Le interviste di Wuz.it

Michele Serra: il pessimismo è una forma di conformismo. Un'intervista su libri, giovani e libertà

Su quell'amaca ci sdraiamo in tanti e - cosa strana a dirsi - quando ci rimettiamo in piedi, la schiena è solitamente più dritta di prima. 
Già: Michele Serra è una certezza, per i tantissimi lettori della sua rubrica. 
L'acume con il quale Serra guarda alle cose del mondo e a quelle che caratterizzano la nostra società, si accompagna ad una rara capacità di empatia nei confronti di coloro che delle molte contraddizioni di questa società fanno le spese in prima persona.
Quando poi Serra approfondisce l'orizzonte della sua indagine oltre la breve misura de ""L'amaca"", è capace di regalarci libri come Gli sdraiati, autentico j'accuse generazionale che ha saputo scaldare gli animi come di rado accade a seguito della pubblicazione di un libro, in Italia. 
E proprio di libri abbiamo voluto parlare con Serra, che venerdì 30 gennaio 2015 è chiamato a intervenire sul prestigioso palco della giornata conclusiva del XXXII Seminario di Perfezionamento della Scuola per librai Umberto e Elisabetta Mauri, a Venezia, presso la Fondazione Cini. 
Il titolo del suo intervento è Istruzioni per un futuro radioso, e ci è sembrato da subito un ottimo viatico per scambiare quattro chiacchiere con il nostro, allargando l'orizzonte della conversazione fino a comprendere quel che attorno ai libri gravita - la libertà di espressione e le conseguenze cui può portare, ad esempio - e le professioni che permettono a libri e lettori di incontrarsi nel posto più giusto: la libreria. 



L'intervista 



Wuz: Generalmente il libro è associato al concetto di passato, più di quanto serva a fare riflessioni sul futuro. Eppure – sarà un’impressione – il libro è un’ostinata sacca di resistenza (per citare lo scrittore John Berger). Qual è, a suo avviso, la qualità principale e insostituibile del libro? Quella specifica virtù, insomma, che – a dispetto di tutto – permette al libro di continuare a dire la sua in mezzo all’incessante flusso di informazione (e di storytelling, direbbe qualcuno) nel quale viviamo immersi?


Serra: La lettura come “resistenza” è un concetto, come dire, romantico.
Ma abbastanza convincente, se si considera che la cultura rischia di diventare una virtù “non richiesta”.
Che leggere sia un atto politico in sé, voglio dire, sta diventando sempre più vero. Quanto alla dote insostituibile del libro, a parte la sua indiscutibile qualità tecnologica (ingombro tutto sommato limitato, nessun bisogno di pile o di altre fonti di energia per essere accessibile), il fascino del libro sta nella sua “privatezza”, ovvero nella bolla di silenzio, concentrazione, intimità nella quale la lettura ci protegge e ci ricrea.
Più la comunicazione diventa iperpubblica e iperconnessa, più la lettura si farà apprezzare per la sua natura intensamente privata.

Wuz: Il titolo del suo intervento, “Istruzioni per un futuro radioso” sembra contenere un seme di amara ironia.
Senza chiederle di rovinare la sorpresa a chi avrà la possibilità di ascoltarla a Venezia, vorrei chiederle se per lei, oggi, l’ottimismo è un imperativo al quale attenersi per poter, in qualche modo, andare avanti oppure se si tratta di un convincimento sentito e profondo.

Serra: Sì, è un titolo ironico. Quasi sarcastico, visti i tempi.
Ma la verità è che il pessimismo sta diventando mortalmente noioso, quasi una forma di conformismo. E dunque reagire è obbligatorio.
A Venezia proverò a parlare esattamente di questo, e spero di non risultare – come spesso accade agli ottimisti – un tantino scemo.

Wuz: La libertà d’opinione, lo vediamo bene, comporta ancora un’assunzione di responsabilità alla quale una parte del mondo fornisce risposte abnormi, terrificanti. Lei ha detto, dopo la strage alla redazione di “Charlie Hebdo”, che la grande questione politico-ideologica del futuro dell’umanità riguarda la libertà.
Adorno, ottant’anni fa, scrisse che “[…] la libertà non sta nello scegliere tra bianco e nero, ma nel sottrarsi a questa scelta prescritta”. Oggi, però, gli spazi di manovra sembrano essersi ristretti…

Serra: Gli spazi di manovra sono sempre stati ristretti.
La libertà, ivi compresa la libertà di linguaggio e di espressione, è sempre stata fastidiosa e rischiosa, perché urta certezze e incrina conformismi.
Capisco il concetto di Adorno ma non so, se avessi lavorato a Charlie Hebdo, come lo avrei applicato.
La voglia di sottrarsi da un lato alla mannaia dei jihadisti, dall'altro all'obbligo di sfidarli, è fortissima: ma la “scelta prescritta”, in questo caso, era anche fortemente etica: voglio essere libero di dire che Dio non esiste, anche a rischio della vita.
Certo, nessuno immaginava che questo rischio, che per secoli ha acceso roghi e provocato persecuzioni, fosse così “contemporaneo”.
È un problema del quale dobbiamo ancora prendere davvero le misure.

Wuz: Il libro contiene, per sua stessa natura, una potente opportunità pedagogica.
Ho trovato ironico – ma molto appropriato - che lei abbia affidato la sua lettera aperta alla generazione degli “sdraiati” a un formato (per usare un termine fin troppo di moda) bistrattato, quando non addirittura ignorato, dai destinatari del messaggio. Il libro – come si suole dire – è andato molto bene: ma sarà stato recapitato all’indirizzo giusto?

Serra: È stato letto moltissimo da padri e madri; che si sono riconosciuti nelle debolezze e nelle nevrosi del solo vero protagonista del libro, che è il padre “relativista etico”. Ma è stato letto parecchio anche dai ragazzi.
Molti mi hanno scritto, alcuni entusiasti, altri contrariati, altri incazzatissimi con me. E' un libro “ambiguo”, leggibile a più livelli.
Sono contento che i pareri siano stati molto diversi, le reazioni difformi.
E' un libro privo di risposte, fatto di sole domande, sono molto felice di averlo scritto.
Mi assomiglia.

Wuz: Il dibattito su e-book e libro di carta, per certi versi, somiglia a un depistaggio: davvero le sorti della lettura dipendano dal supporto sul quale i libri verranno fissati? O tutto questo non maschera piuttosto l’assenza di una riflessione seria sul modo in cui sono cambiate le forme della narrazione e lo spazio per la loro fruizione, nella nostra società?

Serra: Del supporto, confesso, mi importa poco. E anche se ho appena finito di mettere in ordine una biblioteca sterminata (per merito di mia moglie Giovanna Zucconi: i libri sono soprattutto suoi), mi irrita non poco il feticismo per la carta, che è un notevole ricettario di acari.
I bibliofili in genere non sono simpaticissimi.
Non è il libro l'oggetto del contendere: è la lettura, ovvero la voglia/capacità di astrarsi e concentrarsi su qualcosa che chiede tempo e applicazione.
Che poi la lettura possa diventare più sincopata, o frantumata, non è gravissimo. Gli Sdraiati è un libro di frantumi, come forma e come sostanza.
Ma non mi sentirei di dire che per questo è meno intenso di molti romanzoni ponderosi.

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Wuz
: Quando entra in una libreria, a quale di queste tipologie di cliente e lettore appartiene?

A) Il rabdomante: si lascia guidare dall’istinto, bordeggiando di scaffale in scaffale, fino a che qualcosa di imponderabile non le fa capire che è in prossimità di una sorgente di saggezza sotterranea?
B) Il cane da tartufo: Si legge con gli occhi, è vero. Ma i libri si scelgono a naso: non c’è niente come un’annusata alla copertina, all’odore della colla e dell’inchiostro tipografico, per scegliere con chi passare le nostre prossime ore di lettori.
C) L’efficiente: entra in libreria con le idee chiarissime. Si rivolge con piglio marziale al libraio, onde questi possa individuare nel minor tempo possibile i titoli segnati su una lista (non dissimile da quelle che si hanno in tasca quando si va al supermercato). Una volta che ha in mano tutto l’occorrente, non c’è ragione di fermarsi oltre fra scansie e pile di libri.
D) Nessuno dei sopraccitati.

Serra: Appartengo alla categoria E: il complessato.
La cultura mi eccita ma mi terrorizza al tempo stesso, mi sento sopraffatto da tutti quei libri, e sempre più inadeguato con il passare degli anni.
Ai lettori come me, il bravo libraio sembra un soccorritore, un terapeuta, un assistente sociale... mi aiuta a non scoppiare in lacrime per lo spavento appena entro in una libreria.

Un'inquadratura di un cortile della Fondazione CiniWuz: Essendo il nostro un sito che si occupa di libri, ci piace sapere cosa legge chi è anche scrittore.
Fra i titoli che ha letto di recente, ce c’è qualcuno che l’ha colpita particolarmente e che si sentirebbe di consigliare? E quali sono, invece, i suoi personali classici? Quei libri, cioè, che torna a rileggere di tanto in tanto e che l’hanno accompagnata sin qui?

I miei classici, detti così a bruciapelo per non pensarci troppo: La montagna magica di Mann, Mattatoio n. 5 di Vonnegut, Il Giovane Holden di Salinger, Il male oscuro di Berto, La chiave a stella di Primo Levi, Lessico famigliare di Natalia Ginzburg, tutto Salgari e tutto Guareschi come letture dell'infanzia.
Ora sto leggendo Giuda di Amos Oz, un paio di Camilleri riediti da Sellerio virando dal blu all'oro. Mi è molto piaciuto Svegliamoci pure ma a un'ora decente di Joshua Ferris. Bello anche Lacci di Starnone.
Ma la tragedia è che, con gli anni, dimentico la metà di quello che ho appena letto...


Intervista di Matteo Baldi.


Il sito della Scuola per librai Umberto e Elisabetta Mauri 


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