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La strega e il capitano - Leonardo Sciascia - copertina
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strega e il capitano

Descrizione


In questo breve romanzo del 1986 Sciascia affronta un seicentesco caso di stregoneria, dedicando all'episodio - in apparenza uno dei tanti depositati nei nostri archivi - una scrupolosa ricostruzione. Nello sbrogliare l'esasperante "pasticciaccio" tuttavia egli non si limita a consegnarci una delle sue miniature microstoriche, ma dilata l'avversione della Chiesa Cattolica per le "antiche fantasie e leggende" a metafora dell'eterno schema che vede ogni "sistema dominante" combattere tutte le fonti di "ingiustizia, miseria e infelicità" nel momento in cui "ingiustizia, miseria e infelicità" vengono da quello stesso sistema "in maggiore quantità e con accelerazione prodotte".
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Dettagli

3
1999
29 settembre 1999
84 p.
9788845914812

Valutazioni e recensioni

Renzo Montagnoli
Recensioni: 4/5

“… nel giro di tre settimane ne è venuto fuori questo racconto. Come un sommesso omaggio ad Alessandro Manzoni, nell’anno in cui clamorosamente si celebra il secondo centenario della sua nascita.” La storia, o meglio le piccole storie che sono espressioni di un’epoca e di una società, hanno sempre appassionato Sciascia, al punto da alternare la sua attività di narratore a quella di saggista, e in entrambi casi con eccellenti risultati. Gli spunti gli venivano da carteggi esaminati nel corso di ricerche, ma in questo caso, invece, l’origine dell’opera sta nel lavoro di un altro autore assai conosciuto, Alessandro Manzoni. Infatti, nel capitolo 31° de “I promessi sposi” si possono leggere queste righe, a proposito del protofisico Lodovico Settala, professore di medicina e autore di opere di rilievo, meriti però che non impedirono al popolo milanese di vedere in lui un untore: “Un giorno che andava in bussola a visitare i suoi ammalati, principiò a radunarglisi intorno gente, gridando esser lui il capo di coloro che volevano per forza che ci fosse la peste…”. Manzoni altresì spiega che riuscì il Settala ad evitare il peggio e a riacquisire il prestigio e il rispetto allorché, con suo “deplorabile consulto, cooperò a far torturare, tanagliare e bruciare, come strega, una povera infelice sventurata, perché il suo padrone pativa dolori strani di stomaco”. E di questa sventurata strega, di nome Caterina dei Medici, si interessa Leonardo Sciascia al punto di raccogliere in questo libro (La strega e il capitano) la triste vicenda che la vide protagonista suo malgrado, vittima ovviamente innocente, e che finì la sua esistenza strangolata e bruciata in piazza il 4 marzo 1617. Come è consuetudine dell’autore siciliano il suo lavoro è volto a far chiarezza e a ricercare la verità, con una puntigliosa ricostruzione, nel più piccolo dettaglio, del processo per stregoneria evitando di omettere i nomi dei prestigiosi personaggi coinvolti, che invece Manzoni tralascia, per una sorta di omertà, come spiega Sciascia, conseguenza di una deferenza verso famiglie talmente altolocate da ritenere indispensabile non associarle a una così orrenda vicenda, benché a distanza di molti anni. La povera Caterina, dalla vita assai infelice, fra l’altro era convinta di essere una strega, dal che si deduce che fra giudici e imputata si venisse a instaurare un legame di reciproco rispetto, ma forse la sua sorte sarebbe stata più benigna se i suoi accusatori non avessero avuto il notevole peso politico che invece era proprio dei familiari del senatore Luigi Melzi. Come è possibile comprendere, quindi, i motivi per un interesse di Sciascia sono stati più d’uno e infatti lui ha scritto un saggio storico che finisce con l’essere un libro contro l’intolleranza e la malapolitica, realizzando un lavoro di sicuro interesse su qualche cosa del passato, ma con gli occhi sempre rivolti al presente, un monito quindi, o meglio un avvertimento. Da leggere, indubbiamente.

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Leonardo Sciascia

1921, Racalmuto

Leonardo Sciascia è stato uno scrittore e uomo politico italiano. Esordisce sotto il segno di una prosa poetica (Favole della dittatura, 1950; La Sicilia, il suo cuore, 1952) che lascia però presto il passo ad una vena che si rivelerà per lui più feconda. A dire dello stesso Sciascia, la sua cifra più autentica affonda infatti le radici in «una materia saggistica che assume i modi del racconto». Questa direzione è subito evidente fin da Le parrocchie di Regalpetra (1956) e Gli zii di Sicilia (1958), che mostrano come gli spunti di cronaca isolana si sappiano fare pretesto e cornice per indagare sul costume sociale e le sue degenerazioni.Esempi ancor più compiuti in tal senso saranno Il giorno della civetta (1961) e A ciascuno...

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