Le recensioni di Wuz.it

Cuore di ghiaccio di Almudena Grandes

""Pensai all’ordine e al caos, al passato e al futuro, pensai a Teresa, pensai a Raquel. Che sfortuna, nonna, che sfortuna, Álvaro, che sfortuna, amore mio, che sfortuna abbiamo avuto, che sfortuna continuiamo ad avere, che sfortuna avremo sempre. Come si fa a cominciare una nuova vita in questo modo, come si fa ad accettarlo? Non saremo mai soli, tu e io non potremo mai vivere insieme e soli, perché ci sarà sempre troppa gente attorno, vivi e morti, con te e con me, e verranno a letto con noi, si alzeranno con noi, mangeranno, berranno, cammineranno con noi.""

Quando terminiamo di leggere un romanzo ci viene spontaneo cercare un aggettivo che lo racchiuda. Può essere un generico ‘bello’, o ‘discreto’, o ‘carino’ se è qualcosa di non impegnativo, per restare in un giudizio più o meno positivo. Cuore di ghiaccio, l’ultimo romanzo di Almudena Grandes, è appassionante e appassionato. E risveglia le nostre passioni. Non potrebbe essere altrimenti, con un titolo che deriva dal poeta Antonio Machado: “Difenditi dalle domande, dalle risposte e dalle loro ragioni, o una delle due Spagne ti gelerà il cuore. Il mio cuore era di ghiaccio, e bruciava.”
1936, 1939, 1975: sono queste le date fondamentali della storia di Spagna del secolo trascorso. L’inizio e la fine della più crudele delle guerre, quella fratricida che mette alla prova - più di ogni altra - i valori della dignità e della lealtà umana, e la morte del Generalissimo Franco- evento che rallegrò i perdenti di quarant’anni prima e allarmò i sostenitori della dittatura, i profittatori, i ladri, i delatori, gli assassini, che temevano una resa dei conti.

Il romanzo di Almudena Grandes inizia nel 2005, con il funerale di Julio Carrión González, 83 anni. Nel piccolo cimitero di Torrelodones (il paese originario di don Julio) c’è tutta la bella famiglia del defunto: la moglie, i cinque figli (tutti, tranne uno, sono molto biondi, alti, dall’aspetto poco spagnolo come la loro madre) con i mariti e le mogli e i bambini. Ci sono gli anziani abitanti del paese. E c’è una donna giovane, bruna, molto bella, che fa un’apparizione fugace che nessuno nota tranne Álvaro Carrión Otero, l’unico dei figli che assomigliasse fisicamente al padre. E così, quando Álvaro si reca ad un appuntamento in banca per decidere su dei fondi investiti dal padre, è l’unico in grado di riconoscere la sconosciuta nel consulente finanziario che aveva usato solo il cognome, Fernández Perea, per convocare qualcuno della famiglia. Che cosa vuole l’affascinante Raquel che dice di essere stata l’amante del padre? Sono necessarie mille pagine per saperlo - perché è chiaro, a questo punto, che le due famiglie, dei Carrión e dei Fernández, diventano emblematiche delle due Spagne e dei suoi due colori, il rosso e il nero. E che il presente si spiega solo con il passato. E che, per quanto ci si sforzi di dimenticare, il passato non passa mai. E infine che - come viene spesso ripetuto nel libro - le storie spagnole vanno sempre a finire male.

Prima di finire male, però, sono appassionanti le storie di queste due famiglie e dei loro amici, tanto quanto la rovente storia d’amore che, piuttosto prevedibilmente, divampa tra Álvaro e Raquel. E sarebbe più facile parlare di questa che di quelle - aggrovigliate, grondanti sangue e lacrime, colme di amore e di odio, di atti di generosità estrema e di tradimenti abietti. Storie che parlano di assedi e di fame (splendida la ricetta delle pernici evacuate - uguale a quella delle pernici stufate ma senza pernici), di arresti e fucilazioni, di nascondigli e fughe, della División Azul e del freddo in Russia, di campi d’internamento e di esilio, di brindisi che (proprio come facevano gli ebrei della diaspora) augurano ‘l’anno prossimo in patria’, e poi, soprattutto di tradimenti. Ad ogni livello, da parte delle grandi potenze, degli ideali, degli amici. E non si sa quale raggeli di più il cuore.

I capitoli si alternano, in Cuore di ghiaccio, tra un presente narrato in prima persona da Álvaro e un passato in terza persona che pare quasi una voce corale, ricca com’è di interventi diversi, di narrazioni ripetute, molto spesso con le stesse parole, a trasformarsi in leggenda. Perché niente venga dimenticato, anche se l’Ignacio Fernández nato in esilio, dopo i raduni famigliari, canta in tono blasfemo ‘ne abbiamo piene le palle’ - della guerra civile, dei morti, delle eterne vedove, delle tragedie. E allora le parti degli altri capitoli - quelli raccontati da Álvaro che indugiano su dei corpi gloriosamente sani e sfiniti dall’amore - sono un bel controcanto, un breve intervallo in una storia che finirà male.

Questo non era certo un romanzo che Almudena Grandes potesse scrivere agli inizi della sua carriera letteraria, quando (era il 1989) diventò famosa con Le età di Lulù. Per l’ampiezza del materiale trattato, la profondità di sguardo, il duplice registro narrativo, la varietà di voci e la molteplicità di personaggi. Tutti vivissimi. Perché Cuore di ghiaccio è uno di quei libri che non finiscono con l’ultima pagina. Che continuano a parlarci con le voci dei protagonisti, che conosciamo come fossero nostri amici di sempre.

Titolo originale: El corazón helado
Traduzione di Roberta Bovaia

Leggi l'intervista all'autrice su questo romanzo


© Scarabottolo

Le prime pagine


Le donne non portavano calze. Le ginocchia grosse, sporgenti, carnose, sottolineate dall'elastico dei gambaletti, spuntavano a tratti da sotto l'orlo degli abiti, che non erano abiti ma piuttosto fodere di tela leggera, senza forma né risvolti. Non saprei come definirle. Fu per questo che le notai, piantate come alberi tozzi sull'erba incolta del cimitero, senza calze, senza stivali, con le giacche di lana pesante che si stringevano al petto incrociando le braccia come unico cappotto.
   Neanche gli uomini indossavano il cappotto, ma si erano chiusi le giacche, anch'esse a maglia e pesanti, più scure, per affondare le mani nelle tasche dei pantaloni. Si assomigliavano tra loro come le donne. Avevano tutti la camicia abbottonata fino al collo, la barba dura fatta da poco e i capelli cortissimi. Alcuni portavano un basco, altri no, ma la posa era la stessa, le gambe larghe, la testa ben dritta, i piedi incollati al terreno, alberi pure loro, bassi e robusti, capaci di resistere alle avversità, vecchissimi e allo stesso tempo assai forti.
   Anche mio padre disdegnava il freddo e i freddolosi. Mi tornò in mente, in quell'istante, mentre il vento gelido di montagna - un filo d'aria, avrebbe detto lui - mi tagliava la faccia con una lama orizzontale, affilatissima. All'inizio di marzo il sole sa imbrogliare, fingersi più maturo, più caldo nelle ultime mattine invernali, quando il ciclo pare una fotografia di se stesso, d'un blu così intenso che sembra ritoccato da un bambino con un pastello a cera, il ciclo ideale, limpido, profondo, trasparente, le montagne sullo sfondo, le cime ancora ingioiellate di neve e qualche pallida nube che si sfilaccia lenta, per confermare con la propria indolenza la perfezione di un miraggio primaverile. Che bella giornata, avrebbe detto mio padre, ma io avevo freddo, il vento gelido mi tagliava la faccia e l'umidità del terreno trapassava la suola dei miei stivali, la lana dei calzettoni, la fragile barriera della pelle, per congelarmi le ossa delle dita, le piante dei piedi, le caviglie. Dovevate sentire in Russia, in Polonia, ci diceva lui quando eravamo piccoli e ci lamentavamo del freddo che faceva al suo paese in mattinate come quella, certe domeniche d'inverno in cui il ciclo più bello del mondo sceglieva Madrid per mostrarsi all'alba. Dovevate sentire in Russia, in Polonia, lo ricordai in quell'istante, mentre osservavo lo sprezzo del freddo nella fermezza di quegli uomini ai quali avrebbe potuto assomigliare, dovevate sentire in Russia, in Polonia, e la voce di mia madre, Julio, per favore, non raccontare certe cose ai bambini...
   «Stai bene, Àlvaro?»
   Sentii prima la voce di mia moglie, poi la pressione delle sue dita, il contatto di una mano che cercava la mia nella tasca del cappotto. Lima mi guardava con gli occhi spalancati e un sorriso incerto, l'espressione di una persona intelligente che, davanti al devastante spettacolo della morte, è perfettamente consapevole di non avere nessuna possibilità di consolarne un'altra. Aveva la punta del naso rossa e i capelli castani, di solito lisci, morbidi, le sferzavano il viso come se il vento li avesse fatti impazzire.
   «Sì» mi affrettai a rispondere, «sto bene.»
   Poi le strinsi le dita con le mie finché decise di lasciarmi solo di nuovo, pur senza allontanarsi un centimetro dal mio fianco.

© 2008, Ugo Guanda Editore

Almudena Grandes - Cuore di ghiaccio
1023 pag., 20,00 € - Edizioni Guanda 2008 (Narratori della Fenice)
ISBN 978-88-60-88967-6


L'autrice



14 novembre 2008 Di Marilia Piccone

Cuore di ghiaccio
Cuore di ghiaccio Di Almudena Grandes;

Alla sua morte, Julio Carrión, influente uomo d'affari arricchitosi negli anni d'oro del franchismo, lascia in eredità ai figli un impero immobiliare considerevole e un passato costellato di ombre, che non ha mai amato rievocare. Il giorno del funerale suo figlio Álvaro, il ribelle della famiglia, l'unico che non ha voluto seguire le orme paterne, è attratto e incuriosito dalla presenza di una bella donna che si tiene in disparte e osserva la scena, forse l'ultima amante di suo padre. A differenza di Álvaro, Raquel Fernández Perea, figlia e nipote di repubblicani esuli in Francia, conosce molto bene la storia dei suoi genitori e dei nonni: gli anni euforici della Repubblica, la Guerra Civile, la fuga, l'esilio in Francia, la Resistenza, la morte di Franco festeggiata da lontano, l'amore-odio per la Spagna e il desiderio di tornare in patria. Álvaro e Raquel sono destinati a incontrarsi ancora, e per loro sarà arduo sottrarsi alla forza di una passione trascinante, che rischia di mettere in discussione tutte le certezze acquisite e di lasciare irrompere nella loro vita vecchie vicende famigliari e drammatici segreti... La storia poderosa ed emozionante di due famiglie emblematiche che attraversano il passato recente delle «due Spagne».

La posta della redazione

La posta della redazione

Hai domande, dubbi, proposte? Vuoi uno spiegone?
Scrivi alla redazione!

Chiudi

Per poter aggiungere un prodotto al carrello devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.

Chiudi

Per poter aggiungere un prodotto alla lista dei desideri devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.

Chiudi

Il Prodotto è stato aggiunto al carrello correttamente

Chiudi

Il Prodotto è stato aggiunto alla WishList correttamente