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Gli antichi ci riguardano -  Luciano Canfora - copertina
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antichi ci riguardano

Descrizione


Si levano voci che chiedono di emarginare gli antichi, per esempio a scuola. Sarebbe una amputazione sciocca. Lo studio degli antichi costituisce invece una potente risorsa per comprendere quel che ci accade intorno: il rapporto libertà-dipendenza, la lotta per la cittadinanza, la competenza come requisito della politica. Problemi oggi cruciali che già percorrevano le società antiche. Esse seppero affrontarli, talvolta scegliendo risposte non consolatorie.
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Dettagli

2014
8 maggio 2014
104 p., Brossura
9788815251565
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Indice

Preambolo
I. Gli studi classici sono pericolosi?
II. Stare al passo coi tempi: che vuol dire?
III. L'utilità dell'inutile è un sofisma
IV. Non giova cullarsi nell'autocompiacimento "umanistico"
V. Servono perché lì ci sono i "valori"?
VI. Il latino come disciplina
VII. Gli antichi non sono il nostro specchio, sono un universo drammatico
VIII. Ci riguardano perché i loro problemi insoluti e i loro conflitti sono anche i nostri...
IX. ... e perché non hanno scelto la via consolatoria
Appendice. Grandezza della traduzione
Antologia. Difese inefficaci degli studi classici nella scuola
1. «La scuola unica», di G. Coppola (1938).
2. «Il convegno del latino», di G. Coppola (1942).
3. «Ai lettori», di G. Funaioli e G. Perrotta (gennaio 1948).
4. «Crisi di scuola e di cultura», di C. Marchesi (luglio 1948).

Valutazioni e recensioni

Recensioni: 5/5

Premetto che ho letto, per caso, questi due libri secondo l’ordine cronologico della loro pubblicazione. Un caso fortunato, poiché ritengo che il testo di Canfora rappresenti, almeno in parte, l’espressione di un suo reciso dissenso, nei confronti di alcune idee nodali del saggio di Ordine (che Canfora, si noti, non nomina mai). L’utilità dell’inutile è stato dato alle stampe prima in Francia e in francese, nel 2013, dalla prestigiosa casa editrice “Les Belles Lettres” (nella quale, ci informa il risvolto di destra della successiva edizione italiana, l’autore di L’utilité de l’inutile «dirige, con Y. Hersant, tre collane di classici»), e solo successivamente è venuto alla luce in italiano, per i tipi della Bompiani. Dopo una sua attenta lettura – lungo la quale mi sono sentito talvolta arrancare, a causa dei continui sfoggi gratuiti di erudizione – sento di dover dire che, non trattandosi affatto di un libro inutile (se ce ne sono; e credo proprio di sì), il manifesto di Ordine (il termine manifesto vi compare, infatti, come sottotitolo) è comunque radicalmente sbagliato. È quello che penso del suo approccio, in effetti, perché i suoi doviziosi e illustratissimi ragionamenti in difesa della filologia, classica e non, finiscono per dimostrarsi non solo alquanto autocelebrativi – e, dunque, un tantino irritanti – come pure, e soprattutto, mal motivati e addirittura controproducenti. Ordine fa ampia mostra del suo strabiliante bagaglio culturale, offrendo al soggiogato lettore un’imponente carrellata dei più svariati protagonisti della cultura occidentale: Euclide, Ariosto, Seneca, Nietzsche, Baudelaire, Einstein, Montaigne, Cervantes, Victor Hugo, Saint-Exupéry, George Steiner, Lessing, il cardinal Bessarione e decine di altri nomi eccelsi – forse un foglio intero non mi basterebbe per elencarli tutti. Insomma, una parata delle All Stars del pensiero e delle belles lettres decisamente impressionante; ma i riferimenti e le citazioni che li riguardano sono spesso scontati, o ridondanti, o di dubbiosa pertinenza. L’esuberanza espositiva di Ordine è un mal minore, però, o forse non lo è affatto, se prendiamo in considerazione il pragmatico principio del melius abundare. Più grave e più greve è la sua quasi ipnotica insistenza sul logoro topos della condanna dell’auri sacra fames: espressa, mi sa – come quasi sempre accade –, a pancia piena. È facile, è appagante, è bello disprezzare i beni materiali, quando se ne dispone in quantità sufficiente per poter ostentare un’aristocratica aderenza all’ideale oraziano dell’aurea mediocritas. Nonostante tutto, anche le magagne appena riferite possono essere considerate fondamentalmente innocue. L’impostazione dell’elogio che l’autore intesse ai cosiddetti Studi Classici mi pare, invece, più dannosa. Secondo Ordine, tutto sommato, il latino, il greco e gli studi riguardanti le culture che in tali lingue si esprimono sono proprio inutili: solo che le cose inutili finiscono, a ben vedere, per risultare utili; ed eccoci dunque, così, alla redenzione di cotali ruderi. Ma il coltivare questo inutile, così ripromosso alla categoria di utile, resta, ovviamente, l’appannaggio di coloro che se lo possono permettere, cioè dei clari viri felicemente sottratti al regno delle più basse necessità incombenti: una rapsodia elitista, alquanto stantia – addirittura reazionaria, forse – e insidiosamente alienante. Non volendo soffermarmi su tutti gli altri abbondanti motivi della mia¬ (moderata ma ferma) avversione nei confronti del disegno generale che ispira il manifesto di Ordine, passo, dunque, alla contestazione che viene mossa da Canfora alla (pseudo) tesi dell’utilità dell’inutile, concisamente sintetizzata nella frase che funge da titolo al III capitolo di Gli antichi ci riguardano: «L’utilità dell’inutile è un sofisma». Il brano del suddetto capitolo che passo a trascrivere è una schietta denuncia del «gusto consistente nell’ingenua e innocua provocazione» del «<viva l’inutilità!>» (p. 32): La via meno convincente per caldeggiare la sopravvivenza degli studi detti “umanistici”, o più specificatamente classici, nell’ordinamento scolastico consiste nel vantarne, con innocua volontà provocatoria, l’«inutilità». Si rischia, ciò facendo, di ridurre un problema serio ad un gioco di parole o anche ad un falso sillogismo o «paralogismo», per dirla con Aristotele, in cui lo stesso termine (inutile) è preso in due sensi differenti: come equivalente di non-utile (per il senso comune) e come equivalente di disinteressato, non legato ad interessi materiali o ad altro genere di usurpazione, insomma fine a se stesso [...]. (pp. 31-2). Va comunque puntualizzato che Ordine inizia pure il suo libro (Introduzione, p. 7) “mettendo le mani avanti” a proposito del suo calembour dell’utilità dell’inutile: «L’ossimoro evocato dal titolo L’utilità dell’inutile merita un chiarimento». Il successivo «chiarimento», però, chiarisce ma non convince. Perché il lettore di queste mie esili riflessioni si possa fare un’idea, invece, delle vie “più convincenti” proposte da Canfora «per caldeggiare la sopravvivenza degli studi detti “umanistici”» – da me condivise senza se e senza ma, anche se credo che ci siano ancora, in proposito, altri validi argomenti da aggiungere a quelli da lui presentati – anziché spendere tempo e inchiostro a propinare al mio interlocutore virtuale un loro maldestro riassunto, ritengo sia molto meglio raccomandargli la lettura integrale di Gli antichi ci riguardano (un centinaio di pagine, di circa 11 per 17 cm). Magari leggendo pure, in precedenza o successivamente, il pletorico tour de force di Ordine (circa 250 pagine, più o meno delle stesse dimensioni di quelle del volume di Canfora); cui non mancano, però, spunti di gran pregio rispetto ad altri problemi che ho qui accantonato, come quello degli attuali “movimenti tettonici” nell’ambito dei rapporti di forza tra studenti, autorità pedagogiche e altri protagonisti del sistema della pubblica istruzione. Bari, 3/7/2014 Arlindo José Nicau Castanho

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Luciano Canfora

1942, Bari

Luciano Canfora nato a Bari, è ordinario di Filologia greca e latina presso l’Università di Bari. Laureatosi in Storia romana, ha svolto il perfezionamento in Filologia classica alla Scuola Normale di Pisa. Assistente di Storia Antica, poi di Letteratura Greca, ha insegnato anche Papirologia, Letteratura latina, Storia greca e romana. Fa parte del Comitato scientifico della “Society of Classical Tradition” di Boston e della Fondazione Istituto Gramsci di Roma. Dirige la rivista «Quaderni di Storia» e la collana di testi “La città antica”. Fa parte del comitato direttivo di «Historia y critica» (Santiago, Spagna), «Journal of Classical Tradition» (Boston), «Limes (Roma)». Ha studiato problemi...

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