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Libri di Fromental Halevy Jacques

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Fromental Halevy Jacques

1799, Parigi

Compositore francese. Allievo di Cherubini e altri al conservatorio di Parigi, vincitore del Prix de Rome, visse a Roma dal 1819 al '22. Iniziò a Parigi l'attività di operista, ottenendo i primi successi con Clari (1828), su libretto italiano, e con La dilettante d'Avignon (1829), e imponendosi definitivamente nel 1835 con La juive (L'ebrea). Insegnante dal 1827 al conservatorio, ebbe fra gli allievi Gounod e Bizet (che divenne poi suo genero sposando la figlia Geneviève); dal 1854 fu segretario dell'Académie des Beaux-Arts. Compose, anche in collaborazione con altri, una quarantina d'opere (vanno ancora ricordate Le guitarréro e La reine de Chypre, entrambe del 1841) e opéras-comiques, tra le quali L'éclair (1835), la più nota, Les mous­quetaires de la reine (1846), Le Val d'Andorre (1848), Noé ou Le déluge (terminata da Bizet nel 1868-69). Dopo il successo ottenuto con L'ebrea, la fama di H. declinò, oscurata da quella di Meyerbeer, che si sostituì a lui nel favore del pubblico parigino. A una valutazione complessiva, la produzione di H. appare inserirsi senza residui nella tipologia del teatro d'opera francese del suo tempo, nei due filoni del grand-opéra e dell'opéra-comique, dei quali accettò sino in fondo gusti e convenzioni. Nel campo dell'opéra-comique egli seguì i modelli di Auber e Boïeldieu, ma con una maggiore propensione verso gli elementi italianizzanti, assorbiti durante il soggiorno in Italia e attraverso le prime prove comiche in stile italiano. Ciò si traduce, in generale, nella ricerca di una vocalità più sciolta e di una maggiore semplicità e sveltezza di struttura (ad esempio, la rinuncia al coro in L'éclair). Le sue opere a sfondo storico incarnano e consolidano gli aspetti e gli stilemi più tipici del grand-opéra, con i suoi soggetti improntati a un romanticismo tanto caricato quanto convenzionale. Nei lavori migliori, come nel capolavoro L'ebrea, la macchinosità dell'insieme è riscattata da una certa cura nel trattamento vocale, dalla relativa aderenza della musica ai caratteri e alle situazioni sceniche, dalla vivacità del «colore locale» ottenuta con una strumentazione ricca di risorse e di effetti (soprattutto nell'impiego dei legni e degli ottoni) e per questo apprezzata dallo stesso Berlioz. Oltre alle opere, H. compose il balletto Manon Lescaut (1830), cantate, musiche di scena, cori, pezzi da camera e per pianoforte.

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