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L'ho comprato indecisa. Sbagliato, mai avrei dovuto. Mi sono davvero arrabbiata. Un libro davvero davvero mediocre. Piace ai giornalisti perché le semplificazioni e le categorie sono utili. Presuntuoso e pretestuoso. Si riconosce ovunque lo scrittore. Non c'è vita. Ancora questa formazione dell'adolescente che ci racconta che ha capito tutto e guarda gli altri con disprezzo. Il disprezzo dello scrittore appunto. Quello che mi indigna di più sono le donne (e non capiscono le scrittrici che lo difendono, per il suo ruolo di editor probabilmente, quelle che da lui aspettano il romanzo del secolo, non hanno ancora capito che questo non ama le donne, se non giovani e belle, certo meglio se intelligenti, ma a suo uso e consumo, lo decide lui, giudice insindacabile. Eppur vero che di solito queste donne odiano le donne e solidarizzano, compagnone con questo tipo di uomini) Ecco, proprio le donne qui sono o giovani e belle adolescenti dalla pelle lattiginosa e si chiamano Giulia, o la madre sempre un po' scusata in quanto madre, ma piccolo borghese, rivelata dagli occhi del giovincello, o c'è, ovviamente, l'arrampicatrice sociale con un nome, secondo il giudizio di Paride (sempre lo scrittore Nicola), nome giudicativo (e giudicato) attaccata al denaro, nome anni settanta per una ventiseienne? negli anni 80? Il giusto sembra essere solo lo scrittore che scrive appunto e che ci dimostra pure che sa fare pure la bella frase ad effetto. Con Nicola Lagioia non abbiamo proiprio Truman Capote qui che sapeva sì come si distruggeva il sistema da dentro, era anche lui uomo da salotto, ma poi distruggeva pure se stesso. Un cordialissimo saluto e ringraziamento per l'opportunità che la redazione dà ai lettori di difendersi.
L’autore si affida alla classica struttura del Bildungsroman per mettere in scena e seguire “i tormenti” di un ragazzo barese, di un’intera generazione e di tutta un’epoca italiana. A differenza di quanto ci ha offerto molta narrativa italiana, a passare sotto la lente del microscopio non è l’immagine oleografica di un Sud arretrato e rurale . Ma è la Bari dei ruggenti anni 80, travolta dai fiumi di guadagni facili, di vizi e di droga da cui fu investita tutta la penisola. Una Bari che, come molte città, ubriaca di ottimismo e lusso, sfiora l’illusione di uscire dalla sua dimensione meridionale e provinciale, per ritrovarsi inesorabilmente delusa. La sbornia di benessere, infatti, fu imprevista e perciò tanto travolgente quanto rovinosa. Genitori e figli, vecchi e giovani: non sembra risparmiato nessuno dalla degradazione e dal collasso che si avvia a una certa altezza della storia italiana. Quasi a voler rimarcare il carattere generale e degenerativo del fenomeno. Il libro presenta caratteri comuni e topici del romanzo di formazione (la scoperta dell’amore e del sesso, la discesa agli inferi con conseguente risalita, i rapporti conflittuali con i genitori, l’amicizia emulativa con una figura più “forte” e dominante), ma tuttavia assume un più vasto respiro. Infatti, lo scrittore ricollega gli eventi della vita dei personaggi esplicitamente alla dimensione storica in cui sono calati, che quindi emerge in maniera spiccata. Lagioia non è autore che scompare e si annulla dietro i fatti, bensì una presenza che s’impone e si distingue, grazie anche alla fortissima personalità narrativa e stilistica. Una prosa vigorosa e seducente la sua, uno stile unico, che a volte sembra diventare barocco quanto la realtà eccessiva che affresca, di cui si fa portavoce. Il senso di angoscia e tormento non ci abbandona nel corso della lettura. E neppure dopo. Perché lo scrittore sembra comunicare, in maniera più sottile, un messaggio più profondo: che è stato commesso un errore primigenio e che esso non è stato ancora completamente scontato. La nostra attuale condizione di naufraghi è quindi conseguenza diretta e prezzo da scontare di un benessere falso e ingannevole. E non completamente meritato. Lagioia ci offre una delle analisi più lucide e disincantate dell’Italia degli ultimi decenni. A differenza della tendenza invalsa, l’occhio del ciclone della storia italiana è individuato negli anni 80 e il protagonista alla fine parla, da una prospettiva attuale e dall’Italia odierna, come un “sopravvissuto”. In questo senso è la riflessione che aspettavamo, e di cui sentivamo il bisogno, su una porzione di storia nazionale forse ancora troppo vicina per essere oggetto di analisi storica, ma abbastanza incisiva sulla storia di ognuno per essere raccontata individualmente. Non si esce vive dagli anni 80, cantavano gli Afterhours. E ci sarà un perché.
Che libro inutile. Durante la lettura, che avrei voluto abbandonare in più di un'occasione, mi sono domandato parecchie volte perché vengono scritti questi libri. In più molte volte dovevo rileggere intere pagine perché ero convinto di essermi perso qualcosa d'importante. Libro che non merita.
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