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Erik Larson - Scia di morte. L'ultimo viaggio del Lusitania

Il giubbotto di salvataggio lo tenne a galla e lo sollevò dal ponte di comando, ma lo scafo che affondava lo trascinò giù. “Fu come se l’intera nave mi venisse sfilata da sotto i piedi da una mano gigantesca” disse Turner. Quando riemerse si ritrovò in un arcipelago di morte e distruzione.
“Centinaia di corpi vorticavano fra i detriti” disse. “Uomini e donne e bambini galleggiavano fra tavole, scialuppe e rifiuti irriconoscibili”.

Dead wake: si chiama così, in inglese, la scia che un’imbarcazione lascia dietro di sé, come un solco nell’acqua da cui non germoglierà nulla. E, in maniera fortemente drammatica, questa espressione si carica di suggestioni di morte quando la colleghiamo con l’affondamento di una nave, quando le immagini che si affacciano alla nostra mente sono di corpi senza vita che galleggiano insieme a rottami sulla superficie di un mare ritornato calmo dopo i gorgogli, i risucchi, i vortici provocati da un gigantesco scafo che va a depositarsi sul fondo marino. Scia di morte. L’ultimo viaggio del Lusitania è il libro (l’autore ci tiene a precisare che questo non è un romanzo) che Erik Larson ha dedicato ad una delle grandi tragedie della prima guerra mondiale: cento anni fa, il 7 maggio 1915, il transatlantico Lusitania affondava, colpito dal siluro di un sommergibile tedesco, al largo delle coste irlandesi. Dei 1959 tra passeggeri ed equipaggio, solo 764 sopravvissero. Dei 33 bambini a bordo, 6 furono i sopravvissuti. Più di 600 passeggeri non furono mai ritrovati. Tra i morti c’erano 123 cittadini statunitensi.

Se questa fosse una graphic novel, il contrasto del disegno non potrebbe essere maggiore. La nave che avanza maestosa con i suoi quattro fumaioli, una regina che incede sulle acque, e il sottomarino nero, il serial killer del mare che affiora guardandosi attorno furtivamente con il polifemico occhio del periscopio. Erik Larson procede nella narrazione ricostruendo e documentando i fatti, alternando i capitoli in cui è il Lusitania sulla scena e quelli in cui è l’U-20, l’Unterseeboot-20, a reclamare la nostra attenzione. E, inevitabilmente, il confronto tra Lusitania e U-20, tra il capitano Turner e il tenente di vascello Schwieger, tra civili inermi e militari, diventa un confronto tra Bene e Male, non solo come valori assoluti ma anche come potenze in guerra: la Germania che non rispetta le convenzioni e fa vittime tra i civili diventa il Male assoluto, anche se, prestando orecchio alle operazioni di spionaggio della Stanza 40, si insinua il sospetto che ci sia stato qualcosa di voluto nella mancanza di una scorta di cacciatorpediniere per proteggere il Lusitania, una manovra cinica da parte britannica per forzare gli Stati Uniti ad entrare in guerra.

Perché Erik Larson, con lo stile che lo contraddistingue e che già abbiamo apprezzato nell’ambientazione della Berlino ante-guerra de Il giardino delle bestie, riesce a equilibrare le pagine in cui tratteggia i personaggi- il ragazzo brillante il cui corpo non sarà mai ritrovato, la famiglia con sei bambini, la donna che conosceva Henry James, il famoso Vanderbilt, la quarantina di persone la cui fine era stata decisa dal destino perché avrebbero dovuto raggiungere Liverpool su un’altra nave e invece erano stati fatti imbarcare all’ultimo momento sul Lusitania-, con quelle in cui descrive la rotta tenuta dal transatlantico (a velocità ridotta, per risparmiare carbone) e quella dell’U-20. Siamo tentati di pensare a Verne, leggendo i capitoli riservati al sottomarino, con i dettagli sul sistema di navigazione e sulla vita claustrofobica a bordo. Sappiamo però che questa non è una fantastica avventura, che il siluro colpirà la nave, restiamo con il fiato in sospeso, come se qualcosa potesse cambiare il corso della storia impedendo al tenente Schwieger di aggiungere un altro trofeo al calcolo delle tonnellate da lui affondate (nei capitoli che seguono la vita degli scampati dopo la tragedia, apprenderemo che Schwieger, insignito della più alta onorificenza della marina tedesca, scomparirà nel 1917 con il nuovo sommergibile U-88 di cui gli era stato affidato il comando).

Se tutti, anche grazie al famoso film con Di Caprio, conoscono la fine del Titanic, forse l’affondamento del Lusitania non è così noto. Il viaggio inaugurale dell’uno, l’ultimo viaggio dell’altro. Il destino del Titanic in un mostro di ghiaccio candido scintillante sull’acqua, quello del Lusitania in un bestione nero delle profondità marine. E anche se la sorte del transatlantico della White Star Line avrebbe dovuto insegnare qualcosa, anche se molto era stato fatto per rimediare almeno alla insufficienza delle scialuppe di salvataggio, niente poté risparmiare il gioiello della Cunard Line, la prestigiosa compagnia navale britannica rivale della White Star. E i gabbiani che si libravano nel cielo di Manhattan perdono il loro fascino, diventano uccelli di morte sulla dead wake del Lusitania.
Un libro per tutti gli appassionati di storia, di vicende umane e di guerra. Non solo. Un libro per tutti gli amanti del mare e delle navi.


Recensione di Marilia Piccone

Erik Larson - Scia di morte. L’ultimo viaggio del Lusitania
Tit.or. Dead wake. The Last Crossing of the Lusitania. Traduzione di Laura Prandino,
pagg. 507, Euro 18,00 - Neri Pozza
ISBN 9788854508170


Scia di morte. L'ultimo viaggio della Lusitania

È una splendida giornata di maggio del 1915, quando il Lusitania, il più grande transatlantico dell'epoca naviga al largo delle coste meridionali irlandesi. La nave, diretta a Liverpool, è salpata da New York a carico pieno, con duemila "anime" a bordo, incluso un numero inaspettato di bambini, e merci, bagagli e vettovaglie varie. Le acque del mare d'Irlanda sono state dichiarate "zona di guerra" dalla Germania, ma a bordo del Lusitania i passeggeri e il comandante William Thomas Turner si curano poco della dichiarazione e dell'avviso, pubblicato sui giornali newyorchesi dall'ambasciata tedesca a Washington, in cui si rammenta agli equipaggi che le navi dirette in quelle acque, battenti bandiera britannica o di uno qualsiasi dei paesi suoi alleati, sono "passibili di affondamento". Sono circa le due e dieci quando, a sedici ore di navigazione da Liverpool, Leslie "Gertie" Mortori, marinaio di diciotto anni, scorge a dritta sull'acqua un grosso spruzzo di spuma, una specie di gigantesca bolla che erutta in superficie. Qualche istante dopo lo spruzzo diventa una scia che rimane a galla, come un lunga cicatrice pallida. Sepolta sotto i dettagli ingarbugliati, Erik Larson scopre "una gran bella storia" e la narra con ritmo romanzesco, basandosi però rigorosamente su memorie, lettere, telegrammi e altri documenti storici.

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