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Arte e anarchia - Edgar Wind - copertina
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Arte e anarchia
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Arte e anarchia - Edgar Wind - copertina

Descrizione


Nella Repubblica di Platone l’arte e gli artisti sono considerati un pericolo, una minaccia per l’ordine, e vengono sottoposti a censura. Al contrario, nei tempi in cui viviamo, la diffusione dell’arte cresce ogni giorno, la censura non può che sembrarci segno di arretratezza o di barbarie; dei pericoli dell’arte non si usa parlare, e certo di fronte a essa non si prova più quel «sacro timore» di cui scriveva Platone. Il rapporto fra queste due opposte concezioni è molto ambiguo: Edgar Wind – illustre studioso d’arte e anche sottile decifratore della storia del pensiero occidentale – lo ha scelto come tema di una serie di conferenze, arricchite da un prezioso apparato di note, che ormai sono da considerare come un testo classico del pensiero sull’arte. Fin dall’inizio del libro l’autore ci fa intendere con ironia e discrezione che forse Platone sapeva meglio di noi che cos’è l’arte, e giustamente la temeva, perché i poteri dell’immaginazione sono quanto di più vicino, nell’uomo, a un fuoco trasformatore o distruttivo. L’estrema leggerezza e tranquillità con cui oggi si guarda alle opere d’arte sarebbe piuttosto una conferma di quella «morte dell’arte» annunciata da Hegel. Per un destino beffardo, che Wind ci fa ripercorrere nelle sue tappe più importanti, l’arte occidentale è diventata autonoma e sovrana proprio nel momento in cui le è stato sottratto il suo vero potere. L’arte autonoma, coperta di inutili onori, si è venuta così a trovare in una zona ornamentale, marginale, della realtà, non essendole ormai riconosciuto di occuparne il temibile e fiammeggiante centro.
Questa situazione paradossale, doppia, dove ogni soluzione si rivela essere una trappola, viene indagata da Wind con precisione filologica e lucidità di argomentazione, facendo perno su alcuni passaggi decisivi nella riflessione sull’arte, dai Greci ai Romantici e alle teorie dell’avanguardia. Ma anche molti problemi della pratica artistica vengono toccati: la tecnica del restauro, il declino dell’arte didascalica, i vari metodi di attribuzione, il rapporto tra arte e scienza, tutti questi temi appaiono di volta in volta abilmente inseriti nel tessuto speculativo del libro, che mantiene peraltro con eleganza il tono della conversazione, senza mai soccombere di fronte alla gravità dei problemi.
Alla fine di questa laboriosa ricerca controcorrente, il rapporto fra arte e anarchia ci apparirà in termini nuovi e piuttosto amari: l’arte, cacciata un tempo dalla Repubblica di Platone perché sovvertitrice dell’ordine, viene oggi allevata alla anarchia, ma, forse, accetterebbe di nuovo tutte le costrizioni pur di ritrovare la forza folle che è alla sua origine.

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Dettagli

3
1997
4 febbraio 1997
240 p., ill. , Brossura
Art and Anarchy
9788845912894

Valutazioni e recensioni

MARIO COBUZZI
Recensioni: 5/5

Le conferenze riunite in questo volume sono da tempo diventate un classico della riflessione sull’arte. Il merito di Edgar Wind è soprattutto quello di aver affrontato un tema spinoso,il ruolo che l’ arte contemporanea,dal Romanticismo in poi, ha assunto all’interno del sistema sociale. Un tema difficile e d’attualità,che porta Wind a mettere in discussione alcuni dei punti fermi delle teorie dell’ avanguardia- come, ad esempio, l’idea che gli artisti,attraverso una serie di azioni scandalose e controcorrente (anarchiche,come ci suggerisce il titolo),conquistano per se stessi e per le loro opere una carica disturbante mai conosciuta nelle epoche artistiche precedenti. Wind mette in discussione queste idee attraverso un confronto serrato col ruolo sociale dell’arte rinascimentale,un epoca in cui proprio le costrizioni che gli artisti dovevano subire a opera della committenza (esemplare il caso di Isabella D’Este) mettono in rilievo come l’arte avesse un ruolo centrale nell’insieme dei fenomeni sociali. Al contrario,la condizione dell’arte odierna,lasciata a se stessa,libera e sola,nel pressoché totale disinteresse della committenza e dello Stato,dimostra come essa abbia perduto il centro del mondo e sia stata relegata ai margini,sostituita da forze più imponenti:la Scienza,per esempio. Così l’arte contemporanea,che vive di una serie ininterrotta di “scandali”,vede perduta,in conseguenza della sua relegazione alla periferia del mondo,e nonostante le apparenze,quella carica anarchica e perturbante che le era stata propria fin dalla classicità greca. Per spiegare questa evoluzione (o forse è più giusto dire questa involuzione) Wind presenta una carrellata,completa e molto chiara,sulle idee filosofiche che si sono interessate al ruolo dell’arte nella società:si parte così da Platone,che avendo ben chiari i pericoli insiti nell’arte e più in generale nell’immaginazione,propone la censura come atto di difesa;e si giunge a Hegel,il profeta della nuova condizione periferica dell’arte,colui che aveva presentito la sua emarginazione all’interno dell’organismo sociale. Wind è molto chiaro:se l’arte è stata relegata ai margini,la colpa è anche sua;gli artisti,cioè, hanno avuto un ruolo primario nella riduzione dell’arte a fatto marginale:sono i movimenti moderni dell’arte per l’arte,o dell’arte pura,o del Modernismo che,mettendo al centro della creazione artistica la forma in quanto tale e lo sperimentalismo in quanto tale,hanno reciso i rapporti che l’arte intratteneva col mondo e con gli altri campi del sapere (secondo me quest’ultimo punto-la separazione dagli altri campi del sapere nell’arte contemporanea- è forse il più criticabile del discorso di Wind)- determinando la fine di quell’arte didascalica,irrimediabilmente svalutata dall’estetica romantica, che era stata predominante nelle società occidentali precedenti. E non solo;la colpa di questa situazione è anche degli storici dell’arte,colpevoli anch’essi di essersi concentrati esclusivamente sul dato formale:e così comincia un lungo discorso su Wolfflin (splendido!) e vengono spesso chiamati in causa Fry e Bell- e non bisogna dimenticare la splendida conferenza sul metodo morelliano che,come ricorda Carlo Ginzburg,ha contribuito in maniera decisiva alla rivalutazione di Morelli da parte della storiografia artistica. Quanto detto finora non è che un sommario incompleto e parziale degli argomenti trattati da Wind in queste pagine (fondamentale il discorso sulla meccanizzazione dell’arte,per esempio);basti solo pensare all’ampiezza dell’apparato di note,che da solo occupa metà del volume,vera e propria miniera di informazioni e giudizi critici (in una di queste,Wind ritiene che le opere monumentali di Picasso siano “dei giganteschi fallimenti artistici”). In conclusione,si può dire che “Arte e anarchia” di Edgar Wind ha forse un importanza del tutto particolare anche all’interno della tradizione iconologica,perché dimostra che questo indirizzo metodologico,nonostante il disinteresse sprezzante di Panofsky,può occuparsi con ottimi risultati anche di storia dell’arte contemporanea.

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