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Anno edizione: 2017
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Attraverso le vite di Nabil e Halima il lettore vive alcune delle tristi realtà che affliggono i migranti nel nostro paese al giorno d’oggi. A rendere tutte le vicende ancor più reali e vive sono i pensieri, i ragionamenti ed i sentimenti che spingono i protagonisti a compiere delle scelte, a mutare la loro vita ed indirizzarla in luoghi e situazioni che mai si sarebbero aspettati di attraversare. Ho apprezzato gli aspetti più realistici, la disperazione, la povertà, l’umiliazione e l’amore che plagia un uomo tanto da renderlo irricnoscibile ai suoi stessi occhi. Nelle parole e vicissitudini di Nabil, ho visto la realtà degli uomini che vedo ogni giorno sotto al sole nei campi della mia città. In queste pagine ho visto il mare prepotente prendersi la vita senza guardare in faccia nessuno. Nei gesti protettori di Halima ho visto gli occhi di una donna che ama nonostante tutto, nonostante tutti. Questo romanzo raccoglie spaccati di vita vera, più smussati e resi meno aspri attraverso la scrittura dell’autrice. Devo esser sincera, amo, in questi casi, un racconto duro e crudo, quasi raccapricciante che mi colpisca le membra come un pugno, ma ciò ovviamente è soggettivo. Nonostante questo le pagine volano, ci si affezziona ai protagonisti, agli uomini che attraversano la vita di questi personaggi, uomini come Vincenzo, che nonostante la paura decide di aiutare ed infine amare. Il colpo di grazia l’ho avuto con Salim, il pargoletto sopravvissuto grazie alla forza di Nabil e Halima. Un ragazzo nato in Italia, che anch’esso da senza riserva alcuna, pur di aiutare. Ahh che bella parola “aiutare”, è una delle mie preferite. Aiutare qualcuno. Dare una mano. Cambiare la giornata o persino la vita a quella persona. Cosa c’è di più bello di questo mi chiedo? Attendevo un finale glorioso per questo romanzo, forse anche scontato, ma che mi avrebbe fatta sentire felice e piena di speranza ed invece così non è stato. Purtroppo la nota dolente l’ho avvertita forte e chiara. In queste pagine, come nella vita reale, non si incontrano solo persone bisognose e buone, ma anche aguzzini, gente insensibile, gente che a questo mondo forse non dovrebbe nemmeno esserci, ma mi chiedo… concludere un romanzo ( di cui possiamo controllare le vicende) con un gesto non etico, non umano, era davvero necessario?E’ davvero questo il modo di far “giustizia”, il modo di sentirsi finalmente “liberi” che vogliamo trasmettere? La violenza ripaga l’ingiustizia?
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