Le recensioni di Wuz.it

Le altissime torri

Lawrence Wright


Come al-Qaeda giunse all’11 settembre

“La Fede è più forte delle armi e delle nazioni, e il biglietto d’ingresso nella zona sacra in cui avvengono i miracoli è l’essere pronti a morire.”

Quando si iniziano a intercettare telefonate e messaggi del finanziere Bin Laden tutti i Servizi Segreti americani pensano che il materiale raccolto sia di ben scarso interesse. Ma nell’agosto del 1996 Osama dichiara ufficialmente guerra agli Stati Uniti, in nome di tutti i musulmani, proprio lui che era stato un prezioso alleato nella jihad contro l’occupazione sovietica. 
La famiglia da cui proveniva aveva costruito un vero impero economico e l'autore ci presenta il nascere e il prosperare di questa ricchezza e i meccanismi familiari che legano al padre il futuro uomo del terrore. 
L’agente dell’FBI David Coleman, unico tra tanti superesperti, prende sul serio la fatwa del miliardario indirizzata direttamente al segretario della Difesa americano e mostra il testo della lettera di Bin Laden, ben più che una semplice minaccia, ai procuratori del Distretto Meridionale di New York che invece riescono solo a fare molta ironia su quel messaggio. Coleman è costretto così a continuare da solo la sua battaglia. Da un "pentito” si viene a conoscere l’organizzazione segreta di al-Qaeda, materiale scottante che però non smuove le alte sfere americane.


Ci viene poi presentata un’altra figura simbolo del terrorismo, Sayyid Qutb, egiziano, intellettuale anticomunista e nazionalista, che si è sentito tradito dalla scelta sionista americana, ferocemente moralista e anticapitalista, dalla fede islamica estrema, imprigionato e poi giustiziato da Nasser perché a capo dei Fratelli Musulmani, diventato così un vero martire per il mondo fondamentalista islamico. Il testimone passa a Ayman az-Zawahiri: fermezza e determinazione le sue qualità maggiori. Medico chirurgo, esercita la professione in diversi Paesi del mondo islamico, sa accettare la collaborazione con gli americani per scacciare i russi, ma ne rimane sempre nemico. La sua battaglia sarà sempre tesa a imporre uno stato islamico. Incarcerato, torturato, accusato di aver preso parte all’attentato a Sadat sconta solo tre anni di carcere per traffico d’armi, quando esce dal carcere la sua radicalità è totale. L’incontro con Bin Laden avviene in Afghanistan: diversi i loro obiettivi, molte le cose in comune, “non erano amici, ma alleati”.

Right prosegue presentando altre figure chiave del fondamentalismo islamico, ne osserva la formazione, gli studi, i rapporti familiari, ma è Bin Laden che viene analizzato con la massima attenzione. Vengono ricostruiti, in un’opera di drammatizzazione interessante, i dialoghi con alti personaggi, viene osservata la sua evoluzione politica e il cambio di alleanze
Il 10 settembre 1988 nasce al-Qaeda con un gruppo di 15 “fratelli” ed entra subito in azione prima all’interno del mondo arabo, poi verso il vero nemico: l'Occidente.


Lo sguardo di Wright si sposta quindi nel luogo che sarà emblematicamente scelto per colpire il cuore dell’Occidente: New York e le sue Torri Gemelle. “La veduta più impressionante del World Trade Center era quella che si godeva da Jersey City, subito al di là dell’Hudson; e qui, in un quartiere noto come Little Egypt, i seguaci di Omar Abd ar-Rahman, lo sceicco cieco, congiuravano per abbattere le torri.”

Pochissimi, nel mondo dell’intelligence, avevano una pallida idea della rete di islamisti radicali presente negli Usa, ma ecco iniziare i primi attentati, così come il loro inserimento in posti chiave del sistema di sicurezza.
Eccoci giunti al 1996, una terribile esplosione aveva sconvolto l’Arabia Saudita e John O’Neill, importante figura dell'FBI,  organizza un incontro segreto per agenti dell’FBI e della CIA.  Vuole passare all’azione, vuole la squadra di cui si fida, prende in seria considerazione le informazioni che gli giungono da Coleman, ma è il solo a farlo, mentre Osama Bin Laden continua a rilasciare interviste ai maggiori quotidiani e alle reti televisive americane.

Il testo, con un forte carattere di saggio storico, prosegue nell’analisi della situazione nell’area in cui il fondamentalismo continua a raccogliere consensi, analizza i vari attentati in Africa Orientale e sottolinea come già fosse chiara la responsabilità di Bin Laden a O’Neill, la cui tormentata vita privata aveva curiose somiglianze con quella del mitico capo di al-Qaeda.

Ci si sta avvicinando alla data fatidica, in un crescendo di attentati e di tensione: guardata oggi la situazione sembra estremamente chiara, nulla avrebbe impedito lo spettacolare assalto al cuore dell’Occidente anche perché erano già giunte informazioni su affiliati ad al-Qaeda che si addestravano nei centri Usa per piloti civili. O’Neill si dimette dal suo incarico nell’FBI alla fine d’agosto del 2001 e inizia a lavorare nel World Trade Center come capo della sicurezza.
Ed eccoci all’11 settembre, all’aereo che si schianta contro il grattacielo. O’Neill riesce a raggiungere l’atrio, ma poi rientra nell’edificio sconvolto, tra il fumo e i corpi smembrati dall’esplosione: poco dopo tutto crolla su di lui.
Per 100 giorni il World Trade Center continuò a bruciare e a distanza di sei anni il mondo continua a essere sconvolto dalle conseguenze, dirette e indirette, di quella fatidica giornata.


La precisione storiografica del libro rappresenta una grande fonte informativa per chiunque desideri capire di più il movimento fondamentalista islamico e le sue diverse connotazioni. Un certo gusto per l’aneddoto, quasi per la fiction, allegerisce il testo (forse ne rappresenta anche il limite), rendendone la lettura del tutto accessibile anche a un pubblico vasto. La tesi dell’autore è che la leggerezza dei servizi segreti americani è stata assolutamente colpevole, che le informazioni per prevenire l’attacco alle Torri Gemelle erano molto precise e che solo l’idea preconcetta che nessuno avrebbe mai osato colpire così a fondo l’America ha impedito che il delittuoso piano di al-Qaeda venisse portato a compimento.

Le prime pagine

II giorno di san Patrizio dell'anno 1996 Daniel Coleman, un agente dell'ufficio di New York del Federai Bureau of Investigation (FBI) che si occupava di casi di foreign intelli-gence, ovvero di raccolta di informazioni concernenti soggetti stranieri, guidò fino a Tysons Corner, in Virginia, per assumere il suo nuovo incarico. I marciapiedi erano ancora sepolti sotto una coltre di neve grigiastra, residuo della tormenta di qualche settimana prima. Coleman entrò in un grattacielo di uffici che non aveva niente di speciale chiamato Gloucester Building, prese l'ascensore e salì al quinto piano. Qui c'era l'Alee Station.
A differenza dalle altre sedi della CIA, dislocate nei diversi paesi su cui vigilano, l'Alee era la prima stazione «virtuale», e distava solo poche miglia dal quartier generale di Langley. In un diagramma dell'organizzazione era etichettata come «Legami tra finanza e terrorismo», una sottosezione del Centro Antiterrorismo della CIA; ma in pratica era impegnata a ricostruire le attività di un unico individuo: Osama bin Laden, emerso come il grande finanziatore del terrorismo. Coleman aveva sentito quel nome per la prima volta nel 1993, quando una fonte straniera aveva parlato di un «principe saudita» che finanziava una cellula di islamisti radicali la quale stava lavorando a un piano per far saltare i luoghi simbolo di New York, compresi il palazzo delle Nazioni Unite, il Lincoln e l'Holland Tunnel, e perfino l'edificio situato al n. 26 di Federai Plaza, dove Coleman lavorava. Adesso, tre anni dopo, il Bureau aveva finalmente trovato il tempo di spedirlo a esaminare le informazioni raccolte dalla CIA. Si trattava di decidere se c'erano motivi sufficienti per avviare un'indagine.
L'Alee Station aveva già trentacinque volumi di materiale su Bin Laden. Il grosso era costituito dalle trascrizioni di conversazioni telefoniche captate dalle orecchie elettroniche della National Security Agency. Coleman trovò il materiale ripetitivo e di scarsa utilità. Aprì tuttavia un dossier informativo su Bin Laden, più che altro come segnaposto, nel caso in cui il «finanziere islamista» risultasse essere qualcosa di più.
Come molti altri agenti, David Coleman era stato addestrato a combattere la Guerra Fredda. Entrò nell'FBI come archivista nel 1973. Temperamento di studioso e spirito in¬dagatore, fu naturalmente attirato dal controspionaggio. Negli anni Ottanta si concentrò sul reclutamento di spie comuniste nella popolosa comunità diplomatica gravitante intorno alle Nazioni Unite; un acquisto particolarmente prezioso fu un attaché tedesco orientale. Ma nel 1990, con la Guerra Fredda appena finita, si ritrovò in una squadra che si occupava del terrorismo mediorientale. Nella sua precedente esperienza c'era ben poco che lo preparasse per questa svolta - ma ciò era vero di tutto il Bureau, che considerava il terrorismo un fastidio, non una minaccia concreta. Nei giorni felici seguiti alla caduta del Muro di Berlino, era difficile credere che l'America avesse ancora di fronte un qualsivoglia vero nemico.
Quindi nell'agosto 1996 Bin Laden dichiarò guerra all'America da una grotta in Afghanistan. La ragione dichiarata era la perdurante presenza di forze USA in Arabia Saudita cinque anni dopo la prima Guerra del Golfo. «Contro di voi, che portate armi nella nostra terra, il terrore è non solo legittimo, ma un dovere morale » disse. Pretendeva di parlare in nome di tutti i musulmani, e si spinse fino a rivolgere una parte della sua lunga fatwa personalmente a William Perry, il segretario alla Difesa americano: «William, ecco che cosa ti dico: questi giovani amano la morte come tu ami la vita ... Questi giovani non ti chiederanno spiegazioni. Proclameranno che tra noi non c'è niente che abbia bisogno di essere spiegato; c'è soltanto l'uccidere e il bastonare».

© 2007 ADELPHI EDIZIONI


Le altissime torri. Come al-Qaeda giunse all'11 settembre, di Wright Lawrence
Titolo originale: The Looming Tower. Al-Quaeda and the Road to 9/11
Traduzione di Giovanni Ferrara degli Uberti
Pag. 589, Euro 28 – Edizioni Adelphi 2007 (L'oceano delle storie)
ISBN 978-88-45-92194-0

L'autore

Lawrence Wright, saggista e narratore, dal 1992 fa parte della Redazione del New Yorker. Fra i suoi libri ricordiamo Remembering Satan e Twins: Genes, Environment and the Mystery of Identità. Le altissime torri (The Looming Tower. Al-Quaeda and the Road to 9/11) è apparso nel 2006.


04 settembre 2007 Di Grazia Casagrande

Le altissime torri. Come al-Qaeda giunse all'11 settembre

Questa storia parla di un saudita non poi così ricco, né così carismatico, né così brillante, che l'incontro con un medico egiziano ha trasformato nell'immagine stessa del terrore globale; di una vicenda ormai molto lunga (e qui ricostruita in modo scrupoloso, con una quantità di particolari inediti), nata alla lettera dalle pagine roventi che il padre fondatore del "jihad" moderno, Sayyid Qutb, scrisse negli anni Quaranta durante il suo lungo soggiorno americano; di un progetto vagheggiato fra i campi di Al Qaeda in Sudan e le montagne afghane, e a lungo ritenuto irrealizzabile; di come il complicato reticolo di mosse destinato a realizzarlo avesse destato i sospetti dell'investigatore più anarchico, inaffidabile e tenace dell'FBI, John O'Neill; della frenetica corsa contro il tempo di O'Neill per impedire un attentato che poteva essere impedito; della sua sconfitta, e della sua morte proprio nel crollo delle Twin Towers. Di tutto questo, e di innumerevoli altre vicende e figure, è intessuta la ricostruzione di Wright su come sia nata e si sia sviluppata al Qaeda.

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