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L’istinto di narrare. Come le storie ci hanno reso umani - Jonathan Gottschall 

L’imperativo umano a produrre e consumare storie è qualcosa di ancor più profondo della letteratura, dei sogni e delle fantasie. Siamo inzuppati di storie fino alle ossa.

Questo è un libro affascinante. Affascinante, brillante e necessario.
Chi lo scrive è Jonathan Gottschall, giovane professore statunitense magistralmente capace di toccare il punto.
Gottschall si pone una domanda fondamentale: che cosa ci rende umani?
La risposta è semplice, quasi banale. Eppure potentissima.
Non la morale, non la religione, non la psicoanalisi, non la scienza: le storie ci definiscono come uomini e concorrono a costruire e plasmare ciò in cui ci riconosciamo.
Ma attenzione a non lasciarsi ingannare dall’accezione comune e un po’ infantile della parola ""storie"", perché ""la nostra immersione nelle storie va ben oltre i sogni e le fantasie, o le canzoni, i romanzi e i film. Nella vita umana è molto, molto di più, a essere pienamente contaminato dalla finzione. […] L’imperativo umano a produrre e consumare storie è qualcosa di ancor più profondo della letteratura, dei sogni e delle fantasie. Siamo inzuppati di storie fino alle ossa"".

L’autore ci prende per mano, e ci conduce in una riflessione mai noiosa eppure documentatissima, sorprendente e scorrevole, col sigillo (per fortuna!) del vero talento del narratore. Tutto ciò che Gottschall scrive ci tocca profondamente: in questo libro, che non parla di libri ma di storie, vengono toccati e trattati con competenza e curiositas temi immensi, finché tutto, inaspettatamente, si ricompone.

Le storie di tutti noi, collocati in un’ evanescente (ma presentissima) isola che non c’è, vengono dotate di senso e lette come necessarie: l’uomo è un animale narrante, scrive Gottschall, e questo gli ha consentito di elaborare una grammatica universale condivisa.

Per dirla altrimenti: le nostre storie sono il frutto di una mente narrante, allergica all’incertezza, alla casualità, alle coincidenze.
Siamo assuefatti ai significati, e quando non li troviamo nella realtà, cerchiamo freneticamente di imporli alla realtà stessa.
I miti religiosi, quelli nazionali, quelli politici sono collanti sociali.

Attraverso geniali intuizioni e una rigorosa documentazione scientifica, l’autore ci spiega (bene) perché le storie sono profondamente morali: ""al di sotto di tutto ciò che di perturbatore vi brilla in superficie, [la storia] tende a predicare, e i suoi sermoni sono in genere piuttosto convenzionali. Le storie fanno funzionare meglio la società perché ci spronano a comportarci eticamente. Come i miti sacri, anche le storie comuni (dalle serie tv alle fiabe) imbevono tutti noi delle stesse norme e degli stessi valori"".
Creazione di storie come creazione di senso: ""le storie sono il centro senza il quale il resto non potrebbe stare insieme"".

Gottschall continua, e ci fa discendere in un turbine incalzante e profondamente significativo: le storie – tutte le storie – sono la prima forza di condizionamento degli individui e della società.
Ci plasmano, ci fanno scegliere cosa sia eticamente giusto e cosa sia disprezzabile. Ci formano, e creano l’ordine necessario per non soccombere all’insensatezza del mondo. Addirittura, sono frutto indispensabile dell’evoluzione: creano la società giusta, e cambiano la Storia (chi non ricorda la tremenda passione di Hitler per le opere antisemite di Wagner? O, viceversa, l’impatto che ebbero La capanna dello zio Tom e Radici nella battaglia contro il segregazionismo?).

L’incanto in cui ci proietta l’autore ha solide radici: esplora la letteratura, la biologia, le neuroscienze, i miti religiosi, la psicologia, la morale e addirittura la politica, conferendo respiro universale alle sue pagine.
La prima sensazione che si affaccia insistentemente quando si termina il libro è la volontà di dar ragione al giovane professore :""la finzione narrativa, come la cocaina, è una droga"".
Vorremmo saperne ancora, esplorare nuovamente, accompagnati dall’amichevole narrare di Gottschall, l’universo meraviglioso e familiare della nostra memoria collettiva.

E capiamo che bisogna andare oltre l’immediata sensazione: Gottschall ha ragione quando dice che certe storie ci accompagnano nella buona e nella cattiva sorte, che ci formano, che ci consolano e che ci prestano un po’ di realtà (in fondo, forse, aveva ragione Aristotele), che non bisogna aver paura che la narrazione scompaia, perché le storie sono costitutive dell’uomo, in qualsiasi forma, dall’oralità al libro al tablet. È vero, il modo di narrare sta cambiando, e anche se ""il futuro non è più quello di una volta"", Gottschall ci rassicura: le storie creano la società giusta, e continueranno a farlo. Continueranno ad abituarci ad un mondo in cui le avversità si superano, in cui i virtuosi vengono premiati e i malvagi vengono puniti, in cui ogni cosa è dotata di senso.
D’altra parte, anche Tolstoj lo diceva: tutte le idee che hanno conseguenze sono idee semplici.
Sovviene quella stupefatta – e così naturale – dichiarazione dell’indimenticabile prof. John Keating, il maestro di tutti i maestri narratori: ""qualsiasi cosa si dica in giro, parole e idee possono cambiare il mondo.""
Le storie ci salvano la vita, come in fondo hanno sempre fatto.
Parola di Jonathan Gottschall.


Recensione di Martina Gambarotta

Jonathan Gottschall - L'istinto di narrare. Come le storie ci hanno resi umani
Tit.or. The storytelling animal. How stories make us human, trad. Giuliana Oliviero
256 pag., 22 euro - Bollati Boringhieri
ISBN 9788833924670                                                                          


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