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Il tuo nome sulla neve (Gnanca na busia) - Clelia Marchi - copertina
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Descrizione


Settant'anni, molti ricordi, un solo amore. Può capitare che si perda quell'unico amore e che venga voglia di scrivere. Per sanare la ferita, sfogare la rabbia, colmare il tempo vuoto. Si riempiono fogli, quaderni, ma la carta non basta ancora. Allora capita di aprire un armadio e di prendere un lenzuolo bianco dal corredo, uno di quelli che non si useranno più per riposare, per amare. E ci si rovescia sopra tutta una vita. Si torna alle origini, umilissime, quando si andava a scuola solo d'inverno, con gli zoccoli ai piedi e un cappotto rammendato. Quando si mangiava solo polenta, ché di pane ce n'era poco. Nel resto del tempo bisognava lavorare la terra, seminare, raccogliere. E prepararsi alla guerra, con lo straniero in casa, le tessere al mercato, i muri crivellati, la paura delle bombe e del padrone. Ad alleviare la fatica, l'amore per i figli, quelli allevati e quelli persi. E per un ragazzo dagli occhi azzurri, conosciuto a quattordici anni e sposato a diciotto. Questa è la storia semplice e straordinaria di Clelia Marchi, "gnanca na busia". Quando il marito muore in un incidente, Clelia è già anziana e inizia a trascrivere la storia della sua vita su un lenzuolo a due piazze, distillata in righe numerate, perché non si perda nulla di quel racconto "sul filo della sincerità". Prefazione di Carmen Covito.
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Dettagli

2014
4 dicembre 2014
128 p., Rilegato
9788842820543

Valutazioni e recensioni

Simona
Recensioni: 5/5
una testimonianza preziosa e coraggiosa

Sono andata in Toscana a visitare "Il piccolo museo del diario" a Pieve Santo Stefano.. E' stata un'esperienza bellissima che vi consiglio di fare: troverete tante testimonianze di persone che hanno voluto lasciare memoria della loro esistenza attraverso diari, lettere, scritti.. Si tratta di un'esperienza sensoriale unica.. Nell'ultima stanza del museo c'è una teca con un lenzuolo scritto con un pennarello da Clelia Marchi, una donna della provincia mantovana nata nel 1912 e morta nel 2006 a 93 anni. Dopo la morte del marito avvenuta nel 1972 a causa di un incidente, la Marchi non riesce più a dormire e trascorre le sue notti a scrivere quaderni e quaderni di pensieri.. una notte non ha più carta allora apre l'armadio, prende una delle sue lenzuola più belle, prende un cuscino che appoggia sulle gambe e notte dopo notte scriverà con un pennarello sul lenzuolo 186 righe numerate in cui racconta la sua storia: la vita contadina. la povertà, i sacrifici, racconta del suo unico amore in 50 anni di matrimonio, degli 8 figli di cui solo sono 4 viventi, racconta del tanto lavorare, delle sofferenze, del doversi rialzare e andare avanti per la famiglia, racconta delle sue perdite, della sua solitudine.. spesso sgrammaticato essendo andata a scuola solo fino in seconda elementare e solo in inverno perchè doveva badare ai fratelli, descrive la sua vita con una sincerità ed una potenza impressionanti tali da emozionare il lettore che non riesce a staccarsi dalle pagine della sua vita.. Nel 1985, pur non essendosi mai allontanata da Poggio Rusco, prende la corriera e va a Pieve Santo Stefano a depositare Il suo lenzuolo-libro nell'archivio diaristico della memoria. Il suo lenzuolo diventerà un libro (scritto con gli stessi errori e refusi sul lenzuolo) e riscuoterà molto successo con grande risonanza soprattutto negli anni '80 al punto da essere ristampato più volte...Mi ha scatenato un'emozione indescrivibile, che mai avrei pensato possibile... Fatevi un regalo, leggetelo!!

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Silvietta
Recensioni: 4/5

Intorno e insieme a questa storia di sentimenti, intima e tanto più commovente per i modi spontanei in cui ci viene rivelata, vediamo dipanarsi la vicenda delle difficoltà della famiglia, del lavoro nei campi, della miseria, della società in cui il marito, essendo capofamiglia, comandava lui, “e quello che diceva il marito era valido per tutti”. Con pochi tratti precisi, l’anziana narratrice ci spalanca un’ampia illustrazione di quel mondo contadino di povertà, di stenti, di fatiche inumane. Ha scritto cose che lei stessa non riesce a leggere «senza che mi cadono le lacrime» però sono cose che fanno parte di lei, e le ha scritte perché chi legge possa comprendere come erano quei tempi che oggi sembrano troppo duri per essere stati possibili. “C’è nera di cose che non sarebbe neanche dà ricordare: all’ora si era come le pecore: si stava nel recinto: adesso anno troppo tutto. Eravamo persone per bene: con tanta voglia di lavorare <e l’onestà era tutto> pure siam stati sotto i padroni più di .50. anni quindi più della meta della vita e non e poco”. Le scene della vita nelle cascine, descritta per episodi e dettagli, ben meritano l’orgogliosa rivendicazione della testimone che ci offre una documentazione di prima mano sulle famiglie contadine e sui rapporti tra salariati agricoli e padroni nella prima metà del Novecento. Per raccontarne tutte le sofferenze, la penuria, i momenti di piccolo benessere, la felicità sempre così difficile, «ci vorrebbe un lenzuolo largo, lungo come il mare» dice Clelia. Ma anche nei poco più di due metri per due di questo memoriale a due piazze ci sta molto, moltissimo davvero. Quello che dice è che, nella vecchiaia, la muove il desiderio di salvare la memoria del suo uomo, di se stessa, dell’amore per lui, della tristezza della separazione che che la fa sentire “come una vite senza l’albero” e le fa scrivere poesie da adolescente con il cuore spezzato a settant’anni Leggetelo, è un libro sincero e di una tenerezza infinita 🥺

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