Il soccombente

Il Soccombente è il primo della trilogia sulle Arti (A colpi d'ascia - Antichi maestri) e a mio avviso il più bello. Lo stile è quello inconfondibile che si compone di lunghi monologhi, assenza di dialoghi e atmosfere claustrofobiche. Ossessione e drammatica consapevolezza sono i cardini su cui si costruisce la vicenda dei tre studenti del Mozarteum, uno dei quali il geniale Glenn Gould. La storia è tragicamente schietta, lo stile unico nel suo genere, Il Soccombente è il libro giusto per avvicinarsi all'autore. Consigliato, ma non per tutti

"Il bambino era stato gettato dalla madre in questo ingranaggio dell'esistenza, che implacabilmente faceva il figlio a pezzi. I genitori sanno perfettamente che l'infelicità ad essi connaturata la perpetuano nei figli, ma nella loro crudeltà vanno avanti a fare figli e a gettarli nell'ingranaggio dell'esistenza.“

Avevo una lontana intenzione di leggere questo libro, ma forse mi sarei spaventato dalla struttura senza dialoghi e senza capitoli, comoda soluzione di continuità. Devo al podcast di Radio 3 l’attrazione che mi ha spinto a leggerlo. E questa è proprio la grande funzione della letteratura di qualità: stupire, ribaltare gli stereotipi, per esempio con una vicenda di cui si capisce il senso in fretta, ma che poi avvince per la capacità di aggiungere dettagli, anche ripetendosi, con le tesi e antitesi di ragionamenti complessi, per accompagnare il lettore nei meandri di psicologie contorte, ma realistiche. Il libro è un lungo monologo concepito come un flusso di pensieri durante una visita in Austria nei luoghi in cui ventotto anni prima era nata l’amicizia del narratore con il grande pianista, personaggio reale, Glenn Gould ed Il soccombente, Werthaimer, che si erano conosciuti in una scuola austriaca per pianisti. Questo ossessionante effluvio di ricordi che è il romanzo si svolge in un tempo breve, intorno alla visita della locanda dove si recava, pur disprezzandola, Werthaimer, poi oltre, fino alla fine, in un crescendo di dettagli e di considerazioni sulla rinuncia alla musica del narratore e di Werthaimer, difronte all’incapacità di accettare, soprattutto il secondo, la cui vita ne verrà condizionata, la delusione di non poter essere il migliore. Ossessione, presenza costante di un senso di morte, alterigia da classe alto borghese emergono nel corso dell’autodistruzione di Werthaimer che si dibatte fra un violento bisogno di attenzione e il suo solipsismo. Si potrebbe obbiettare che tutto è chiaro fin dall’inizio, ma Bernhard avvince comunque con un ritmo narrativo costante, accessibile nonostante la prosa articolata che rende viva la psicologia contorta dei suoi personaggi.