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A trentacinque anni dalla morte di Pasolini: lo stato delle indagini giudiziarie

Trentacinque anni dopo, le indagini giudiziarie sull'omicidio di Pier Paolo Pasolini all'Idroscalo di Ostia non sono ancora giunte a una verità accettabile e condivisibile da tutti. Indagini che si aprono e chiudono regolarmente a distanza di anni, da cui si ricava l'impressione che l'unica verità di cui siamo in possesso è che il caso Pasolini rimarrà irrisolto e che l'immagine che la società ha di lui sarà eternamente compromessa.
Nostro dovere in quanto cittadini è forse continuare a pretenderla, questa verità che da qualche parte deve pur trovarsi, senza rifugiarsi dietro inutili dietrologie e teorie di complotti, e contemporaneamente riappacificarci definitivamente con la figura e l'opera di Pier Paolo Pasolini, per capire quanto ancora i suoi scritti possono parlare al presente e alle generazioni future.  


Pasolini viene massacrato la notte tra l’1 e il 2 novembre 1975 nella zona dell'Idroscalo di Ostia. Il cadavere di Pasolini viene ritrovato la mattina del 2 in un campetto da calcio sterrato, completamente sfigurato dai colpi inferti alla testa e al torace. Segni evidenti testimoniano il passaggio di un’auto sul corpo, e l’autopsia chiarisce che la morte è sopraggiunta in seguito alla rottura del cuore. I resti degli attrezzi usati per il pestaggio, una tavoletta di legno e un paletto macchiati di sangue, vengono trovati nei dintorni, così come la camicia dello scrittore e ciocche di capelli. Alcuni di questi reperti erano a circa 90 metri dal luogo di ritrovamento del corpo, segno di un tentativo disperato di fuga.

Pino Pelosi fu arrestato la notte stessa dell’omicidio per furto dell'auto di cui era alla guida. Quando l'auto viene identificata come proprietà di Pier Paolo Pasolini e il corpo rinvenuto la mattina del 2 novembre, Pelosi si dichiara colpevole dell'omicidio. Il 26 aprile 1976 sarà condannato in primo grado quale unico colpevole. Durante la sentenza il Collegio dichiara che dagli atti emerge in modo imponente la prova che quella notte all'Idroscalo il Pelosi non era solo. Alcuni elementi della confessione di Pelosi erano fin da subito chiaramente contraddittori, ma gli inquirenti raccolsero la sua versione senza nemmeno cercare di scalfirne la veridicità. E da quel momento le indagini hanno conosciuto svolte, depistaggi, occultamenti di prove, particolari non considerati.
Fin da subito L’Europeo, insieme a Oriana Fallaci, avanza l’ipotesi di un omicidio politico, guidato da alti vertici dello stato. In effetti, molti indizi (e basterebbe considerare la sproporzione tra le ferite riportate da Pasolini e da Pelosi) fecero subito pensare all'ipotesi che l'aggressore non fosse solo e che il massacro fosse stato messo in atto da più persone. Nell'auto di Pasolini vennero ritrovati un maglione e un plantare appartenenti a estranei. Bisogna considerare poi che erano gli anni Settanta, i tempi bui della storia italiana, insanguinati dal terrorismo e dalle stragi di stato. Le cronache di quegli anni sono gremite di poteri occulti, di servizi deviati, del crimine organizzato che fornisce strutture e operatori per azioni di finta destabilizzazione e di autentica stabilizzazione politica. Pasolini, inoltre, era un personaggio scomodo a molta politica italiana, soprattutto negli ultimi anni di vita, in cui il suo lavoro ""corsaro"" si era fatto ancora più penetrante.
Il 4 dicembre 1976 in Appello, a Pelosi viene di nuovo confermata la condanna per omicidio, ma stavolta la Corte ritiene improbabile che abbia avuto uno o più complici.

Molti anni più tardi Pelosi dichiarerà pubblicamente di non essere l'assassino di Pasolini e di essersi accusato dell'omicidio perché sotto minaccia. Nel 2005, infatti, nel corso della trasmissione Ombre sul Giallo di Franca Leosini, Pelosi ha riferito di essere stato aggredito da tre persone che parlavano con accento siciliano che lo avrebbero picchiato e quindi avrebbero massacrato Pasolini.
Verranno fuori testimonianze ancora non vagliate, spunta un documentario girato da Sergio Citti a poche ore di distanza sul luogo del delitto, che raccoglie l'importante racconto di un pescatore che avrebbe assistito al pestaggio e che conferma la presenza di due auto e di almeno quattro aggressori. Le indagini vengono riaperte e subito archiviate per mancanza di riscontri.


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Giuseppe Lo Bianco intervistato da Matteo Baldi su RadioAlt parla del libro Profondo Nero. Matteo, De Mauro, Pasolini. Un’unica pista all’origine delle stragi di Stato, scritto con Sandra Rizza e pubblicato da Chiarelettere. Lettura di Massimo Villa.

Nel 2009 l’avvocato Stefano Maccioni e la criminologa Simona Ruffini presentano presso la Procura di Roma un’istanza per richiedere la riapertura del caso, in seguito alle dichiarazioni rilasciate da Pino Pelosi in un’intervista del 12 settembre 2008, raccolta nel libro Profondo Nero. Matteo, De Mauro, Pasolini. Un’unica pista all’origine delle stragi di Stato, di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza. Qui Pelosi definisce quello di Pasolini un omicidio politico e dichiara “Ho pagato solo io”, per aver ridotto il tutto “a un fatto di froci”. Fa il nome di due uomini, i fratelli Franco e Giuseppe Borsellino, morti da tempo di Aids. Altri tre uomini sarebbero rimasti nell'ombra (anche se si può ipotizzare che uno di questi sia Giuseppe Mastini, detto Jhonny lo Zingaro).
A questa dichiarazione si aggiungono le indagini svolte dal Pubblico Ministero Vincenzo Calia che collegano la morte dello scrittore a quella di Enrico Mattei. Petrolio, l’opera a cui Pasolini stava lavorando negli ultimi anni di vita, indagava la scalata al vertice Eni di Eugenio Cefis e le presunte implicazioni con l’omicidio Mattei. Già nel 1974 Pasolini aveva dichiarato di sapere i mandanti delle stragi di stato nel famoso articolo Io so, e se fosse stato a conoscenza dei mandanti dell’omicidio Mattei non avrebbe esitato a denunciarli in Petrolio.


Il 2 marzo 2010 il senatore Marcello Dell’Utri annuncia nella conferenza stampa della Mostra del Libro Antico di Milano di essere venuto in possesso di un dattiloscritto scomparso di Pasolini, che avrebbe dovuto costituire un intero capitolo di Petrolio, il famoso appunto Lampi sull’Eni, a cui Pasolini fa cenno nell’appunto successivo, rimandando il lettore a quel capitolo come se esso fosse già un testo compiuto. Fatto sta che giovedì 11, giorno dell’inaugurazione della Mostra del Libro Antico, queste pagine non ci sono. “La persona che me li ha promessi è scomparsa”, si giustifica Dell’Utri, che però afferma di avere avuto tra le mani quei fogli per qualche minuto, “sperando di poterli leggere con calma dopo”. Poi precisa anche che si tratta di “una settantina di veline dattiloscritte con qualche appunto a mano”, ma ciò che è inquietante è il fatto che il senatore sembra sapere il titolo esatto di quel capitolo, non Lampi sull’Eni, bensì “più esattamente Lampi su Eni”.
Anche la famiglia Pasolini si è divisa sull’accaduto. La parte della Chiarcossi nega fermamente che vi siano stati furti tra le carte del poeta dopo la morte, e con lei concorda il cugino Naldini. Invece il cugino materno Guido Mazzon aveva già dichiarato a Gianni D’Elia anni fa di aver ricevuto una telefonata da parte della Chiarcossi qualche giorno dopo la morte di Pasolini che accennava al fatto che alcuni ladri erano entrati in casa portandosi via gioielli e alcune carte del poeta. La confusione, dunque, regna anche in casa Pasolini, tra gli eredi e i parenti che forniscono diverse versioni dei fatti.
Le indagini si riaprono, spunta fuori il nome del secondo carrozziere che avrebbe pulito la seconda macchina che passò sul corpo di Pasolini.
Trentacinque anni dopo, le opinioni si dividono tra chi crede che l'omicidio di Pasolini sia maturato esclusivamente in ambito omosessuale e tra chi segue la pista dell'omicidio politico.
Trentacinque anni dopo, dunque, davanti a tutti questi indizi che sembrano venir fuori all'improvviso, lentamente, centellinati per frammenti, ci chiediamo se sia possibile ormai ricostruire la verità.


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Nico Naldini intervistato da Matteo Baldi su RadioAlt parla del suo libro Breve vita di Pasolini, edito da Guanda


Fonti di particolare interesse:

Nel 1992 Giorgio Galli raccoglie molto materiale emerso nell’introduzione a Omicidio nella persona di Pasolini Pier Paolo (Kaos Edizioni, Milano 1992).
Una buona parte dei risultati delle controinchieste sono riassunti nel film di Marco Tullio Giordana del 1995, Pasolini. Un delitto italiano (riedito da Mondadori nel formato libro + DVD nel 2005).
Nel 2005 Carlo Lucarelli conduce un'importante puntata di Blu Notte, interamente dedicata all'omicidio Pasolini, con il titolo Pasolini, un mistero italiano, con una ricostruzione minuziosa delle incongruenze delle versioni ufficiali.
Molto interessante anche l'interpretazione simbolica della morte di Pasolini fatta da Giuseppe Zigaina in Pasolini e la morte. Un giallo puramente intellettuale (Marsilio 2005).
Lucia Visca, Ragazzi di nera. Un cadavere di nome Pasolini (Memori 2005)
Gianni D'Elia, Il petrolio delle stragi. Postille a ""L'eresia di Pasolini"" (Effigie 2006)
Enzo Catania, Giallo Pasolini (A.CAR. 2006)
Ricordiamo anche i già citati:
Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza, Profondo Nero. Matteo, De Mauro, Pasolini. Un’unica pista all’origine delle stragi di Stato (Chiarelettere 2009)
Nico Naldini, Breve vita di Pasolini (Guanda 2009).
Oltre a queste citate, esiste una costellazione infinita di scritti sul caso.

Gli ultimi libri editi in Italia sulla figura di Pasolini
Eventi in Italia in ricordo di Pasolini a trentacinque anni dalla morte
Ricordo di Pasolini a trentacinque anni dalla morte



29 ottobre 2010 Di Sandra Bardotti

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