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Ave Mary. E la Chiesa inventò la donna di Michela Murgia

""Il processo di riappropriazione della propria complessità per le donne deve passare attraverso la costruzione di un sano immaginario del limite. È una questione di sopravvivenza, e non solo in rapporto a se stesse, perché la donna rappresentata da Maria offre anche all'uomo un modello inaccessibile e frustrante con cui rapportarsi. Impossibile da possedere, intangibile al tempo e alla sua consunzione, la donna-santuario resta un mistero davanti al quale o ci si inginocchia o si bestemmia.""

Non bisogna sbagliare. Per presentare questo libro è necessario scegliere le giuste parole, il tono più corretto, lo sguardo meno partigiano.
Come per prima ha fatto Michela Murgia nelle sue pagine.
Innanzitutto ricordiamo che parliamo di una scrittrice cattolica, che ha studiato teologia, che è stata animatrice in Azione cattolica e che si definisce credente.
Dunque la sua visione dei fatti non si presta a una lettura né atea né particolarmente laicista.
È una donna, certo, e questo potrebbe essere usato contro di lei...


Nasce da un convegno organizzato in Sardegna - ma è solo l'inizio di un approfondito studio - questa riflessione ampia sulla figura della donna nella religione cristiana e cattolica e più in generale nella società, oggi come ieri.
Sì, come ieri, perché ancora siamo ben lungi dall'avere una rappresentazione paritaria dell'uomo e della donna, una situazione che non conduca le donne ad ""assumersi nel tempo carichi di dolore, sforzo e responsabilità relazionale sempre più gravosi"".
Per dimostrarlo (e per comprenderne le origini), la Murgia ci conduce in un viaggio attraverso le parole delle sacre scritture come delle pubblicità-progresso ministeriali, tra le pagine di cronaca dei giornali e dell'apologeta eretico Tertulliano, nelle pieghe della religiosità popolare e tra gli attrezzi ginnici e la chirurgia estetica.


C'è una logica in tutto questo?
Certo, eccome, ed è quella che vuole la donna poco protagonista e molto succube, oltre che colpevole, nella vita e nella morte.
Proprio dalla morte parte la sua riflessione. Se le donne sono omesse dallo spazio pubblico di rappresentazione della morte e della sofferenza, se non in qualità di vittime, è ben chiaro invece che ""la colpa della mortalità dell'essere umano, insieme a tutta la condizione di fatica e limite propria all'esistenza è di Eva, archetipo primo del genere femminile"".
Con Maria e Gesù ""si chiude il cerchio aperto dalla disobbedienza di Eva e di Adamo nel paradiso terrestre"", ma ancora una volta è la morte maschile ad essere lo strumento salvifico, mentre per i fedeli ""la madre di Gesù non è mai morta"". La figura di Maria e l'evoluzione che ha avuto tra teologia ufficiale e religiosità popolare, fa da filo conduttore a un discorso che però si rivela molto più ampio.


La morte della Vergine Maria. Per i fedeli ""la madre di Gesù non è mai morta"".

""Nella prassi pastorale, sebbene nessuno abbia mai smentito che Gesù dovesse essere presentato come riferimento imitativo maschile e femminile, Maria (o meglio, una specifica rappresentazione di Maria) è stata sempre e solo il riferimento delle donne. Non c'è quindi niente di anomalo nel fatto che abbia finito per diventare il modello preferenziale, riproducibile in alcune precise declinazioni, tra le quali quella della Mater Dolorosa è senza dubbio una delle più efficaci.""

La condanna dell'uomo è il lavoro, la fatica, il sudore, quella della donna è ben più grave: il dolore, in particolare partorire con dolore. E la donna che non partorisce nella sua vita? vive sulla terra ""come una specie di latitante"". Non parliamo poi del dibattito teologico nato sul tema del parto indolore quando si iniziò a praticarlo...
L'analisi di Michela Murgia è tutt'altro che acritica. Sottolinea invece tutte le incongruenze, gli errori, i giochi politici e teologici maschilisti della Chiesa cattolica che hanno perpetuato nei secoli una visione della donna che tutte noi, indipendentemente dal nostro credo religioso, ci portiamo addosso.


""Per la Madre dei poveri di Calcutta l'esistenza delle donne è ordinata a due soli scopi ineludibili: 'È questo il destino di noi donne, per questo siamo state create: per essere il cuore del focolare o il cuore della madre Chiesa'. Dove mai Giovanni Paolo II avrebbe trovato una sintesi più efficace per spiegare il nocciolo della Mulieris Dignitatem, e una incarnazione del concetto di ""genio femminile"" più credibile e disinteressata di madre Teresa? Nella piccola suora di Calcutta c'era già tutto: era la prova provata che nell'ordine naturale del mondo le donne sono il cuore che serve e gli uomini la testa che ordina.""

Tra i casi che la Murgia riporta nel suo libro, che analizza e che ci offre con intelligenza, c'è quello esemplare della canonizzazione di Gianna Beretta Molla, certamente donna di grande umanità, che a 39 anni, con tre figli da accudire e un marito amato, decide di morire per dare alla luce la quarta figlia. Un caso che la porta a scrivere che ""tutte le madri cattoliche che si trovassero nella terribile condizione di dover scegliere tra l'aver cura della propria vita o preservare quella in arrivo, se decidessero di sopravvivere non farebbero male, ma se scegliessero di morire farebbero meglio"". L'altra faccia di questa medaglia è l'anziana Madre Teresa di Calcutta, ""devotamente contemplativa dello sposo divino e maternamente caritatevole verso i suoi figli mondani. Entrambi i modelli sono consacrativi (vocazione materna e vocazione alla vita religiosa) e hanno il pregio impagabile di non chiedere alla Chiesa spazi diversi da quelli di servizio [...] Nel calendario dei santi non c'è invece traccia delle moltissime donne che, come i santi e beati maschi, hanno dato la propria testimonianza di fede in spazi di vita politica, sociale, scientifica, professionale o comunque fuori dal limitato spettro di possibilità della sposa/madre/suora"".


Tra la proclamazione del dogma dell'Immacolata Concezione nel 1854 e quello dell'Assunzione di Maria Vergine al cielo nel 1950, si colloca la raffica di santificazioni di donne ""morte di verginità"", come Maria Goretti e Antonia Mesina. Un procedimento progressivo di verginizzazione del modello femminile di santità, parallelo al restyling dell'iconografia mariana. Ma contemporaneamente ""l'instaurazione del modello estetico angelicato di Maria aveva strappato definitivamente la ragazza d'Israele dal mondo aspirazionale delle donne normali, privandole dell'unico modello spirituale a cui fino a quel momento, pur con i loro limiti, avevano potuto guardare per cercarsi"". La rappresentazione stessa della Madonna era mutata: con il capo velato e le mani giunte o allargate, ma che in ogni caso non abbracciano più il proprio bambino.
Alle donne oggi è richiesto anche di restare eternamente giovani e belle, o di diventarlo.
Straordinaria la pagina in cui in sintesi Michela Murgia analizza l'immagine dell'anziano nelle pubblicità: l'uomo positivo e paterno, la donna negativa, maligna e fisicamente menomata.
Ma le radici di questo pensiero vanno ricercate anche nella Chiesa, dove se per le gerarchie ecclesiastiche l'anzianità è sinonimo di saggezza, ""nessuna donna avverte per se stessa la possibilità di invecchiare ispirando autorevolezza"". E l'immagine di Maria, perennemente giovane e bella, è la prima icona che trasmette l'idea che la donna così debba essere.


Rembrandt, 1666 - Ritorno del figliol prodigo - San Pietroburgo, Museo dell'Ermitage
La parabola della dramma perduta ha il medesimo significato di quella del figliol prodigo ma è sparita dalla predicazione e dalla rappresentazione. Perché?
Molto interessanti anche le pagine che riguardano il dogma dell'Immacolata Concezione, quasi universalmente considerato (anche da illustri protagonisti della vita culturale e politica italiana come Pannella, Ferrara e Sgarbi) qualcosa che abbia a che fare con la verginità della Madonna o persino di Sant'Anna.
E illuminanti quelle che ci raccontano come la Madre di Cristo sia la donna del sì, di un supremamente libero e anticonformista che tuttavia è stato presentato ""come la sublimazione spirituale di tutti i pretesi dalle donne credenti, e non importa che questi consensi fossero assai meno liberi di quello della ragazza di Nazareth"".
Il al matrimonio come a tutti i rapporti sessuali che desidera lo sposo, alle gravidanze (sempre) e i di obbedienza al padre, al fratello, al marito, al prete.
""Attraverso la distorta rappresentazione del di Maria la Chiesa ha dato a intendere alle moglie e alle figlie che il loro dissenso [...] fosse in contraddizione con il progetto di salvezza di Dio per il mondo"".
Così come la donna deve dire no quando il suo consenso semplicemente non è previsto.
Se le donne sovvertono queste regole, dicendo no e in modo inaspettato e autonomo, specie se parliamo di scelte che riguardano il loro corpo e la loro vita, possono aspettarsi solo riprovazione sociale e punizioni.


Ave Mary ci fa scoprire dunque molti aspetti meno immediati ed evidenti della figura di Maria, e parallelamente ci fa comprendere meglio la collocazione della donna nel contesto sociale occidentale.
""Non c'è niente come la Scrittura per rivelarci quanto sia falsa l'idea di Maria che vogliono darci a bere come docile e mansueta, stampino perfetto di tutte le donnine per bene.""
Chiudiamo con una domanda: perché sappiamo tutto delle parabole del figlio prodigo, della pecorella smarrita e nulla della dramma perduta? Forse perché il potenziale sovversivo di un Dio rappresentato come una casalinga disperata - così come la figura di Maria ragazza libera e coraggiosa - oltre che una donna sola, senza padre, marito o figli, era tollerabile solo all'epoca in cui Gesù l'ha pronunciata. E c'è di che riflettere.


La Madonna dei pellegrini, Caravaggio 1604-1606 - Chiesa di Sant'Agostino in Roma - a destra: Madonna di Lourdes
""Si imparano molte cose sull'evoluzione della teologia mariana mettendo a confronto la matronale femminilità di quelle rappresentazioni con l'esangue Madonna di Lourdes del 1858, assai più simile nell'aspetto a una stilizzazione artistica che a una donna normale a cui si possa aspirare di somigliare
.""


Michela Murgia - Ave Mary
. E la Chiesa inventò la donna
159 pag., 16,00 € - Edizioni Einaudi 2011 (Einaudi Stile Libero Big)
ISBN 978-88-06-20134-0



L'autrice



25 maggio 2011 Di Giulia Mozzato

Ave Mary. E la chiesa inventò la donna

La chiesa è ancora oggi, in Italia, il fattore decisivo nella costruzione dell'immagine della donna. Partendo sempre da casi concreti, citando parabole del Vangelo e pubblicità televisive, icone sacre e icone fashion, encicliche e titoli di giornali femminili, questo libro dimostra che la formazione cattolica di base continua a legittimare la gerarchia tra i sessi, anche in ambiti apparentemente distanti dalla matrice religiosa. Anche tra chi credente non è. Con la consapevolezza delle antiche ferite femminili e la competenza della persona di fede, ma senza mai pretendere di dare facili risposte, Michela Murgia riesce nell'impresa di svelare la trama invisibile che ci lega, credenti e non credenti, nella stessa mistificazione dei rapporti tra uomo e donna.

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