Le recensioni di Wuz.it

Un ragazzo normale di Lorenzo Marone

«A dodici anni sono diventato amico di un supereroe. Aveva venticinque anni, abitava nel mio condominio a Napoli, che per certi versi è anche più pericolosa di Gotham City, si chiamava Giancarlo e, nonostante le mie insistenze, diceva di non essere per niente un supereroe.»

Per Domenico, Napoli è una sottospecie di Gotham City. Con una grande differenza: non ci sono eroi pronti a difendere gli abitanti, non c'è nessuno che si aggira per le strade a bordo di una Batmobile a caccia di criminali. Ci sono solo uomini normali, alcuni buoni e altri meno, alcuni pericolosi e altri determinati a costruire una città migliore e più sicura. Eppure lui agli eroi ci crede, ed è convinto che prima o poi uno si farà avanti.

Ha dodici anni, Domenico, detto Mimì. Vive nel quartiere del Vomero con la sua famiglia di sette persone – due genitori, due nonni, una sorella più grande e uno zio – in un bilocale di pochi metri quadrati dove puoi avere un po' di privacy solo se ti rinchiudi in bagno. Ma a lui va bene così, perché l'aria e la libertà le ha trovate nei libri di avventura e nei fumetti di supereroi che legge fin da piccolo e che gli hanno insegnato a sognare e a lasciare libera l'immaginazione. Ha tantissime passioni: ama cercare paroloni strani sul vocabolario da usare per far colpo sugli altri; ama le grandi imprese spaziali e gli uomini che le hanno compiute; ama le avventure di Jim Hawkins e la forza di volontà del ragazzino di Karate Kid; e ama Viola, la sua vicina di casa.

Nella sua vita tutto procede con tranquillità, senza colpi di scena o grandi cambiamenti. Fino al 1985. Mentre gli italiani trascorrono le serate guardando Pippo Baudo in tv e i napoletani festeggiano l'arrivo ufficiale di Maradona nel Napoli, Mimì incontra Sasà, un ragazzino che sogna di diventare un calciatore e che diventerà il suo più grande amico. Passeranno insieme giornate intere, giocheranno a pallone per strada, scopriranno il gusto di commettere piccole bravate e inizieranno a muovere i primi passi verso l’adolescenza.

Il 1985 è anche l’anno in cui Mimì conosce Giancarlo. Ha venticinque anni, guida una Mehari verde, se ne va in giro con un taccuino e una biro, ed è un eroe. Almeno agli occhi di Mimì. Perché Giancarlo è un giornalista che non ha paura di indagare, di portare alla luce i segreti della camorra e metterli nero su bianco. Se lo chiedete a lui vi dirà che non è vero che è un eroe – non ha nemmeno i bicipiti – e che gli eroi nemmeno esistono. Ma a Mimì basta sapere che Giancarlo sta combattendo contro i cattivi e che non ha paura di niente per prenderlo come modello da seguire ed essere felice ogni volta che lo incontra.

Giancarlo è esistito davvero. È Giancarlo Siani, ed è morto per mano della camorra proprio nel settembre di quel 1985, con il corpo pieno di proiettili e i suoi ventisei anni compiuti da poco che scivolano via. Lorenzo Marone ne fa uno dei personaggi del suo romanzo, scritto come sempre con il suo italiano farcito di espressioni e cadenze napoletane. Non è un romanzo che vuole celebrare il personaggio o idealizzarlo. Semplicemente vuole farci conoscere un po’ di più questo ragazzo semplice che con i mezzi che aveva a disposizione ha cercato di rendere il mondo un po’ più bello, per dimostrarci che tutti noi possiamo e dobbiamo farlo, e ricordarci, come dice la nonna di Mimì, che «non esistono eroi al mondo, solo persone che ogni tanto fanno una bella azione, la cosa giusta, e poi tornano a essere uno qualunque».

Recensione di Mauro Ciusani


Un ragazzo normale
Un ragazzo normale Di Lorenzo Marone;

Dopo il successo di Magari domani resto, Lorenzo Marone ritorna con una straordinaria prova narrativa che ha per protagonisti un bambino e il suo eroe, Giancarlo Siani, il giornalista rimasto vittima della camorra nell'85.

Un romanzo sull’amicizia, l’adolescenza e l’amore, ma, soprattutto, una storia che parla dell’importanza delle storie e del valore delle parole.

“A dodici anni sono diventato amico di un supereroe. Aveva venticinque anni, abitava nel mio condominio a Napoli, che per certi versi è anche più pericolosa di Gotham City, si chiamava Giancarlo e, nonostante le mie insistenze, diceva di non essere per niente un supereroe.”

Mimì, dodici anni, occhiali, parlantina da sapientone e la fissa per i fumetti, gli astronauti e Karate Kid, abita in uno stabile del Vomero, a Napoli, dove suo padre lavora come portiere. Passa le giornate sul marciapiede insieme al suo migliore amico Sasà, un piccolo scugnizzo, o nel bilocale che condivide con i genitori, la sorella adolescente e i nonni. Nel 1985, l'anno in cui tutto cambia, Mimì si sta esercitando nella trasmissione del pensiero, architetta piani per riuscire a comprarsi un costume da Spiderman e cerca il modo di attaccare bottone con Viola convincendola a portare da mangiare a Morla, la tartaruga che vive sul grande balcone all'ultimo piano. Ma, soprattutto, conosce Giancarlo, il suo supereroe. Che, al posto della Batmobile, ha una Mehari verde. Che non vola né sposta montagne, ma scrive. E che come armi ha un'agenda e una biro, con cui si batte per sconfiggere il male. Giancarlo è Giancarlo Siani, il giornalista de «Il Mattino» che cadrà vittima della camorra proprio quell'anno e davanti a quel palazzo. Nei mesi precedenti al 23 settembre, il giorno in cui il giovane giornalista verrà ucciso, e nel piccolo mondo circoscritto dello stabile del Vomero (trenta piastrelle di portineria che proteggono e soffocano al tempo stesso), Mimì diventa grande. E scopre l'importanza dell'amicizia e dei legami veri, i palpiti del primo amore, il valore salvifico delle storie e delle parole. Perché i supereroi forse non esistono, ma il ricordo delle persone speciali e le loro piccole grandi azioni restano.

La posta della redazione

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