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Frédéric Lenoir. La felicità. Un viaggio filosofico

Frédéric Lenoir − che ha già ormai all’attivo una quarantina di libri tradotti in oltre trenta lingue − è autore di un saggio intitolato “La felicità. Un viaggio filosofico”, tradotto e pubblicato in Italia da Bompiani.
Non si tratta del solito manuale acchiappa-gonzi inteso a proporre sin troppo facili escamotage per raggiungere il benessere o la prosperità a buon mercato. Tutt’altro.
Il noto sociologo e filosofo francese, infatti, non solo è convinto che non esista una «ricetta» della felicità valida per tutti, ma asserisce in primo luogo che l’idea stessa di una tale condizione sia estremamente variabile e relativa alla cultura, all’ambiente e alle condizioni esistenziali in cui ciascuno si trova a vivere. Malgrado ciò - e per quanto sentirsi felici sia sempre soggettivo - ad avviso di Lenoir tentare di raggiungere questo stato non è mai ricerca insensata.

Per gli antichi pensatori greci, anzi, compito precipuo della filosofia – ossia dell’amore per la saggezza − era suggerire agli uomini quale fosse il comportamento ottimale da seguire per ottenere (e mantenere) la felicità, badando bene a tenersi lontani, se non altro, dal suo contrario.
Nel corso dei secoli, però, in Occidente questo interesse etico-pratico è via via venuto meno e i filosofi contemporanei nutrono in genere disinteresse o scarsa attenzione al problema di come condurre una vita felice.

Secondo Lenoir invece è quanto mai opportuno rifarsi ai “giganti del passato” − dal Buddha a Schopenhauer, passando per Aristotele, Chuang-tzu, Epicuro, Epitteto, Montaigne e Spinoza – giusto attraverso un viaggio filosofico che ci consenta di dare un senso alla nostra vita, divenendo maestri nell’arte più eccelsa: quella di divenire se stessi, tentando di soddisfare al meglio le nostre vocazioni.

Di una cosa comunque il Nostro si dice certo: è possibile accrescere il proprio benessere modificando la percezione usuale della vita, del mondo e soprattutto del ruolo che in essi tendiamo a svolgere.
Molto dipende insomma − per dirla con un termine caro alla filosofia tedesca − dalla nostra weltanschauung: cioè dalla visione del mondo, dall’ottica con cui guardiamo alle cose e a noi.
Ma non solo.
La tendenza, comune un po’ a tutti, di essere poco centrati sul presente venendo distratti dal continuo rimuginare sul passato o dalle preoccupazioni rivolte al futuro non aiuta certo la serenità.
Di qui l’invito a non disperderci in pensieri vani ma a vivere in piena consapevolezza ogni esperienza quotidiana, abitandola con cuore aperto e accoglienza.
Ad avviso dell’autore (e dei maestri spirituali di ogni epoca e latitudine) una tale disposizione d’animo può far sì che ogni nostra attività, ogni congiuntura si trasformi in una sia pur piccola “fonte di felicità”.

Detto altrimenti: la realtà esterna (o meglio: il modo in cui noi consideriamo detta realtà) finisce per ridursi a non esser altro che lo specchio (spesso deformante) del nostro mondo interiore; ovvero le nostre credenze e i nostri stati emozionali “determinano il nostro rapporto col mondo”.
Da questa prospettiva il pessimista è uno che si costringe a vedere la vita solo attraverso occhiali scuri. Ma lo scettico disincantato potrebbe chiederci - rivolgendo a noi lo stesso interrogativo - come sia possibile parlare di felicità in un mondo che risulta semmai sempre più infelice per via del perdurare di guerre, malattie, povertà, crisi economica.
Lenoir non sfugge a una simile provocazione, ma cerca di rispondere in modo costruttivo aderendo a un’etica pragmatica nel continuo impegno a migliorare ambiente e società, e deciso a non perseguire mai il bene soggettivo a danno di quello collettivo.

Né sfugge all’autore il pericolo che sottende l’ingiunzione postmoderna della felicità quale dovere (e onere) alienante. Una “condanna” a esser donne e uomini di successo, ossessionati dall’obbligo di risultare vincenti, soddisfatti, in perfetta forma e, perché no, perennemente giovani.
Concezione assai misera di una felicità che finisce per ridursi all’edonismo, quando non degeneri in mero consumismo o in una frenesia volta a rincorrere ogni desiderio; col risultato di fare del solo piacere immediato l’unico obiettivo dell’agire umano.
Di contro, dice bene Lenoir, “la felicità del saggio non dipende dagli eventi sempre aleatori che derivano dal mondo a lui esterno (salute, ricchezza, onori, riconoscimenti ecc.), ma dall’armonia del suo mondo interiore” all’insegna dell’accettazione e della magnanimità.

Ricordandoci, in conclusione del suo viaggio filosofico che, se per ogni uomo o donna la sofferenza − presto o tardi − è purtroppo ineluttabile, non è scontato lo sia l’infelicità.
Dipende da noi, infatti, la scelta fra smarrirci in essa o attraversare stoicamente dolori e dispiaceri senza farci annichilire da essi.

Recensione di Francesco Roat

Frédéric Lenoir - La felicità. Un viaggio filosofico
Traduzione di Lorusso A. M.
337 pagine, 14 euro - Bompiani 
ISBN 9788845277054



La felicità. Un viaggio filosofico
La felicità. Un viaggio filosofico Di Frédéric Lenoir;

"Il grande paradosso della felicità è che essa è allo stesso tempo indomabile e addomesticabile. Ha a che fare tanto col destino o la fortuna quanto con una componente razionale e volontaria. È questa una delle ragioni per cui non esiste una 'ricetta' della felicità valida per tutti". (Frédéric Lenoir)

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