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La tregua
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La tregua - Primo Levi - copertina
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tregua

Descrizione


Premio Campiello 1963. "La tregua", seguito di "Se questo è un uomo", è considerato da molti il capolavoro di Levi: diario del viaggio verso la libertà dopo l'internamento nel Lager nazista, questo libro, più che una semplice rievocazione biografica, è uno straordinario romanzo picaresco. L'avventura movimentata e struggente tra le rovine dell'Europa liberata - da Auschwitz attraverso la Russia, la Romania, l'Ungheria, l'Austria fino a Torino - si snoda in un itinerario tortuoso, punteggiato di incontri con persone appartenenti a civiltà sconosciute, e vittime della stessa guerra. L'epopea di un'umanità ritrovata dopo il limite estremo dell'orrore e della miseria.
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Dettagli

2
2005
Tascabile
272 p., Brossura
9788806173852

Valutazioni e recensioni

Renzo Montagnoli
Recensioni: 5/5

Raramente mi è capitato di imbattermi in un libro come questo, così avvincente e così facile da leggere, nonostante l’intensità e la complessità del tema trattato. La tregua è il naturale seguito di Se questo è un uomo, racconto autobiografico in cui Levi narra della devastante esperienza della reclusione nel lager di Auschwitz, scritto quasi nell’immediato, poco dopo il suo ritorno nella casa Natale di Torino e che già lo aveva segnalato alla critica e in particolare a Italo Calvino che giunse a riconoscere in alcune pagine “una vera potenza narrativa”. Se questo è un uomo termina con l’arrivo delle truppe sovietiche nel campo di concentramento, là dove inizia La tregua, una descrizione, pure autobiografica, del lungo e tortuoso viaggio di ritorno, quasi un pellegrinaggio durato diversi mesi, attraverso un’Europa distrutta dalla guerra, devastata dalla furia inconsulta degli uomini, una piccola Odissea in cui il nostro novello Ulisse, cioè l’autore, reimpara a vivere. L’esperienza del lager lo aveva ucciso dentro, con un annichilimento totale in cui il corpo pareva esistere disgiunto da una vera volontà, cancellata, sradicata, una sorta di vita vegetativa in cui nonostante tutto lui cercava di scampare alla morte, a differenza di altri che quasi ormai la cercavano. Questo viaggio, determinato dal caso, dall’inevitabile disorganizzazione degli ultimi giorni di guerra e dei successivi primi di pace, diventa provvidenziale, evita lo choc di un reinserimento troppo rapido nella vita normale e conduce a una progressiva coscienza del proprio stato di uomo libero. Ripristinate le forze fisiche, c’è così il tempo per ammortizzare quel lacerante dolore interiore, forte, insopportabile nei primi giorni di libertà, e che con il passare del tempo cala d’intensità, pur senza mai sparire del tutto. Il viaggio è quello di un’umanità violata, di poveri esseri frastornati dall’analoga esperienza e perciò fratelli loro malgrado. Sono tanti i personaggi, vari e finemente descritti, per cui è anche possibile considerare La tregua un romanzo corale, in cui ognuno porta i segni della sua sventura e il contributo per la rinascita. Talune vicende raccontate possono sembrare picaresche, ma sono il frutto di una certa incoscienza più che giustificabile in individui che cercano di riappropriarsi dell’esistenza, e come tutti i rinati hanno anche il candore dei bambini, la loro simpatia, le loro bizze. Questi compagni di odissea sono gli abitanti dei paesi attraversati, i soldati dell’Armata Rossa, ma soprattutto alcuni che sono rimasti indelebili nel ricordo dell’autore: il greco Nahum e il romano Cesare, maestri nell’arte di arrangiarsi, Hurbineck, il bambino nato ad Auschwitz “che non aveva mai visto un albero”, il Moro di Venezia, gran bestemmiatore che sembra uscito dall’Apocalisse, e tanti altri, che appaiono e scompaiono nel volgere di poche righe, lasciando però il segno chiaro, marcato della loro personalità. La coralità si trova anche nelle pagine in cui si parla del rimpatrio, a guerra finita, dei soldati vincitori dell’Armata Rossa, una moltitudine eterogenea che pare uscita dal tendone di un circo equestre, tanti pagliacci senza ciliegia sul naso, in preda a un’euforica gioia, con una incredibile e contagiosa vitalità. Lungo questo viaggio s’incontra di tutto, come binari interrotti, campi di smistamento più o meno organizzati, panorami costituiti da piatte pianure, a tratti interrotte da vere e proprie foreste, e Levi ce ne parla, descrive, ricrea atmosfere, si abbandona, una volta lenita buona parte della sofferenza derivante dall’esperienza del lager, a un sentimento che è proprio di ogni essere umano e che fu anche di Ulisse: la nostalgia. Ritorna il ricordo della propria casa, dei familiari, cresce, prepotente, il desiderio di essere con loro: la tregua è finita, si è ormai tornati alla vita. Il libro, scritto fra il 1961 e il 1962, beneficia indubbiamente di un lungo periodo in cui l’autore ha potuto essere finalmente fuori dall’incubo del lager e infatti la narrazione ha dei notevoli benefici, non è ansiosa, né, soprattutto, angosciante, pur se la memoria della prigionia non viene mai meno. Questo consente di stemperare i toni, di arrivare in alcune pagine a vertici sublimi, cosa che il lettore non potrà che apprezzare, con un solo dispiacere, quello di arrivare troppo velocemente alla fine. La tregua è un libro bellissimo, da leggere e rileggere più volte, e che sempre lascia un’intensa sensazione di serenità.

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Enrico Caramuscio
Recensioni: 0/5

Aushwitz, gennaio 1945. L'arrivo dei russi segna la fine di un incubo per chi ha vissuto sulla propria pelle la triste e dolorosa esperienza della detenzione nei lager nazisti. Per gli ex “haftlinge” significa salvezza, libertà e speranza di tornare a casa e riprendere una vita normale. Ma la guerra ancora non è finita e il ritorno al proprio focolare, pur aleggiando nell'aria come qualcosa di imminente, nei fatti resta ancora lontano dal potersi realizzare. Ne sa qualcosa il nostro Primo Levi che una volta lasciato il campo di concentramento polacco si ritrova sballottato in giro per l'Europa dell'est, trovando rifugio, cibo e protezione nei vari centri di raccolta predisposti dai liberatori sovietici. Ma come si fa a sentirsi liberi quando si è ancora costretti a stare ammassati, confinati, a dipendere dagli altri e a vivere in precarie condizioni igieniche senza sapere quando tutto questo finirà? Levi stila un racconto minuzioso del periodo che va dall'apertura dei cancelli di Auschwitz al suo ritorno a Torino, raccontando avvenimenti, condizioni di vita, speranze e dolori. Inoltre descrive molto bene i luoghi visitati e offre una precisa fotografia della gente incontrata in questo periodo. Personaggi tra i più disparati tra i quali spiccano particolarmente il Greco e Cesare, abilissimi commercianti che cercano in ogni luogo e in ogni situazione di fare affari sia per guadagnare qualche spicciolo e migliorare la propria situazione, sia perché quest'attività gli consente di sentirsi in qualche modo vivi; l'energica infermiera Marja Fjodorovna, il burbero Moro di Venezia, il selvaggio Velletrano e tanti altri. L’autore è molto bravo a non farsi trascinare dai propri sentimenti, non facendo trapelare minimamente ne odio ne risentimento nei confronti dei nazisti. Ciò forse porta ad avere un racconto più freddo e distaccato, rendendolo però sicuramente più attendibile e dandogli maggiore credibilità. Commovente il finale in cui Levi spiega come alcune esperienze ti segnino profondamente nell’inconscio, e come certi fantasmi ti inseguano anche ad incubo finito.

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MARCO DANIELE COPPOLA
Recensioni: 5/5

Primo levi racconta il suo ritorno a casa dopo la sua permanenza nei lager nazisti. Il suo viaggio non dura dieci anni come per Ulisse ma si può chiamare odissea: il suo ricovero nell’improvvisato ospedale nel campo di Auschwitz, le amicizie con il "greco" e gli altri deportati italiani, le soste nei vari paesi dell'Europa orientale e i lunghi viaggi in treno rendono quasi obbligatorio il confronto con l'opera di Omero. Quando ho finito di leggere "Se questo è un uomo" sono rimasto male, volevo sapere come Levi è riuscito a tornare in Italia, cosa è successo dopo che i nazisti abbandonano il Lager; ho provato le stesse sensazioni quando ho finito di leggere questo libro, volevo sapere come Levi tornava alla liberta nel suo paese, nella sua città. Ottime le descrizioni dei luoghi, ho avuto voglia di andare a visitare quei luoghi. Ottima la narrazione e le descrizioni dei rapporti interpersonali. Un libro da leggere.

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Recensioni: 3/5
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Primo Levi

1919, Torino

Nasce a Torino nella casa in cui abiterà per tutta la vita. Nell'infanzia è piuttosto cagionevole di salute e dovrà essere seguito con lezioni private alla fine delle scuole elementari. Frequenterà il Ginnasio-Liceo D'Azeglio e avrà per alcuni mesi come insegnante di italiano Cesare Pavese. Particolarmente interessato alla chimica, poco alle materie umanistiche. Terminato il liceo si iscrive alla facoltà di chimica nel 1937. Emanate nel 1938 le leggi razziali, riesce a proseguire gli studi universitari e inizia a frequentare circoli antifascisti. Nel 1942 va a Milano e lavora per la Wander, fabbrica svizzera di medicinali, dove fa ricerche di nuovi medicinali per il diabete. Qui entra in contatto con militanti antifascisti e si iscrive...

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