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Sorj Chalandon - Chiederò perdono ai sogni

Ora che tutto è venuto allo scoperto, saranno loro a parlare al mio posto. L’IRA, i Britannici, la mia famiglia, persone a me vicini e giornalisti che non mi hanno mai incontrato. Alcuni oseranno spiegarvi perché e per come sono arrivato a tradire. Forse scriveranno su di me dei libri, e questo mi manda in bestia. Non ascoltate nulla di quello che diranno. Non fidatevi dei miei nemici, e ancor meno dei miei amici. Fuggite quelli che sosterranno di avermi conosciuto. Nessuno è stato dentro la mia testa, nessuno. Se oggi parlo, è perché sono l’unico a poter dire la verità. Perché dopo di me, spero nel silenzio.

Nel dicembre del 2005 Denis Donaldson, volontario nelle file dell’IRA e membro del movimento indipendentista Sinn Féin, ammise pubblicamente di essere stato un informatore britannico per venticinque anni.
Il 4 aprile del 2006 Donaldson fu trovato morto, ucciso con arma da fuoco, in un cottage fatiscente nel Donegal.
L’assassinio fu rivendicato, tre anni dopo, dalla Real IRA, una branca dissidente dell’IRA contraria al processo di pace.

Denis Donaldson, con il nome fittizio di Tyrone Meehan, è protagonista del romanzo Chiederò perdono ai sogni di Sorj Chalandon, una sorta di seguito, oppure un romanzo parallelo, ma con un altro punto di vista, al precedente, Il mio traditore.
Sorj Chalandon era amico di Denis Donaldson e la sua ammissione di colpevolezza era arrivata come un fulmine.
Per Chalandon, l’Antoine de Il mio traditore, il francesino di Chiederò perdono ai sogni, il tradimento era stato doppio e ancora più doloroso: Denis aveva tradito l’amicizia oltre a tradire la causa.
Nel primo romanzo in primo piano è lui, l’amico; nel secondo, pubblicato da poco dalla casa editrice Keller, è Tyrone Meehan che racconta, che ci dà la sua versione dei fatti, che narra la storia d’Irlanda invecchiandosi un poco rispetto a Denis Donaldson in modo da portare sulla scena anche il padre, il vecchio combattente che aveva già preso parte alla guerra in Spagna e che non si era mai saputo rassegnare alla perdita delle sei contee del Nord rimaste sotto l’odiato governo britannico.

Nella sua confessione Donaldson non rivelò perché fosse diventato un informatore, disse solo che era stato reclutato dall’MI5 in un momento della sua vita in cui era molto vulnerabile.
E Chalandon immagina un possibile ricatto nei giorni di fuoco di quelli che solo gli inglesi, con un eufemismo di tipico understatement, potevano chiamare “the troubles”, i guai.

Quando Belfast era spaccata in due, l’area abitata dai protestanti e quella dei cattolici, con le barricate per le strade, gli incendi e le bombe, i carri armati e gli arresti, i morti e il tricolore della Repubblica che sventolava sfrontatamente, un’offesa per i lealisti.
Tyrone Meehan aveva tenuto in mano una pistola a quattordici anni, a diciassette era entrato nelle fila dei Fianna e aveva conosciuto quasi subito la prigione.
Dentro e fuori dal carcere, mentre diventava uno dei leader, un eroe. Il peggio sarebbero stati gli anni nella famigerata prigione di Long Kesh, dove i detenuti, reclamando il diritto di essere riconosciuti come prigionieri politici, rifiutarono la divisa carceraria coprendo la nudità con una coperta (e fu ""la protesta delle coperte"").
Sono pagine tremende, quelle in cui Tyrone Meehan ricorda la bestialità a cui i prigionieri si erano ridotti, defecando nelle mani e lordando le pareti delle celle (e fu ""la protesta sozza"").
Senza che Margaret Thatcher cedesse.
Altre pagine tremende quando, nel 1981, iniziò lo sciopero della fame e, come in una litania, scorrono i nomi dei morti (Bobby Sands è il più famoso), la loro età, i giorni di sciopero.

Tyrone alterna il racconto del passato con quello del presente, fissato dal racconto nel 2006, quando ritorna nel Donegal, nel cottage di suo padre a Killybegs.
È un uomo finito, il tradimento è stato scoperto, lui beve aspettando la morte.
Non fa nulla per nascondersi, sa che arriveranno prima o poi.
Dentro di sé sa anche che è quello che si merita.
Ho pensato al libro di Amos Oz, Giuda, leggendo Chiederò perdono ai sogni.
Sia Oz sia Chalandon cercano di capire cosa ci sia dietro al tradimento e si chiedono se questo possa essere interpretato come un male necessario per il conseguimento di un altro, più nobile fine.
Giuda si è impiccato.
Il tormento di Tyrone Meehan è percepibile in ogni pagina.
Se deve cedere, se deve tradire, che almeno gli sia concesso di non dover fare nomi, perché il suo tradimento possa salvare delle vite, possa disinnescare le bombe, possa cambiare il corso della Storia.
E quando la realtà lo investe, ne viene annientato.

Sorj Chalandon riesce nel difficile compito di farci empatizzare con il suo protagonista senza giustificarlo. Non lo giustifica e neppure lo giudica.
In questo libro di una bellezza terribile (come quella di cui parla Yeats) Chalandon vuole dirci che chi vive in tempi terribili può essere, suo malgrado, costretto a fare cose terribili.

Recensione di Marilia Piccone


Sorj Chalandon - Chiederò perdono ai sogni
Tit.or. Retour à Killybegs, trad. Silvia Turato,
pagg. 286, Euro 16,50, Ed. Keller 
ISBN  9788889767665


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