Le recensioni di Wuz.it

Numero zero, il nuovo romanzo di Umberto Eco

Ogni effetto ha la sua causa, almeno dicono. Scartiamo il miracolo, non vedo perché Dio debba preoccuparsi della mia doccia, mica è il mar Rosso. Dunque, a effetto naturale, causa naturale. Ieri sera, prima di coricarmi, ho preso uno Stilnox con un bicchier d’acqua. E dunque l’acqua sino a quel momento c’era ancora. Stamattina non c’era più. Dunque, caro Watson, la manopola è stata chiusa durante la notte — e non da te.

È la negazione della professione giornalistica, ma anche la parodia, un po’ grottesca, di quello che è poi realmente avvenuto in molti giornali “di regime” italiani durante la cosiddetta Seconda Repubblica.
Umberto Eco ritorna al romanzo, occupandosi degli argomenti che gli sono più cari: complotti, dietrologie e falsi miti, stavolta riguardanti la storia recente italiana, logge segrete, piani oscuri dei servizi deviati e controstorie mai raccontate.
Il suo protagonista, però, non è un fine pensatore, come Guglielmo da Baskerville de Il nome della rosa, né un furbo falsario, come Simone Simonini de Il cimitero di Praga.
Colonna è invece un giornalista da quattro soldi, uno scribacchino fallito, come ama definirsi egli stesso; un uomo che, alle soglie dei cinquant’anni, dopo aver abbandonato gli studi, aver scritto per giornali locali, rivisto centinaia di bozze e fatto il ghost writer per scrittori peggiori di lui, riceve la proposta che forse può cambiargli la vita.

Siamo nel 1992 e Milano, insieme ai suoi apparati di potere, sta per essere travolta dall’inchiesta Mani Pulite.
Un noto imprenditore locale, proprietario di qualche emittente privata e di riviste scandalistiche, oltre che di numerose cliniche private sulla costiera romagnola, il Commendatore Vimercate, decide di finanziare una nuova testata giornalistica, il Domani, e di mettere insieme una redazione molto particolare. Il direttore è il machiavellico dottor Simmei, gli altri cinque redattori sono tutti rinomati fannulloni, rottamati da riviste di poco conto, che fino a quel momento si sono occupati principalmente di oroscopi, enigmistica e affari di cuore. Colonna è l’unico ad avere un ruolo di rilievo, il capo redattore, ed è anche l’unico a conoscere le reali intenzioni dell’editore. Il Domani non è un giornale qualunque, che si occupa degli argomenti avvenuti il giorno prima ma, come dice il nome stesso, è un giornale che parla del domani, del giorno dopo la pubblicazione, che quindi ipotizza, suggerisce, allude a fatti che non sono ancora successi ma che potrebbero succedere e coinvolgere personaggi illustri.
Uno strumento molto potente, insomma, in grado di condizionare e indirizzare il comportamento di molte persone. Su questo nuovo mestiere di giornalista, che deve saper prevedere e suscitare reazioni, creare notizie dal nulla e affossare verità conclamate, il direttore basa le sue quotidiane lezioni durante le riunioni di redazione, offrendo a tutti i suoi giovani collaboratori le “armi” del mestiere. In realtà il Domani è un giornale destinato a non uscire mai, e tutti lavorano soltanto al “Numero Zero”, una prova generale di quello che il giornale potrebbe diventare: uno strumento di ricatto infallibile e ben affilato.

Ma quello ideato dal Commendatore è un gioco pericoloso che non tiene conto della presenza, all’interno della redazione, di un personaggio che del complotto ha fatto la sua ragione di vita.
Romano Braggadocio, esperto di scandali con la fissa per Mussolini, tra un incarico e l’altro sta ricostruendo uno dei misteri più intriganti d’Italia: la reale sorte del Duce alla fine della Seconda guerra mondiale.
Braggadocio, infatti, conduce da anni un'inchiesta che lo porta nei luoghi più oscuri e malfamati di Milano e che riguarda Gladio, la P2, l'assassinio di papa Luciani, il colpo di stato di Junio Valerio Borghese, la Cia e chissà cos’altro.
Il Colonna verrà messo a parte dei suoi progetti, e sarà il primo a trovarsi in pericolo quando la vicenda prenderà un’inevitabile piega noir.
Prosegue sul filone della “paranoia del complotto” questa nuova, sorprendente opera di Umberto Eco che, ancora una volta, mentre porta alla luce gli aspetti più oscuri e gotici di Milano, propone un’inedita chiave di lettura dei fatti che hanno caratterizzato la storia d’Italia negli ultimi cinquant’anni.
Si potrebbe credere che Numero zero sia solo un romanzo, ma quando si tratta del maestro di Alessandria, davvero i confini del genere perdono ogni consistenza e tutto può essere letto come una gigantesca metafora.



Recensione di Annalisa




Umberto Eco
- Numero zero
218 p., 17 euro - Bompiani
ISBN 9788845278518


Numero zero
Numero zero Di Umberto Eco;

Una redazione raccogliticcia che prepara un quotidiano destinato, più che all'informazione, al ricatto, alla macchina del fango, a bassi servizi per il suo editore. Un redattore paranoico che, aggirandosi per una Milano allucinata (o allucinato per una Milano normale), ricostruisce la storia di cinquant'anni sullo sfondo di un piano sulfureo costruito intorno al cadavere putrefatto di uno pseudo Mussolini. E nell'ombra Gladio, la P2, l'assassinio di papa Luciani, il colpo di stato di Junio Valerio Borghese, la Cia, i terroristi rossi manovrati dagli uffici affari riservati, vent'anni di stragi e di depistaggi, un insieme di fatti inspiegabili che paiono inventati sino a che una trasmissione della BBC non prova che sono veri, o almeno che sono ormai confessati dai loro autori. E poi un cadavere che entra in scena all'improvviso nella più stretta e malfamata via di Milano. Un'esile storia d'amore tra due protagonisti perdenti per natura, un ghost writer fallito e una ragazza inquietante che per aiutare la famiglia ha abbandonato l'università e si è specializzata nel gossip su affettuose amicizie, ma ancora piange sul secondo movimento della Settima di Beethoven. Un perfetto manuale per il cattivo giornalismo che il lettore via via non sa se inventato o semplicemente ripreso dal vivo. Una storia che si svolge nel 1992 in cui si prefigurano tanti misteri e follie del ventennio successivo, proprio mentre i due protagonisti pensano che l'incubo sia finito.

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