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Anno edizione: 2011
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Potresti cominciare da Phuong, un nome di donna facile da ricordare, un nome da pronunciare in un soffio. Un nome che richiama la Fenice, un uccello mitico e una favola arcaica in un epoca in cui le favole non sono più permesse. Phuong, una giovane donna asiatica che si muove nella Saigon di qualche tempo fa, quando quella che oggi è diventata la via delle boutique e dei profumi si chiamava ancora rue Catinat. Phuong, in grado di prepararti una pipa capace di far dimenticare te stesso e il mondo, la sua prolungata assenza e perfino la sua presenza. Phuong, sempre pronta a darti tutto senza chiedere nulla. Potresti poi andare avanti con la ricerca di un bar notturno, un bar d’angolo già incontrato una volta in un film di Wenders o mille altre volte in chissà quale sogno, un locale che notte dopo notte ripropone le stesse atmosfere e gli stessi avventori e del quale non riusciresti in nessun modo a trovare la porta d’ingresso. E sullo sfondo, sempre, un albergo, dieci alberghi, residenze precarie e occasionali, talvolta permanenti. Muri scrostati, pareti ridotte all’inverosimile, dove poter ascoltare rumori familiari generati da presenze estranee oppure misurare lo spessore del silenzio. Perché gli alberghi non sono come i treni, che non hanno necessariamente bisogno di passeggeri per continuare la loro corsa nella notte. O potresti procedere in un’ altra direzione, oppure in senso inverso o, ancora, a caso, seguendo il tuo intuito ed i tuoi passi. Fino ad imbatterti in Tommaso Pincio pronto ad introdurti nel suo personale albergo, rigorosamente a zero stelle, dove avrai l’occasione di incontrare i tuoi scrittori preferiti, quelli di sempre, insieme a quelli che lo diventeranno da domani. Il disegnatore, per esempio, di scenari futuri ormai invecchiati ma sempre vitali. O l’ospite della stanza 203, dalle pareti dipinte di nero. Ed insieme al desiderio di rimanere a lungo in loro compagnia sopraggiungerà ancora l’impulso a cercare altri spazi ed altri luoghi. Persino un altro nome, un gesto rivoluzionario a cui non sono stati insensibili George Orwell (un altro degli ospiti dell’albergo) e lo stesso autore di questo libro. Un libro di viaggio, a suo modo Hotel a zero stelle. Un libro che inseguendo la scrittura come risarcimento, scopre i luoghi in cui la critica letteraria e la narrazione si incrociano. Chiudendo le sue pagine ti sembrerà di avvertire dei passi nella stanza e ti chiederai se per caso Phuong è tornata. Ma di chiunque si tratti, augurati che possa assicurarti qualcosa di trasgressivo. Una favola, magari. Gigi Stabile
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