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Attenzione: contiene spoiler sul finale. Quello che mi aveva incuriosito all’inizio era sapere cosa ne era stato di Stefano e Milena dopo l’avventura col golem in “Orrore a Vienna”, ma la figura di Sergio Delfosco mi ha subito affascinato. Le voci sul suo conto, che sin da subito avevo ritenuto false, avevano accresciuto la mia voglia di conoscere meglio quello che a questo punto avevo classificato come il protagonista misterioso. Ho apprezzato il contrasto tra le iniziali paure dei due sposini riguardo il divorzio e la loro finale celebrazione del trentennale della morte di Adriana, quasi a suggellare l’immortalità di quell’amore quasi platonico che fa da cardine alla vita dello zio. Le descrizioni del lago di Como e di Brunate hanno risvegliato sottili ricordi della mia infanzia, quando avevo paura di salire sulla funicolare che chiude il racconto e, controllato il numero degli scalini del faro Voltiano, avevo rinunciato a scalarlo. Questa storia ha stimolato in me la voglia di rivivere quei posti e mi sono ripromessa di emulare il conte Ravasio nel godere del panorama che offre il faro. Barche contro corrente mi ha preso così tanto dal momento in cui Sergio e Adriana hanno cominciato a frequentarsi che ieri sera l’ho finito, divorando senza fatica gli ultimi quattro capitoli. Le pagine che mi sono risultate più lente da leggere sono quelle che descrivono la monotona e sofferta vita da insegnante, probabilmente perché è riuscito a rendere lo stato d’animo del protagonista così bene da trasmetterlo al lettore. Di primo impatto, a fine lettura, quando tutti i personaggi affezionati agli antichi valori erano ormai morti, ho percepito una sorta di sconforto per la scomparsa non delle persone in sé, quanto per i valori che rappresentavano. Questa mattina, svegliandomi e ripensandoci a mente un po’ più lucida, ho realizzato che in realtà, fino a quando esisteranno persone in grado di riconoscersi in Sergio o in Adriana non esisteranno abbastanza Miranda o Enrico per distruggere l’intero mondo civilizzato, e ho tirato un sospiro di sollievo. Il mio capitolo preferito è di certo il sesto, che offre un parallelo realistico tra la gioventù d’oggi e quella di quasi cinquant’anni fa. La parte alta della pagina 131 è di gran lunga quella che mi è rimasta dentro, la domanda dalla quale passano tutti prima o poi, e probabilmente mi dovrei convincere che sto vivendo nel 2000, non nell’ottocento come desidererei. Mi è piaciuto inoltre come le storie di personaggi che apparentemente non avevano nessun rapporto si sono concatenate verso la fine della storia, come Maurizio si sia introdotto fugacemente nella vita di Adriana, perdendo il suo kairòs. Sembrerà strano dire, da romantica come sono, che alla morte di Sergio ho associato quella di Heathcliff in Cime Tempestose.
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