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C’è un romanzo che ho letto per la prima volta molti anni fa e che mi è rimasto impresso nella mente, perché ha caratteristiche proprie di tale rilevanza da farne un autentico gioiello. Mi riferisco a Il segno rosso del coraggio, un’opera giovanile (l’autore quando la scrisse nel 1895 aveva appena 23 anni ed era reduce dall’insuccesso del suo primo libro, ignorato sia dal pubblico che dalla critica). Appassionatosi alle vicende e alle battaglie della Guerra civile americana gli venne l’idea di scriverne un romanzo, che descrivesse il percorso formativo di un giovane combattente per diventare uomo. Fu una felice intuizione e anche un grande successo, non solo di vendite, ma anche di critica. Per quanto frutto di pura fantasia e non di una esperienza diretta (la guerra di secessione era già terminata da tempo quando nacque) è di un realismo eccezionale e sconcertante, con una profonda indagine psicologica che annota tutte le pulsioni intime nel passaggio dalla spensierata adolescenza alla riflessiva maturità di un giovane nordista, un processo che avviene in soli tre giorni di battaglia, ma che nella scrittura sembrano assai di più, tante sono le reazioni, le emozioni, le paure e anche i coraggi che investono il protagonista. Da quasi disertore, è poi scambiato per uno ferito sul campo (ma la ferita gli era stata provocata da un commilitone), fino all’apoteosi finale, con l’eroismo inteso come mezzo di riscatto e che lo condurrà a diventare definitivamente uomo e anche a renderlo consapevole che ognuno può, a suo modo, essere un esempio per gli altri. A scanso d’equivoci preciso che non si tratta di un’opera militarista, anzi forse per la prima volta la guerra viene descritta per quello che è: distruzione, morte, sofferenza, polvere, angoscia. E questo con un realismo sorprendente e al riguardo basti pensare a una frase come questa:” una piccola processione di feriti ritornava lugubremente verso le retrovie ed era come sangue che colava dal corpo lacerato della brigata..” Lo scopo dell’opera come ho detto è ben diverso e Crane, consapevole del fatto che ogni essere umano di fronte al pericolo incombente mette a nudo la sua vera natura ed è in pratica chiamato a fare i conti con se stesso, scava nell’animo di questo nostro soldatino, analizza i suoi timori, evidenzia le sue speranze, lo mette di fronte a un fatto che è più grande di lui, ma di cui lui è parte. Ed è proprio tutto questo che lo porterà a maturare in soli tre giorni: la battaglia era iniziata che era quasi un bambino, finisce che lui è diventato uomo. Il romanzo è scritto in modo delizioso, sovente con accenti poetici, che, oltre a sdrammatizzare, contribuiscono anche a farci comprendere come la guerra sia un’atrocità puramente degli uomini, cioè la scena, la natura resta tale e quale, impassibile di fronte allo scempio della battaglia. I colori assumo rilievo, le scene sembrano dipinti di espressionisti, così che “le foglie dell’acero che dava ombra allo stagno cantavano nel vento della giovane estate”. Il segno rosso del coraggio è una di quelle opere da leggere con calma, da centellinare, perché solo così è possibile apprezzarne l’elevato valore.
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