A ovest di Roma

Un cane piovuto dal cielo in mezzo ad una vita. Un uomo con sulle spalle una famiglia che un po’ somiglia a quello stupido ,anarchico, ingombrante maschio di razza akita. Infatti è sua ma non l’ascolta. Sembra che Molise non possa far altro che sprofondare nel peggio dell’esistenza e lo farà, ma con sarcasmo feroce. Quello stupido cane che si è trovato addosso e che non gli piace, oltre a ricordare la ciurma della casa, sembra il suo stesso destino: se l’è trovato in tasca ma non gli appartiene. Sarà attraverso quel cane però che il protagonista avrà la sua rivincita. Fante senza chiedergli di fare niente (tanto non lo ascolta) riuscirà a fargli fottere il mondo e scusandosi ridendo sembra dire: “Non posso farci niente” Nell’orgia, il secondo racconto, Si rivive il passaggio alla consapevolezza delle cose dei grandi per un bambino. Finito di sognare, all’alba ci si stropicciano gli occhi e s’intravedono cose che prima non si capivano.