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Ultimo venne il verme - Nicola Cinquetti

«Quando spariva anche l’ultimo spicchio di sole, lui si chinava a sollevare un sasso, e sotto quel sasso c’era sempre una favola.»

Ci sono generi letterari di cui apparentemente sembrerebbe aver già detto tutto, o di cui non aver più bisogno, come se fossero uno stock di prodotti scaduti. Se poi si facesse l’esperimento di chiedere a qualcuno «Qual è l’ultimo libro di favole che hai letto?», con un’elevatissima probabilità questo risponderebbe, anche leggermente scocciato, «Ma le favole sono per i bambini!».

La parola ""favole"", qui, compare nel sottotitolo – come se l’autore avesse voluto sottolineare il genere – e subito sotto è presente una vanitas con teschio, dall’orbita del quale fa capolino un simpatico vermetto che osserva il mondo e il lettore stesso da una prospettiva davvero insolita: una delle illustrazioni, realizzate con tratto essenziale e profondamente espressivo, di Franco Matticchio. La vanitas nella storia dell’arte del Seicento era un particolarissimo genere di natura morta caratterizzato dalla presenza di elementi allegorici – clessidra, bolle di sapone, tetre candele e il teschio, appunto – che ricordavano all’uomo la caducità dell’esistenza. E questo è solo il primo dei tanti elementi che rendono Ultimo venne il verme un interessantissimo viaggio attraverso simboli e allegorie che continuano a popolare l’immaginario collettivo dell’uomo.
Per l’adulto che si cela in ogni bambino e per il bambino che si nasconde in ogni adulto questo è il libro perfetto: si potrà sognare e al tempo stesso, come in ogni favola che si rispetti, riflettere, comprendendo con semplicità una verità morale in più, talvolta assurda e imprevedibile. Del resto, la cosiddetta Era 2.0 è leggermente più contorta del mondo in cui vissero Esopo o Fedro e quindi non c’è da stupirsi se un anziano signore sparisce nel buio della notte abbracciando la luna, o se una giovane aquila viene derisa dalle sue sorelle che l’accusano di avere un «cuore di gallina», o ancora se un favoliere in prigione riesce a evadere dalla cella cercando l’ispirazione sotto i sassi.Particolare della copertina

Un libro che può essere letto in più occasioni e in svariate modalità: ad alta voce e in compagnia, come facevano una volta le nonne con i nipotini attorno al focolare, quando si ha voglia di sognare a occhi aperti, oppure senza seguire un ordine logico: con gli occhi chiusi si apre il libro, e si inizia a leggere.
Si potrebbe concludere parafrasando la celebre battuta di Tom Hanks in Forrest Gump: «Questo libro di favole è come una scatola di cioccolatini! Non sai mai quello che ti capita». E, in fondo, è proprio qui che sta il divertimento.  

Recensione di Riccardo Zironi

Nicola Cinquetti - Ultimo venne il verme
154 p., rilegato - 12 € - Bompiani
ISBN 9788845282003


Ultimo venne il verme. Favole
Ultimo venne il verme. Favole Di Nicola Cinquetti;

"Contro te povero verme le lagnanze sono eterne", scriveva Toti Scialoja. Nello spirito del nonsense, con uno spiccato gusto della battuta, una raccolta di favole abitate da molti animali ma qua e là anche da qualche umano. La balena che si sente piccola, il cane poeta che recita la luna per le orecchie di una talpa, bambini fiori e bambini di traverso che bisogna proprio raddrizzare: una raccolta di favole del nostro tempo, in cui la morale è ribaltata e vince il paradosso o semplicemente la stravaganza dei punti di vista.

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