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Anno edizione: 2009
Anno edizione: 2008
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Il treno dell'ultima notte è un libro scritto da Dacia Maraini e ambientato nel novecento. Vede come protagonista Emanuele, un bambino ebreo di origine austriaca che vive con la sua famiglia a Firenze. Sveglio, molto vivace, ribelle, si arrampica sugli alberi, e con questo suo carattere esercita un fascino irresistibile su Amara, una bambina più giovane di lui che diventa presto la sua migliore amica. I due tuttavia sono destinati a separarsi a causa del nazismo e la persecuzione degli ebrei. Amara pur di ritrovarlo, attraverserà l'Europa su un treno che si fermerà ad ogni stazione e vivrà in prima persona le rivolte, e le paure che circondano tutta l'Europa. E' per me questo un duplice viaggio: uno sui sentimenti, sulle sensazioni che nascono dal cuore che spingono a sperare contro ogni evidenza, e l'altro è un viaggio storico nella catastrofe e nell'abisso in cui è precipitato il Novecento.
Leggere questo libro vi catapulterà nella storia come se a viverla foste voi stessi per quanto sono minuziose le descrizioni. Il romanzo parla del viaggio che Maria Amara, la protagonista, compie nell’Europa del dopoguerra alla ricerca di Emanuele, suo grande amico e primo amore, con il quale è cresciuta a Firenze, costretto ad allontanarsi a causa della persecuzione antisemita. L’Olocausto è l’altro protagonista delle vicende; le atrocità subite dagli ebrei nei ghetti prima e nei campi di sterminio poi rivivono con le lettere e gli appunti lasciati.
Alla ricerca di un amico perduto sulle tracce della Shoah. L’ultimo romanzo pubblicato dalla scrittrice Dacia Maraini intitolato “Il treno dell’ultima notte” riguarda un tema più che mai attuale e importante: l’orrore del periodo nazi-fascista e in particolar modo la dura vita nei campi di concentramento. Amara, una giovane donna fiorentina, ne è la protagonista. Divenuta giornalista, decide di mettersi alla ricerca di un suo amico-fidanzato d’infanzia deportato nel ghetto di Lodz e poi nel lager di Auschwitz. L’unico contatto tra i due giovani sono delle lettere frutto di una corrispondenza durata solo nei primi anni di lontananza e che Amara conserva con tanto amore. Dopo mille viaggi tra Budapest, Vienna, Auschwitz… e altrettante vicissitudini in fine Amara riuscirà a trovare il suo Emanuele, ma talmente cambiato che lei stessa non lo riconoscerà… Infatti, la sua permanenza nel campo lo ha fatto invecchiare precocemente apportando al suo corpo non meno che alla sua personalità delle modifiche radicali perché veniva “utilizzato” dai medici per testare farmaci, vaccini e quindi fungeva da cavia. Alla fine la ragazza rimarrà delusa dell’epilogo della sua ricerca conclusasi con il ritrovamento di una persona arida, priva di sentimenti e totalmente diversa da come l’aveva sempre sognata ed immaginata. Gli ultimi passi del libro sono veramente emblematici della condizione in cui tantissime persone sono state costrette a vivere e fanno davvero riflettere. “Si può morire senza morire? Si può perdere se stessi senza perdere il proprio corpo?" Questi gli interrogativi che lasciano perplessa la protagonista così come il lettore che tenta di comprendere la drammaticità della situazione. Nel romanzo si tenta di sottolineare che l’azione più spregevole per un deportato era quella di uccidere, ingannare, mandare ai forni i propri amici, compagni: “Trascinare i cadaveri dei tuoi amici, spogliarli dei loro averi, sbatterli sulle carriole, portarli ai forni, sbatterli dentro a tre a tre, tagliare loro tutti i capelli senza provare niente di niente, cavare loro i denti d’oro è stato per me il più grande degli orrori ” Emanuele. L’autrice quindi è riuscita nel suo intento di coinvolgere il lettore conducendolo per mano in un ”viaggio dell’orrore” e induce a riflettere e, soprattutto, a non far perdere la memoria di ciò che è stato al fine di non commettere più gli orrori che hanno sconvolto e travolto la vita di milioni di persone.
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