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Selfie: il primo è datato 1353a.C. Lo scrive James Hall in L'autoritratto. Una storia culturale


Oggi, in ogni parte del mondo, ci sono artisti che sull'autoritratto plasmano tutta la loro carriera. È invalsa l'abitudine di introdurre con un autoritratto le mostre di maestri antichi e moderni; oppure, nel caso di artisti che ne hanno realizzato più d'uno, con un'intera stanza di autoritratti, come se fossero i loro primi dipinti. Agli autoritratti di Rembrandt, Reynolds, Courbet e Munch sono state dedicate intere mostre. E se per caso un artista non ne ha realizzato neanche uno, o non ne ha realizzato un numero sufficiente, interviene a colmare la lacuna l'analisi freudiana. Troviamo allora autoritratti inconsapevoli, mascherati, dissimulati: la Monna Lisa sarebbe Leonardo travestito. L'autoritratto è il magico quinto elemento, primo tra eguali insieme ai quattro generi tradizionali: le storie, i ritratti, i paesaggi e le nature morte. A seconda delle opinioni, l'autoritratto è simbolo ispiratore di libertà artistica o sintomo di ciò che è stato qualificato come ""cultura del narcisismo"". Pochi rimangono indifferenti agli autoritratti, e a tutto ciò che si sostiene sul loro conto.


Ecco un libro davvero straordinario.
Ecco perché vale ancora la pena comprare libri.
Ecco la prova che nulla può sostituire l'analisi e lo studio di un critico ed esperto appassionato come James Hall.
In queste meravigliose pagine l'autore traccia una storia dell'umanità (e dell'arte) in uno dei suoi aspetti più antichi, innati, istintivi: l'egocentrismo, l'autoreferenzialità e il desiderio di apparire ed essere ricordati. Quello che Hall definisce ""cultura del narcisismo"".



""Non c'è autoritratto più divertente di quello del 1136 che raffigura Hildebertus che getta una spugna contro un topo che gli ruba il pranzo"".


Ora lo chiamiamo spesso, con un termine francamente spiacevole, selfie (da self-portrait), ma in passato si definiva sempre autoritratto (quando non v'era altro modo di ritrarre se stessi se non con un pennello o uno scalpello) o autoscatto, quando arrivò l'immagine fotografica.
Certo il selfie è un insieme più piccolo all'interno del grande insieme dell'autoritratto, che ancora oggi (anzi, oggi più che mai) è al centro della produzione di molti artisti.
""L'autoritratto è diventato il genere artistico che contraddistingue la nostra epoca incline alle confessioni - scrive Hall - l'innumerevole quantità di autoritratti contemporanei è impressionante"".


La più sorprendente immagine di ""diletto giovane"" è l'Autoritratto in uno specchio convesso (c.1524) del Parmigianino.
L'artista ventenne portò con sé il dipinto a Roma nel 1524 come dono e biglietto da visita per il nuovo papa Medici Clemente VII, che aveva allora quarantasei anni. È un sogno d'amore platonico di mezza età.


La storia dell'autoritratto è legata - parzialmente - a quella dello specchio, ed è stato considerato nell'antichità una forma di espressione di sé non percorsa se non casualmente e sporadicamente.
""L'antichità ci ha trasmesso qualche autoritratto ma non ci offre alcun punto di partenza per una compiuta storia dell'arte dell'autoritratto. Per la quale dobbiamo ora rivolgerci al Medioevo"".
E dal Medioevo parte l'excursus affascinante di Hall. ""Non c'è autoritratto più divertente di quello del 1136 che raffigura Hildebertus che getta una spugna contro un topo che gli ruba il pranzo"".



C'è un legame con Michelangelo in questo Autoritratto come un bue di Thomas Patch (1768-69) con l'iscrizione biblica ""Chi si umilia sarà esaltato"", Luca 14, II


Impossibile, ovviamente, ripercorrere qui tutte le tappe di questo percorso cronologico, che passa attraverso i secoli toccando sommi artisti  - come Jan van Eyck, Mantegna, Dürer, Michelangelo, Raffaello, Caravaggio, Tiziano, Jan Vermeer, Rembrandt, Goya, van Gogh, Munch, Schiele, Magritte, Frida Kahlo, WArhol, Gilbert & George -, ma anche molti meno noti ma particolarmente importanti per l'analisi del critico (uno per tutti? Autoritratto come bue, acquaforte di Thomas Patch del 1768-69).
Già solo citando questi pittori è evidente come il discorso vada di pari passo con il ruolo dell'arte e dell'artista nella società, l'iconologia e la semiologia dell'opera, l'evoluzione dell'immagine che l'artista ha di sé rispetto al mondo esterno e lo sviluppo tecnologico.


Complessa e molto interessante la lettura di Hall dell'autoritratto Le due Frida di Frida Kahlo (1939), dipinto all'epoca del divorzio, ""che mostra due versioni speculari dell'artista, seduta su una panca con alle spalle un fondale tempestoso. Una indossa abiti messicani, l'altra europei. Evidentemente Rivera preferiva la Frida 'messicana', che tiene in mano il suo ritratto in miniatura.""


Particolarmente significativo che l'opera che rappresenta in copertina tutte le altre (il volume è ricco di tavole e illustrazioni) sia l'autoritratto di Artemisia Gentileschi, una donna. È la più decisa affermazione del genio artistico che sia mai stata dipinta, scrive Hall.

di Giulia Mozzato


James Hall - L'autoritratto. Una storia culturale
Titolo originale: The Self-Portrait. A Cultural History
Traduzione di Alvise La Rocca
288 pag., ill., 28,00 € - Edizioni Einaudi 2014 (Saggi 941)
ISBN 978-88-06-21975-8




Uno dei più squisiti ritratti di ""artista all'opera"" fu dipinto da Artemisia Gentileschi (c.1638-39) Autoritratto come allegoria della pittura.
""È la più decisa affermazione del genio artistico che sia mai stata dipinta. È basata in parte sulla descrizione della Pittura nel trattato di cesare Ripa Iconologia.""

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L' autoritratto. Una storia culturale

L'autoritratto è il genere artistico che meglio di altri contraddistingue la nostra epoca; ma gli artisti moderni sono ben lontani dall'averne esaurito forza e potenzialità. Questo libro offre un'ampia panoramica storico-culturale dell'autoritratto a partire dall'antico mito di Narciso e dai cosiddetti "autoritratti di Cristo" fino al proliferare di autoritratti di artisti contemporanei. In questo racconto James Hall dimostra come l'atto di ritrarsi faccia parte di una tradizione lunga secoli, e molti sono gli aspetti che l'autore prende in considerazione: l'importanza dell'"ossessione per gli specchi" in epoca medievale; il diffondersi del genere durante il Rinascimento; l'intensità degli autoritratti-confessione di Tiziano e Michelangelo; gli autoritratti comico-caricaturali e quelli "inventati" o immaginari; la mistica dello studio d'artista da Vermeer a Velàzquez; il ruolo svolto dalla biografia e dalla geografia nei ritratti seriali di Courbet e van Gogh; la tematica sessuale e la figura del genio nelle opere di Munch, Bonnard e Modersohn-Becker; le identità multiple di artisti quali Ensor e Cahun; fino a toccare gli ultimi sviluppi del genere nell'era della globalizzazione. Lungo tutto il libro, Hall non smette mai di interrogarsi sui motivi che inducono gli artisti alla pratica dell'autoritratto, e trova risposte scavando nel loro mondo e nella loro mentalità.

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