L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
Cliccando su “Conferma” dichiari che il contenuto da te inserito è conforme alle Condizioni Generali d’Uso del Sito ed alle Linee Guida sui Contenuti Vietati. Puoi rileggere e modificare e successivamente confermare il tuo contenuto. Tra poche ore lo troverai online (in caso contrario verifica la conformità del contenuto alle policy del Sito).
Grazie per la tua recensione!
Tra poche ore la vedrai online (in caso contrario verifica la conformità del testo alle nostre linee guida). Dopo la pubblicazione per te +4 punti
Tutti i formati ed edizioni
Promo attive (0)
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
«Dove sono Elmer, Herman, Bert, Tom e Charley, l'abulico, l'atletico, il buffone, l'ubriacone, il rissoso? Tutti, tutti, dormono sulla collina. Uno trapassò in una febbre, uno fu arso nella miniera, uno fu ucciso in rissa, uno morí in prigione, uno cadde da un ponte lavorando per i suoi cari - tutti, tutti dormono, dormono, dormono sulla collina». Masters, di professione avvocato, nel tempo libero era assillato dal desiderio di scrivere qualche cosa del suo villaggio, una storia che racchiudesse in sé personaggi che riflettessero le principali caratteristiche umane, vale a dire i (molti) difetti e i (pochi) pregi. A seguito anche della lettura di Elegia scritta in un cimitero di campagna di Thomas Gray nacque così l’idea di una raccolta poetica alquanto originale essendo costituita da epitaffi, come se fossero stati presi pari pari dalle lapidi di un camposanto di un immaginario piccolo paese della provincia americana. Furono pubblicati uno ad uno sulle pagine del Mirror di St. Louis, incontrando subito uno straordinario successo, perché in queste 244 epigrafi, nel riportare le vicende del piccolo microcosmo di Spoon River, in una serie di quadri di grande effetto, Masters descrive in pratica la vita dell’uomo, con un’abilità, unita a un’ironia sottile e mai impertinente, che avvince il lettore, sorpreso da certi possibili raffronti con personaggi anche attuali. Ma è anche un libro che parla con passione e senza enfasi di pace, che segue altresì un percorso da un’agnostica pace a un convinto antimilitarismo, da un’idea di socialità a una razionale convinzione che il capitalismo è una stortura; il tutto è espresso in modo garbato, piacevole e soprattutto chiaro. Se ancor oggi, a quasi un secolo dalla pubblicazione, l’Antologia di Spoon River continua a riscuotere consensi è proprio per la sua attualità: l’uomo non è sostanzialmente cambiato e la storia lo dimostra. Su quelle lapidi mai sarebbero apparsi gli epitaffi di Masters, perché è solo passeggiando per i viali di un cimitero che viene spontaneo chiedersi, leggendo le tante epigrafi che parlano di marito esemplare, di uomo pio e onesto, di persona amata da tutti, come mai l’umanità buona sia propria solo dei defunti. E il grande merito di quest’opera è che attraverso la morte ci insegna la vita. Se ora ci è possibile leggerla dobbiamo essere riconoscenti alla prima traduttrice della versione in italiano, Fernanda Pivano, capace di plasmare le parole senza nulla togliere allo spirito e alla bellezza dell’originale. Questa raccolta, che fra l’altro ispirò anche Fabrizio De André, è di fatto ormai un grande classico, meritevole, quindi, di essere letto.
Edgar Lee Masters (1868 – 1950) fu un poeta statunitense che sin da bambino imparò ad amare la letteratura. Declamato, in seguito, secondo maggior poeta americano, dopo Whitman, ebbe un notevole successo con la sua Antologia di Spoon River, ma fu un successo poco duraturo, tant’è che di lui si dice che oltre alle numerose poesie della raccolta non scrisse più niente di decente. Fu importato in Italia per volere di Cesare Pavese. Antologia di Spoon River è un insieme di “racconti dei morti” minuzioso, semplice, genuino e schiettamente diretto, pur se in modo indiretto. Ogni poesia, per breve che sia, è raccontata da una persona “morta”, e ci descrive la sua storia, come morì, quali guai infierirono sulla sua vita e, se vogliamo, possiamo vedere nella maniera intricata di descrivere le caratteristiche di ognuno, un po’ una pianta rampicante con le sue mille volute. C’è, al termine di ogni poesia, un epilogo che ne fa capire il senso, spesso questo epilogo esprime un concetto, una verità, per quanto cinica, sarcastica, ilare o tragica. C’è in tutta la raccolta un velo di tragedia, che rivela la realtà delle cose senza svisarla vistosamente, senza che l’autore viaggi troppo di fantasia. Spoon River è un luogo, in montagna, e i personaggi della raccolta sono coloro che ne furono gli abitanti. La caratteristica di cui si parlava prima, ovvero quella dell’autore di imprimere negli ultimi versi la morale della poesia, si ritrova in versi come questi: “E’ il modo in cui la gente considera il furto della mela / che fa del ragazzo quello che è.” O: “Qual è l’utile / di liberarsi del mondo / quando nessuna anima può sfuggire / al destino della vita?” E anche: “allora perché permettete che Dora, la figlia della modista, / e quel fannullone del figlio di Benjamin Pantier, / di notte usino la mia tomba come loro empio guanciale?”. Ma le massime sono sparse un po’ in tutta la poesia in modo armonioso: “E se la gente scopre che sai suonare il violino, / ecco, sei costretto a suonare , per tutta la vita”. Oppure: “le ladre di mariti / usano cipria e bigiotterie, / e cappellini alla moda. / Mogli, metteteli pure voi. /Un grazioso cappellino può fare un divorzio - / ma anche evitarlo”. O anche:in “C’è qualcosa nella Morte / che è come l’amore!”. Ogni piccola storia è screziata, ma anche insignita, del grigiore del mondo; come la donna che dice che per via del matrimonio smise di scrivere, si piantò l’ago nella mano e morì di tetano, che conclude dicendo: “datemi retta, anime che avete delle ambizioni, / il sesso è la maledizione della vita!”; all’uomo che si innamora di un altro uomo, e scopre poi che è tutta una delusione, e arriva a dire: “E poi quando ho scoperto chi eri: / che la tua anima era meschina / e false le tue parole / come i tuoi denti di porcellana biancoazzurra, / e i tuoi polsini di celluloide, / ho odiato me stesso, ho odiato te / per la mia anima perduta e la mia / perduta giovinezza”. Sebbene ogni storia sia a sé stante, tutte sono legate tra loro da qualcosa che accomuna anche gli esseri umani, questo libro è l’esempio che siamo tutti uguali, e il suo meritato successo è dovuto certamente a questo. Senza discriminazioni o falsità, niente concetti astratti o divagazioni inutili, il libro è diretto e facile da comprendere,ambientato in un mondo dove l’amore si alterna al disprezzo per se stessi, al travaglio, al rimpianto per le cose perdute, l’amarezza e la dannazione. Banchieri, baristi, atei, preti, leader, sindaci ed altro, sebbene spesso intrisi di umorismo involontario, si ritrovano nel libro “delle anime morte” di Edgar Lee Masters, fortunato e sfortunato, tragico e placido, ilare e sarcastico, ma sempre, certamente, impeccabile.
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
L'articolo è stato aggiunto al carrello
L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
Siamo spiacenti si è verificato un errore imprevisto, la preghiamo di riprovare.
Verrai avvisato via email sulle novità di Nome Autore