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Anno edizione: 1998
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Insieme incuriosito e angosciato dalla supposizione di essere morto («per estenuazione» o «per un cedimento dell’anima»), il consueto, metamorfico Soggetto dei libri di Manganelli si trova questa volta nel luogo estremo per definizione: in un inferno o meglio in un aldilà dai tratti sfuggenti e contraddittori, un universo dal «tepore malato e torbido» ove un frastornante alternarsi di tenebre assolute e di luci gelide da sala operatoria riveste il laborioso, incessante trasmutarsi di città inospitali e di spazi indecrittabili. Nella sua corsa ossessiva, tale Soggetto è guidato non da un rassicurante Virgilio ma da un cerretano logorroico, petulante e sottilmente sadico; non dal sorriso di Beatrice ma da una bambola-parassita che lo stesso cerretano ha inoculato nel suo corpo; e nelle sue peregrinazioni si imbatte non già in dannati afflitti da pene esemplari ma in creature ibride, sottocreature o brandelli di creature prigioniere di un’oscura malìa metafisica, come fantocci smembrati il cui sguardo esprime un «orrore afono» o «minuti esseri» – dalla forma di nasi, orecchie, testicoli, labbra, piedi – che fuggono «come insetti per ogni dove».
Fra i romanzi di Manganelli Dall’inferno è forse il più audace, poiché si addentra profondamente in quella terra al di là di Beckett da cui ben pochi sono tornati a narrare – e raggiunge così punte acuminate di comicità e angosciosità che si alternano con equanime ritmo e talora persino coincidono.
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Un viaggio statico e picaresco attraverso l’incoerenza e la discontinuità dello scrivere (credo sia questo l’inferno manganelliano: l’atto di scrivere -dis-scrivere-) e attraverso tutte le concrezioni esistenziali che lo scrivere porta via con sé, metamorfosi d’un altrove che non ha luogo (o meglio, che ha luogo proprio nel suo nonessere). Discontinuità e incoerenza che fagocitano tutto, compresa il piacere della lettura, il quale si trova spesso di fronte ad elementi che lo respingono perché disparati fino all’ecceso, invischiati ed intrappolati in una dialettica continua che è sempre sul punto di negare se stessa. Pur tuttavia si tratta d’un rifiuto fascinoso che ti attira con ritrosia, te altrettanto ritroso, nei gorghi vorticanti del suo strenuo ragionio.
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