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Giochi che giungono da tempi e da luoghi lontani



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Ecco una storia "in pillole" di alcuni giochi da tavolo che ancora oggi pratichiamo e che condividiamo con gli amici quando vogliamo mettere alla prova la nostra abilità o la fortuna. Qualche cenno storico e qualche curiosità.  

Dadi
I dadi si sono probabilmente evoluti dagli astragali, ossi di forma approssimativamente tetraedica. Sono stati realizzati in avorio, osso, legno, metallo e roccia. Il fatto che i dadi sono stati usati in tutto l'Oriente da tempo immemorabile è stato provato dai ritrovamenti in antiche tombe, che paiono indicare chiaramente una loro origine Asiatica. Il gioco dei dadi viene citato nei Rig-veda indiani. Nella sua forma primitiva l'astragalo era essenzialmente un gioco di abilità giocato da donne e bambini. Alle quattro facce dell'osso venivano dati valori diversi e venivano usate come nei dadi moderni. I giochi d'azzardo con tre o qualche volta due dadi erano una forma di divertimento nella Grecia antica, specialmente tra le classi superiori ed era un accompagnamento quasi immancabile dei banchetti.

I romani furono scommettitori appassionati e il gioco dei dadi era molto popolare, sebbene proibito eccetto che durante i Saturnalia. Le scommesse sui dadi per denaro fu oggetto di molte leggi Romane. I giocatori professionisti erano comuni ed alcuni dei loro dadi truccati sono conservati nei musei. Le case pubbliche erano il ritrovo dei giocatori e un affresco ritrae due giocatori di dadi che litigano dopo essere stati espulsi dal proprietario indignato.Tacito affermò che i germani erano appassionati del gioco dei dadi tanto, che una volta perso tutto, avrebbero messo all'asta la loro libertà personale.
Durante il Medioevo il gioco dei dadi divenne un passatempo comune dei cavalieri ed esistevano sia scuole che corporazioni di gioco ai dadi. Dopo la caduta del feudalesimo i lanzichenecchi si guadagnarono la fama di maggiori scommettitori della loro epoca. Molti dei dadi di questo periodo furono intagliati con l'immagine di uomini e bestie. In Francia sia dame che cavalieri giocavano ai dadi. Nella Divina Commedia Dante cita il gioco della zara, che si giocava con tre dadi.
Gli Arabi adottarono il passatempo del Legionario "di tirare le ossa" (tirare i dadi) quando si espansero nelle province romane. Si riferivano ai piccoli dadi con la parola "azzahr". Ad un certo momento durante il commercio con gli Europei nel Medio Evo, questo gioco fu adottato dai Francesi al quale si riferivano usando le parole "hasar" o "hasard". Durante le interminabili guerre tra Francia e Inghilterra durante i secoli 13 e 14, i cavalieri Inglesi importarono il gioco che chiamarono "hazard" - che signifiva scommettere su una probabilità o mettere a rischio (come "nel tentare di indovinare").

Ma gli Inglesi denominarono il valore più basso di ogni giocata di dadi con il termine "crabs".
All'inizio del diciottesimo secolo, i colonizzatori francesi portarono il gioco con loro nel Canada. L' Inghilterra estese le sue possessioni alle colonie di lingua francese, e alcuni colonizzatori migrarono in Luisiana dove, alla fine del secolo, una versione semplificata del "hazard" perse il relativo nome inglese e venne conosciuta semplicemente come "creps".
Il gioco dei dadi venne introdotto nel Nuovo Mondo tra i pionieri americani che  riutilizzarono il nome "craps". Negli Stati Uniti, dopo la guerra civile, venne introdotta un'innovazione : i giocatori potevano scommettere a favore o contro la casa. Mentre la popolarità dei dadi continuava a crescere, varie scommesse sono state incluse per ravvivare il gioco e per dare ai giocatori più modi di vincere.

In Giappone, Cina, Corea, India ed in altri paesi asiatici i dadi sono sempre stati popolari e lo sono tutt'ora. I segni sui pezzi del domino cinese si sono evoluti a partire dai segni sulle facce di due dadi affiancati.

Domino
Possiamo far risalire il domino all’antico Egitto, forse a un'epoca anteriore al 1355 a. C., infatti un domino è stato scoperto nella tomba di Tutankhamon e il reperto è ora conservato al museo del Cairo. 
Anche i cinesi, tuttavia rivendicano questa invenzione, considerando il domino un precursore del mahjong. Ma i ritrovamenti accertati in Cina sono uno del 181 d.C., ai tempi di Hung Ming e un altro, molto più tardi, nel 1120 d.C. quando è stata scoperta una serie di 32 piastrelle. Si ritiene che tale domino abbia origine da cubi o da dadi, introdotti in Cina dall’India.

Dal 1120 giungiamo poi alla metà del XVIII secolo, anche se un domino è stato trovato nel relitto della Mary Rose, dei tempi di Enrico VIII.
Il gioco si è diffuso prima in Europa occidentale, in Italia in particolare a Venezia e a Napoli, e da lì in Francia. Il gioco è stato portato in Inghilterra da alcuni prigionieri di guerra francesi. 

Qualche tempo dopo arriva anche in America. Gli eschimesi giocano un gioco simile al domino, utilizzando ossa invece delle piastrelle e ciò può indicare, che il gioco sia giunto in America molto prima del XVIII secolo.
La derivazione della parola è evidentemente latina "Dominus" che diventa domino in Francia e in Inghilterra, dove indica un tipo di cappuccio bianco e nero, indossato dai frati in inverno. Successivamente domino sta a indicare la maschera indossata nelle  feste in costume.
Il domino originale consiste in 28 piastrelle che comprendono tutte le possibili combinazioni tra 0 e 6.  Non si sa se il domino europeo si sia sviluppato autonomamente o sia stato semplicemente copiato dalla versione originale cinese. I cinesi utilizzavano piastrelle di osso o di avorio con semi di ebano. In Europa, le tessere sono state ottenute incollando due pezzi di ebano su entrambi i lati.  Ciò ha consentito di mostrare il bianco dell’osso attraverso i buchi nell’ebano. Oggi i domino vengono prodotti (per lo più in plastica) in quasi ogni parte del mondo e sono un passatempo popolare in infiniti villaggi, città e piccoli centri. A Cuba sono praticamente il gioco nazionale.

Mahjong
Le vere origini di questo gioco sono tuttora avvolte nel mistero. Certe fonti suggeriscono che già nel 500 a.C. il filosofo Confucio utilizzasse questo gioco per diffondere i suoi insegnamenti. Il Mahjong non può negare le sue affinità con alcuni antichi giochi di carte e di domino, ma non vi sono prove concrete della sua esistenza prima del 1880: un'incertezza che ha spinto ad arricchire di leggende la storia delle sue origini, contribuendo così non poco al boom che questo gioco conobbe nel mondo occidentale negli anni Venti. In un annuncio pubblicato in un giornale americano nel 1923 si legge che già gli imperatori del mondo antico erano assidui giocatori di Mahjong. L'idea che anche i nobili trascorressero il loro tempo libero giocando a Mahjong piacque molto agli occidentali, tant'è vero che quello stesso anno si registrarono vendite altissime. Da allora questo gioco ha perso un po' della sua forza d'attrazione in Occidente, mentre in Cina è tuttora parte integrante della cultura popolare. Basti pensare che neanche il divieto imposto dalla Repubblica Popolare per combattere il gioco d'azzardo è riuscito a scalfirne la diffusione.
Il Mahjong è un antico solitario cinese. Sulla tavola da gioco ci sono 144 tessere con diversi simboli. L'obiettivo del gioco è rimuovere a due a due, tutte le tessere dalla tavola. Per poter rimuovere due tessere, queste devono:
1) avere lo stesso simbolo
2) poter essere "sfilate" a destra o a sinistra (ovvero non devono essere incastrate in mezzo ad altre)
3) non essere sormontate da altre tessere


Carte da gioco
Molte informazioni sono state tratte dal sito Modiano.
È stato ipotizzato che le carte da gioco nacquero in Cina attorno al X secolo d.C. Si trattava probabilmente di carte da domino, cioè quelle che rappresentavano un lancio di due dadi, assai simili a quelle ancora oggi usate in Estremo Oriente e poco diverse dalle comuni tessere da domino presenti in moltissimi altri paesi.
Qualche secolo dopo, le carte da gioco erano in uso presso gli Arabi, ed entro breve tempo si diffusero anche nel mondo occidentale.


Questo fu il risultato degli scambi commerciali e culturali che le popolazioni mediterranee avevano con la civiltà araba in particolare. Il vocabolo italiano arcaico che indicava le carte da gioco naibi, e il suo equivalente spagnolo naipes, ancora usato, derivano entrambi dall'arabo na'ib, cioè "delegato" o "deputato".
I deputati erano due figure dell'antico mazzo mamelucco: il "viceré" e il "viceré in seconda". Tali carte non raffiguravano i personaggi relativi come figure umane, nel rispetto della tradizione islamica, ma indicavano solo il nome di ciascun valore, alla base. Il più antico mazzo di questo tipo finora conosciuto è conservato nel Museo Topkapi di Istanbul. La sua composizione constava di quattro semi, ciascuno dei quali formato da quattordici carte (dieci numerali e quattro figure), per un totale di 56 soggetti. I semi che componevano il mazzo arabo erano:
Coppe-Tûmân, Spade - Suyûf, Bastoni - Jawkân, Denari - Darâhim

Secondo fonti letterarie attendibili l'Italia è il paese europeo dove, nella prima metà del '400, si cominciò a produrre il tarocco; ma è in Spagna che, con circa 50 anni di anticipo, le comuni carte da gioco comparvero per la prima volta in occidente.
La relazione tra questi due tipi di mazzo viene spiegata dall'attuale teoria, secondo cui nel corso del XIV secolo le carte dei Mamelucchi raggiunsero tanto la Spagna che l'Italia, a seguito delle strette relazioni fra le civiltà araba ed europea, che si fronteggiavano sulle sponde del Mediterraneo.   

Il più antico mazzo di carte da gioco pervenutoci è una varietà proveniente dalla Germania meridionale, probabilmente originata anch'essa dalle carte moresche. Lo Stuttgarter Kartenspiel ("mazzo di Stoccarda") è databile attorno al 1430. Un altro con caratteristiche simili è l'Ambraser Hofjagsdpiel ("mazzo della caccia della corte di Ambras”). Questo gruppo, ora detto delle carte venatorie, cominciò ad essere usato nelle aree germanofone verso la prima metà del XV secolo.   
I mazzi venatori, dei quali ne sono rimasti assai pochi, erano splendidamente illustrati con scene di cacce principesche, in quanto i loro segni erano rappresentati da animali o da strumenti usati per la caccia, quali cervi, segugi, falchi, cappi, ecc.
Mazzi tedeschi e carte venatorie rimasero in uso forse fino al XVII secolo, quando si estinsero, al contrario del tarocco la cui popolarità, nel frattempo, andava crescendo. Ciononostante, i loro speciali semi sono stati con ogni probabilità gli ispiratori di quelli ancora oggi in uso nella gran parte delle aree di lingua tedesca.


Differenzerl Jass

Lo Jass è il gioco nazionale svizzero e conta oltre tre milioni di appassionati. Le sue origini sono però olandesi, come dimostra il nome "Jos" (contadino). Molto più vecchi sono il Tarock, giocato nei Grigioni e in Vallese, o il Trentnen e il Flüsseln, entrambi praticati ancora oggi nella valle della Muota. Ancora più indietro nei tempi risale il Kaisern: citato per la prima volta a Zurigo nel 1457, è tuttora diffuso in tutta la Svizzera centrale. Ma nemmeno il Kaisern è una vera creazione svizzera. Altrove si chiama Karnöffeln, un nome che nonostante l'assonanza con "Kartoffeln" (patate) ha un significato ben diverso (testicoli). La variante più interessante è quella del Canton Nidvaldo dove i giocatori utilizzano un codice di gesti e mimica per "accordarsi" sul punteggio da raggiungere. La posta in palio è "Kaisers Bart" (la barba dell'imperatore), ossia niente. Ma non è sempre stato così: una prima menzione del gioco compare nel 1367 in un divieto delle autorità bernesi che non vedevano di buon occhio questa "diavoleria" in cui la posta in gioco c'era, eccome...

Backgammon
L'origine del backgammon viene comunemente fatta risalire a circa 5000 anni fa per la scoperta di un suo presunto lontano predecessore trovato nella tomba di un re sumero durante gli scavi nell'antica città mesopotamica di Ur, nell'attuale Iraq. Una successiva scoperta, però, sembra poter anticipare la data di nascita di circa 100-200 anni e trasferire il luogo di nascita nell'attuale Iran a causa del ritrovamento di una tavola durante gli scavi archeologici della città di Burnt nella provincia sud-orientale del Sistan-Baluchistan.
È probabile che successive migrazioni ne abbiano permesso una diffusione estensiva sia verso Occidente che Oriente favorendo la nascita di numerose varianti. Vista la sua antichissima origine è facile comprendere come siano potute nascere col tempo anche numerose leggende sulla sua paternità. Una di queste attribuisce l'invenzione al re di Persia Ardashir Babakan, della dinastia dei Sasanidi, un'altra ad un antico saggio indiano di nome Qaflan. Una variante di nome Sennet si doveva giocare anche nell'antico Egitto. Sono state trovate delle tavole risalenti al 1500 a.C. nella tomba di Tutankhamen così come degli affreschi raffiguranti delle tavole simili a quella attuale.

Se incerte sono le origini di questo gioco, quello che è certo è che i Romani adoravano giocare ad un gioco chiamato Duodecim scripta, i cui principi fondamentali corrispondono a quelli del backgammon moderno. Con il tempo, i Duodecim scripta divenne la Tabula, che somiglia ancora di più al nostro gioco attuale, e che si diffuse in tutta l'Europa con il nome di Tavola.
Tra gli altri, la leggenda attribuisce la paternità della tavola reale ad Ardshir, primo re della dinastia dei Sasanidi, che regnò in Persia nel III secolo. Una leggenda indiana indica invece nel saggio Qaflan l'inventore di questo gioco. Comunque sia, è interessante supporre che l'inventore si ispirò probabilmente al ciclo annuale.
Essendo erroneamente considerato da molti un puro gioco d'azzardo, anche se invece in realtà la componente fortuna è mescolata a strategia e abilità, attirò l'attenzione della chiesa. In Spagna (305 d.c. circa) vennero condannati dal Sinodo coloro che giocavano a Tabula per denaro, mentre nel Codice di Giustiniano (730 d.c. circa) venne fatto semplicemente divieto al clero di giocarvi. Più tardi, la Chiesa russa estese tale divieto a tutta la popolazione, specificando che "nessun prete né fedele poteva giocare al Zerniyu (l'Azzardo), al Shakhmate (gli Scacchi), o al Tablei (il Tabula)". Il Tabula si distingue dal Backgammon per il fatto che le pedine, invece di partire da posizioni fisse sulla tavola, dovevano esservi prima introdotte; le pedine dei due avversari si muovevano nello stesso senso e non in senso contrario, e si usavano tre dadi invece di due. Inoltre gli scritti classici non ci indicano con precisione se si poteva ritirare una pedina dal gioco prima che tutti gli altri pezzi avessero raggiunto l'ultimo settore della tavola.
Il Tabula conobbe diverse versioni nel corso dei secoli, fino ad arrivare al nostro Backgammon. La terza parte del manoscritto realizzato nel XII secolo per ordine del re di Spagna Alfonso X, contiene la descrizione di 15 giochi da tavola diversi. In certe remote regioni dell'Islanda si usano ancora tavolieri paragonabili a quelli della fine dell'epoca romana per giocare ad un gioco chiamato "ad elta stelpur", cioè "la caccia alle ragazze".
La tavola del Backgammon è composta di 24 frecce che corrispondono alle 24 ore della giornata; le dodici frecce di ogni metà corrispondono ai 12 mesi dell'anno, e i 30 gettoni ai giorni dei mesi. .


Mancala
Il nome mancala si riferisce a una famiglia di giochi da tavolo diffusi in gran parte del mondo (specialmente in Africa, in Medio Oriente, in alcune zone del Sudest asiatico e in America centrale) e spesso indicati anche come giochi di semina.
I mancala sono basati su un tavoliere piuttosto semplice, con una serie di buche solitamente dette case (o pozzi), suddivise in due o quattro file di pari lunghezza. Il numero di case per fila è anch'esso variabile (nella maggior parte dei casi 6, 8, oppure 10). In alcuni casi, alle estremità del tavoliere sono presenti buche più grandi dette granai, che vengono solitamente usate per riporvi i pezzi catturati (vedi più avanti). Il tavoliere può essere fatto di legno o di qualsiasi altro materiale, o addirittura essere realizzato scavando le buche nella sabbia.
giocatori muovono a turno. La dinamica generale della mossa, che viene spesso detta semina, consiste nel prelevare tutti i pezzi presenti in una certa casa (di solito scelta fra quelle di proprietà del giocatore e occupate da un certo numero minimo di pezzi), e depositarli nelle case adiacenti, uno per casa. Se la semina non si conclude nella fila in cui ha avuto inizio, essa prosegue in un'altra fila, tipicamente descrivendo un movimento circolare antiorario. Così, una semina procede generalmente verso destra nella fila più vicina al giocatore e, arrivata al termine della fila, prosegue nella fila adiacente da destra verso sinistra. Nei mancala a due file, il movimento può attraversare l'intero tavoliere; in quelli a quattro, esso è limitato alle due file di proprietà del giocatore che sta muovendo.

La semina può essere semplice, ovvero concludersi con l'ultimo pezzo deposto in una casa, oppure a staffetta. In quest'ultimo caso (tipico per esempio del Bao) se l'ultimo pezzo viene deposto in una casa già occupata, il giocatore preleva immediatamente il contenuto di tale casa e prosegue la semina con i pezzi raccolti; il procedimento può ripetersi. Questo genere di semina può portare turni di gioco estremamente lunghi, che sconvolgono completamente l'equilibrio del tavoliere. La capacità di prevedere gli effetti di una semina a staffetta è una delle qualità che contraddistinguono i guru del Bao ([1]). Nei mancala indiani come l'Ali Guni Mane, la semina a staffetta prosegue non con i semi presenti nella casa in cui la semina iniziale è terminata, bensì con quelli presenti nella casa successiva (regola nota come pussa-kanawa).
Lo scopo del gioco è solitamente quello di catturare più pezzi dell'avversario, o mettere l'avversario nella condizione di non avere più alcuna mossa legale a disposizione (per esempio perché tutte le sue case sono vuote o non contengono il numero minimo di pezzi richiesto per iniziare una semina).
Quando il gioco termina perché tutte le case di un giocatore sono vuote, si parla di carestia.


Go
La nascita del Go (weiqi in cinese) è databile tra il 4000 e il 3000 a.C. nello stesso momento in cui nacquero sulle rive del Huanghe (Fiume Giallo) la matematica e l’astronomia cinese.
Il riferimento alla matematica e all’astronomia non sono elementi peregrini: il Go-ban, il tavoliere di gioco, con le sue 361 intersezioni supporterebbe una sorta di calendario lunare (360 giorni + 1); le pietre (Ishi) bianche e nere rappresenterebbero il giorno e la notte; i punti marcati (Hoshi) sul Go-ban rappresenterebbero le stelle più rilevanti del cielo e così via.
Il Go rimase confinato in Cina per lungo tempo, esattamente fino all’VIII sec., allorché un ambasciatore giapponese lo introdusse nel suo paese; il Go si afferma così come gioco dell’aristocrazia giapponese (la classe Bushi in particolare). Tuttavia con l’affermarsi dello shogunato di Ieyasu Tokugawa (1542-1616) vengono fondate delle Accademie di Go nelle quali viene sviluppata e consolidata la teoria del gioco che penetrerà poi, nel successivo periodo Edo (1600-1868), in tutte le classi della società, divenendo così il gioco nazionale giapponese (in realtà considerato più che un gioco un’arte marziale, un Do, ossia una via di perfezionamento e disciplina interiore).

In Occidente il Go giunge assai tardi: la prima menzione è contenuta in un testo del missionario italiano Matteo Ricci (XVII sec.), ma rimane di fatto sconosciuto sino al XIX sec., quando l’emigrazione cinese negli Stati Uniti favorisce la diffusione del Go in quel paese. Nascono così i primi circoli: Honolulu e San Francisco. Quasi nello stesso momento, nuclei di giocatori si radunano anche in Europa e particolarmente in Olanda, Germania ed Austria.
Il momento di forte espansione del Go in Occidente è collocabile intorno agli anni ’60 quando il gioco diventa oggetto di studi per psicologi e informatici in connessione ai problemi legati soprattutto alle teorie del qualitativo (riconoscimento della forma, topologia differenziale, sistemi dinamici e mutamenti di stato, teoria delle percezione ecc.), problematiche tipiche di quella parte di ricerca chiamata successivamente "Intelligenza Artificiale".
Il gioco del Go (che in giapponese significa assediare, circondare), appartiene ai giochi finiti di strategia per due giocatori (come gli scacchi, la dama, l’otello ecc.). Per giocare si usa una tavola di legno, detta go-ban, su cui vi sono 361 intersezioni determinate dall’incrocio di 19 linee verticali con altrettante orizzontali, e un set di pedine (da chiamare propriamente pietre): 181 nere e 180 bianche.
Inizialmente il go-ban è vuoto: il nero inizia ponendo una pietra su una qualsiasi intersezione libera, seguito da bianco e così in alternanza. Una volta posate, le pietre non vengono più mosse (salvo in caso di cattura). Scopo del gioco è creare territori, delimitati da proprie pietre, occupando una certa area del go-ban. Vince colui che, alla fine della partita, avrà creato i territori più ampi (la loro dimensione è data dal numero di intersezioni libere all’interno di essi). Esiste inoltre la possibilità di catturare pietre avversarie, qualora si riesca a isolarle e a impedire loro di formare del territorio. Tali catture influenzano il risultato in quanto al termine della partita le pietre catturate vengono collocate nei territori avversari limitandone così le dimensioni.


Scacchi
Le origini degli scacchi si perdono nella notte dei tempi e nessuno può dire con assoluta certezza dove e quando furono inventati. Al proposito esistono varie teorie ma l'ipotesi più accreditata pone il luogo d'origine in India.
In particolare antichi poemi persiani descrivono, talvolta anche in dettaglio, un antico gioco da tavolo, lo Chatrang, che sembra avere notevoli tratti in comune con il moderno gioco degli scacchi. Questi stessi poemi (risalenti circa al VI-VII secolo d.C.) definiscono il gioco persiano del Chatrang come derivato da un gioco ancor più antico e di provenienza indiana, lo Chaturanga.

Alcuni studiosi ritengono addirittura che lo Chaturanga derivi a sua volta da arcaici giochi cinesi, tuttavia dagli elementi finora raccolti sembra che lo Chaturanga sia il gioco che ha i maggiori diritti di fregiarsi del titolo di progenitore originale del moderno gioco degli scacchi, in quanto i giochi più antichi presentavano solo alcuni tratti in comune con esso.
Ritrovamenti archeologici di antichi pezzi dello Chaturanga, sono avvenuti nel 1972 nell'Uzbekistan del Sud, presso la località di Afrasaib. Tali pezzi sono stati datati al 760 d.C. circa, grazie anche al concomitante ritrovamento di una moneta del 761 d.C. che si trovava assieme ai pezzi. Appare comunque quasi certo che le origini dello Chaturanga siano ben più antiche, forse addirittura al I o II secolo d.C. I pezzi di Afrasaib sono, infatti, finemente lavorati per l'epoca, quindi con grande probabilità risalgono ad un periodo storico in cui lo Chaturanga era già molto popolare.

In ogni caso la diffusione del nuovo gioco fu relativamente rapida, anche grazie ai mercanti ed ai carovanieri dell'epoca, ansiosi di portare nelle loro patrie ogni possibile novità. Con il trascorrere del tempo il nome e le regole dell'originale Chaturanga cambiarono in vari modi e secondo la regione di adozione. È così che nel Borneo il gioco venne denominato Chatur, nell'isola di Giava Chator e nella regione di Burma Chitareen. In Persia un po' alla volta cambiarono non solo il nome, prima Chatrang e poi Shatranj, ma progressivamente anche le regole, che pertanto a piccoli passi si stavano avvicinando a quelle moderne
Nell'estate del 2002 un importante ritrovamento ha permesso di retrocedere nel tempo l'ingresso degli scacchi in Europa: nell'antica località di Butrint, in Albania, presso un palazzo tardo-bizantino risalente al 465 d.C., è stato scoperto un reperto che assomiglia chiaramente ad un Re degli scacchi. Datato dal prof. J. Mitchell intorno al V secolo d.C., rappresenta il più antico pezzo degli scacchi finora ritrovato.
Il senet era un gioco da tavolo, considerato uno dei più antichi antenati degli scacchi. La sua storia inizia nell'Antico Egitto dove, sembra, fosse diffuso tra le classi sociali più elevate. Questo è il gioco più antico conosciuto: è risalente al 3300 AC. Si gioca su una scacchiera larga 3 cm. e lunga 10 cm.; alcune caselle sono speciali. Nella tomba di Tutankhamon sono stati ritrovati molti tavoli da gioco in legno e avorio, con cassetti per le pedine sotto la scacchiera.


27 maggio 2008 Di Grazia Casagrande

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