Le interviste di Wuz.it

Muriel Barbery: Parigi, un riccio, una ragazzina e una scrittrice di successo

Da pochi mesi il suo romanzo, un successo internazionale straordinario, è diventato anche film, per la regia di Mona Achache. L'uscita è prevista nella sale italiane a gennaio del 2010, e sarà certamente molto amato dai lettori del romanzo.
En attendant, ecco l'intervista a Muriel Barbery realizzata da Anna Casanova, che potrete anche ascoltare sul sito di RadioAlt.
Com'è nata la sua famosa portinaia? E come e dove scrive i suoi romanzi?





La trama del romanzo L'eleganza del riccio è certamente nota ai più, ma raccontata dalla sua autrice può svelare segreti ed avere un altro effetto.

Si svolge in un condominio parigino molto chic e il personaggio principale è una portinaia, ma una portinaia un po' particolare perché contrariamente a ciò che ci si aspetta abitualmente, è estremamente erudita. Le sue passioni sono la letteratura, la filosofia, il cinema, il Giappone. Ma non vuole che gli abitanti del palazzo indovinino il suo segreto e dunque si nasconde.
Nel palazzo vive anche una ragazzina di 12 anni e mezzo, di eccezionale intelligenza. Questa ragazzina, che abita in un appartamento ricco dello stabile, ha deciso che dato che la vita è assurda si suiciderà il giorno del suo tredicesimo compleanno.
Il romanzo è la storia dell'incontro tra queste due persone, ma non voglio raccontare di più: bisogna leggerlo.


Il personaggio chiave del romanzo è Renée, la portinaia, che si descrive nel romanzo ""vedova, bassa, brutta, grassottella"". Come ha costruito questo personaggio?

In effetti questo personaggio si trovava già nel mio primo romanzo - Estasi culinarie, storia di un grande critico gastronomico in fin di vita - ma in modo sporadico (c'erano due pagine sulla portinaia).
Qualche anno dopo, rileggendo questo passaggio, ho trovato il personaggio interessante e ha avuto così una nuova vita. E particolarmente mi sono ricordata che il mio editore mi aveva detto che quando si è romanzieri si ha il diritto di fare tutto, dunque avere una portinaia che parla come Voltaire mi sembrava molto eccitante.


Analizziamo il successo che questo romanzo ha avuto, diventando di fatto un bestseller. Penso che un elemento spiazzante sia stata proprio la prospettiva, l'ottica diversa. Il fatto che ci sia un'ottica narrativa dal basso, che la storia sia raccontata da una portinaia e da una ragazzina...

Certamente e devo dire che non avevo mai pensato di presentarlo in questo modo. La cosa più piacevole e interessante è prendere il punto di vitsa di personaggi un po' a parte. In genere non si chiede a una ragazzina di dodici anni e mezzo di dare delle risposte definitve sull'arte. È questo contrasto è davvero molto piacevole.

Tra l'altro i due personaggi, la portinaia e la ragazzina hanno molti elementi in comune: entrambe si fingono mediocri e non lo sono, entrambe hanno una visione disincantata, critica nei confronti della borghesia francese che abita nel palazzo...
Questo sguardo che lei adotta nel ritrarre la borghesia francese mi ha fatto venire in mente Irene Nemirovsky.


È interessante perché è uscito la settimana scorsa un articolo su Le Monde in cui la giornalista si chiede come mai sia L'eleganza del riccio, sia i libri della Nemirovsky abbiano avuto grande successo negli Stati Uniti e fa un parallelo fra i due casi.


Le due protagoniste si conoscono grazie a un giapponese. Che rapporto ha con la cultura giapponese? Anche in Estasi culinarie dedicava una pagina al sushi.


È una cosa che risale a più di quindici o vent'anni fa. Era mio marito in verità l'innamorato del Giappone e quando ci siamo incontrati sono stata iniziata a mia volta. Sono stata affascinata da quel popolo perché i giapponesi (come i francesi e gli italiani del resto) hanno un gusto spiccato per l'eleganza.
Lì l'arte ha un ruolo molto importante, anche se l'estetica è molto diversa. Ciò che mi affascina del Giappone e della cultura giapponese è che la bellezza è prodotta con pochissimi mezzi e molta purezza.
Ed è per questo che il terzo personaggio del romanzo è un giapponese.


Il suo amore per il Giappone travalica i confini: se non erro lei abita in Giappone.

Sì, vivo da un anno e mezzo a Kyoto, che considero la città più bella del mondo, senza alcuna obiettività...

Come scrive? C'è un particolare rito, ha bisogno di tempi particolari, di luoghi...

Scrivo in modo assolutamente caotico e irregolermente. Non ho alcuna disciplina e sono sempre stupita dal fatto che alla fine il risultato stia in piedi. Perché all'inizio non mi preoccupo assolutamente della storia. A volte scrivo la mattina, altre volte la sera tardi, con stati d'animo assai differenti: è un miracolo!

Quali sono i suoi riferimenti letterari, le sue letture di formazione?

I classici francesi, la letteratura classica francese che ho letto e riletto con passione, in particolare quella del XVII e XVIII secolo. Ma in realtà tutta la letteratura francese, dal XVI al XX secolo, che rileggo regolarmente ora che sono in Giappone per non perdere la mano.
Anche tutta la letteratura russa: Guerra e pace di Tolstoj è il mio libro da comodino e non è cambiato da vent'anni a questa parte.


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E l'Italia? C'è qualche autore italiano che l'affascina?


Dante, come tutti quelli che hanno studiato un po' di letteratura italiana: annoiata a vent'anni e con molta passione a trenta. Un autore contemporaneo che amo molto è Erri De Luca, che è tradotto e pubblicato dal mio editore francese. Trovo il suo stile molto bello e potente.

Parliamo del suo stile: nel libro precedente Estasi culinarie, si dice di Arthens che è un ""cesellatore di parole, fa risplendere la parola"". Io ho trovato anche il suo stile un po' simile, con un gusto particolare nell'affinare la parola, nel cesellarla.

Il mio più grande piacere quando scrivo è la lingua, non la storia. È sono convinta che i lettori cerchino la storia, necessaria, ma gli scrittori inizino dalle parole. E dunque il mio piacere è questo: cesellare la lingua, e se si tratta di un piacere condiviso credo sia una cosa molto bella.

Può dirci a quale progetto letterario sta lavorando?

No, ma non perché non voglia dirglielo, ma perché io stessa lo scopro man mano che vado avanti.

Intervista di Anna Casanova per RadioAlt e Wuz.it



21 settembre 2009  

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