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Anno edizione: 2016
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Bellissimo questo libro. Toccante, delicato, cattivo per certi versi. C'è poco da commentare : tutto il mondo è paese e le situazioni si ripetono sempre come un cane che si morde la coda. Non conta quanto tempo sia passato, non conta quanto ci siamo evoluti, non conta quanto ci sforziamo di fare i finti globalizzati: la diffidenza verso il diverso è un sentimento primordiale che non si riesce a sconfiggere, quasi fosse un demone che ci accompagna appollaiato sulla nostra spalla e ci sussurra all'orecchio "è straniero...che cosa vorrà mai da te? vuole integrarsi ma in realtà chi ti dice che non sia qui per rubarti il lavoro, le donne, i soldi? c'è già poco qui e a stento basta per te, vuoi davvero permettergli di ritagliarsi un posto tutto suo?" Inutile dire quanta tristezza, solitudine e malinconia trasmetta il povero Jonas. Tenta fino alla fine di integrarsi, di farsi accettare ma l'unica cosa che ottiene in cambio è il rifiuto palese e le espressioni di odio e sospetto da parte i coloro da cui ha sempre cercato di farsi benvolere. Finale purtroppo logico.
Il conformismo di una cittadina di provincia, con le difficoltà di comprendere appieno lo straniero. Ma soprattutto la fragilità emotiva di chi, alla tenace ricerca di un mondo nel quale "farsi cuccia", vede irrimediabilmente spezzato un equilibrio dalla rivelazione di una propria "colpa". La maestria di un grande narratore nella descrizione delle pieghe più riposte dell'animo umano.
Jonas Milk è un piccolo commerciante di libri usati che ha il negozio, con annessa abitazione, sulla piazza del mercato di una piccola città francese. Nato ad Archangelsk in Russia, già da infante, in concomitanza con la rivoluzione, ha dovuto abbandonare il suo paese con i genitori, mentre le sorelle sono rimaste ospiti di una zia. La famigliola, approdata in Francia, riesce a rifarsi una vita, poiché il padre mette su una bottega di pescheria proprio in quella piazza del mercato. Jonas ha studiato, è istruito, ma è sempre timoroso di non apparire troppo umile e quando muoiono i genitori, non subentra nella loro attività, ma rileva un negozio di libri, conducendo una vita modesta, ma dignitosa, da scapolo, fino a quando gli viene praticamente buttata fra le braccia Gina, molto più giovane di lui, figlia di altri negozianti del Vieux Marché (così si chiama la piazza del mercato). La ragazza, esuberante e ninfomane, è nota per concedersi a tanti uomini, Jonas lo sa, ma la sposa egualmente, soprattutto per togliere il grigiore dalla sua esistenza e per cercare di proteggerla. Lui, che è riuscito a essere parte di una piccola realtà, nonostante sia di origini straniere e per di più ebreo (ma si convertirà in occasione del matrimonio, non per vocazione, in quanto non credente, ma affinchè la cerimonia di nozze avvenga in chiesa). In seguito la vita continua abbastanza nella normalità, fino a quando un giorno Gina sparisce. Jonas prova inquietudine e vergogna per essere stato lasciato dalla moglie, tanto più che ha portato con sé i francobolli più preziosi e di rilevante valore della sua collezione di filatelico. Invece di formalizzare la scomparsa con una denuncia alla polizia, quando al vecchio mercato gli chiedono dove sia Gina inventa un’innocente bugia. Dice che è andata a Bourges, ma più passano i giorni, più la gente s’informa se è ritornata, quella piccola menzogna si rivela una bomba a orologeria, poiché negli altri si insinua il sospetto che lui abbia eliminato la consorte. E così puntuale arriva la polizia e mi fermo qui con la vicenda, perché, pur limitandomi a dire che non è né un romanzo giallo, né un noir, che prevedono quanto meno la presenza di un delitto o comunque di un grave reato, lo sviluppo vi terrà incollati al libro come forse non vi è mai capitato. Se nella prima parte Simenon ha privilegiato l’atmosfera, l’ambiente, la storia di questo Jonas, nella seconda, in un crescendo entusiasmante, ci mostra con una fine analisi psicologica, ma anche sociologica, l’inferno in cui può cadere un innocente, colpevole solo di essere uno straniero e per di più ebreo. Non c’è però solo questo, perché piano piano si compone il ritratto di questo piccolo libraio, che ha fatto dell’umiltà il fine della sua stessa esistenza, un uomo strappato alle sue origini, senza più famiglia, che ha creduto di ritrovarne una allargata costituta dai negozianti del vecchio mercato, poi una vera e propria con il matrimonio. Jonas è un uomo disperatamente solo che credeva di aver trovato in quella piazza la sua nuova patria, di essere diventato come loro, i negozianti, di aver raggiunto quella tranquillità che ha solo chi è parte integrante di una comunità. E invece di colpo crolla ogni sicurezza, dalla freddezza improvvisa degli altri si passa alle accuse, a voci fatte circolare e prive di fondamento; il peggio però deve ancora venire e lo proverà quando, tramite la polizia, verrà a sapere che Gina, che lui intendeva proteggere, invece aveva paura di lui. E’, come si suol dire, il colpo di grazia e per Jonas il mondo e la vita non avranno più senso. Che Simenon sia un grande scrittore penso non ci siano dubbi, ma in questo libro è riuscito a cogliere e a rappresentare un dramma che finisce con lo stritolare, oltre che il personaggio principale, anche il lettore. La sua disperazione diventa anche la nostra, il suo successivo disinteresse alla vita porta chi legge a un senso di angoscia, gli fa immaginare cosa gli accadrebbe se tutte le sue certezze crollassero di colpo, se improvvisamente dovessimo trovarci soli, circondati da gente che prima credevamo amica, ora divenuta ostile, se perfino in famiglia venissimo a sapere che la moglie ha recitato una parte, senza sentimenti, anzi con un livore latente. Ho letto tanti libri di Simenon, tutti belli, ma questo ha qualche cosa di più, ha le caratteristiche del grande capolavoro. Non mi pare che sia necessario aggiungere altro.
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