Un'insolita ondata di maltempo colpisce Vigàta nell'incipit de La piramide di fango (2014, Sellerio), ventiduesimo romanzo della serie del commissario Montalbano. Un cadavere seminudo ritrovato in un cantiere edile fa pensare a una "storia di corna", ma come tutte le storie di amori e tradimenti anche questa potrebbe forse coprire una questione di mafia.
L'indagine infatti conduce presto al mondo "melmoso" degli appalti pubblici (riciclaggio di denaro sporco, appalti truccati, politici conniventi) dove il fango che imperversa sulla scena del crimine in seguito alla notte di temporale diventa metafora (non troppo velata) della sporcizia di cui si sono impregnati gli affari istituzionali e la moralità umana.
L'invecchiamento di Montalbano, le cui prime avvisaglie abbiamo avuto ne Il gioco degli specchi, continua inesorabile: ci vede meno, ci sente meno, e dimentica pure i nomi. Una perdita d'identità che non è più giocata su un campo filosofico (quello della moltiplicazione offerta da una superficie riflettente) ma su un terreno tanto fisico quando psicologico: se da una parte l'età gli ha conferito una certa saggezza, ancora Montalbano continua a reagire in maniera immatura agli stimoli esterni...
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