:
- la situazione ecologica del pianeta peggiora a una velocità tale che gli sforzi dei milioni di cittadini del mondo consapevoli del dramma ma in evidente minoranza non riescono a frenare;
- il sistema sociale che detiene oggi le redini della società umana, il capitalismo, si ribella ciecamente ai cambiamenti che è indispensabile operare se si vogliono preservare la dignità e il futuro dell'esistenza umana.
Queste due constatazioni mi hanno portato a mettere il mio peso, per infimo che sia, sulla bilancia, scrivendo questo libro nel modo più breve e chiaro possibile ma senza troppe semplificazioni. Vi si può leggere un allarme, ma soprattutto un duplice appello, senza il cui successo nulla sarà possibile: agli ecologisti, di pensare veramente la questione sociale e i rapporti di forza; a coloro che si occupano della questione sociale, di rendersi davvero conto dell'emergenza ecologica, che oggi condiziona la giustizia.

© 2008, Garzanti

Perché i mega-ricchi stanno distruggendo il pianeta - Hervé Kempf
140 pag., 12 € – Edizioni Garzanti 2008 (Le forme)
ISBN 978-88-11-60076-3


L'autore

Hervé Kempf da oltre vent’anni si impegna per far riconoscere l’ecologia come settore autonomo dell’informazione.
Dopo aver fondato Reporterre e aver lavorato presso «Courrier International» e «La Recherche», è attualmente giornalista di «Le Monde». È tra i giornalisti francesi più autorevoli sui temi dell’ambiente e dell’economia; ha condotto importanti inchieste sui cambiamenti climatici, il nucleare, la biodiversità, gli OGM. In Francia, Perché i mega-ricchi stanno distruggendo il pianeta ha venduto finora oltre 25.000 copie.


Su questo stesso tema vedi anche:

L'ultimo miliardo. Perché i paesi più poveri diventano sempre più poveri e cosa si può fare per aiutarli di Paul Collier

Il dilemma dell'onnivoro di Michael Pollan


23 settembre 2008 Di Grazia Casagrande

Perché i mega-ricchi stanno distruggendo il pianeta

La società oligarchica propria dell'umanità globalizzata vede al vertice della piramide una casta di super-ricchi composta da qualche decina di migliaia di individui. Subito sotto, politici, manager, scienziati, intellettuali e funzionari, Risultato: 300.000 persone, su 6 miliardi, controllano la quasi totalità del capitale finanziario globale. C'è chi possiede un appartamento a Manhattan da 2800 metri quadri con 4 cucine, chi offre pacchetti-vacanza spaziali da 200.000 dollari, chi gironzola su un sottomarino con appartamento di lusso da 43 milioni di dollari. Peggio, non solo spendono i loro guadagni in modi assurdi, ma cosi facendo danneggiano il pianeta. Ormai non è più solo un problema di giustizia (e di etica), è in gioco la sopravvivenza stessa del pianeta.

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