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La fine è il mio inizio
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La fine è il mio inizio - Tiziano Terzani - copertina
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fine è il mio inizio

Descrizione


Tiziano Terzani, sapendo di essere arrivato alla fine del suo percorso, parla al figlio Folco di cos'è stata la sua vita e di cos'è la vita: "Se hai capito qualcosa la vuoi lasciare lì in un pacchetto", dice. Così racconta di tutta una vita trascorsa a viaggiare per il mondo alla ricerca della verità. E cercando il senso delle tante cose che ha fatto e delle tante persone che è stato, delinea un affresco delle grandi passioni del proprio tempo. "Se mi chiedi alla fine cosa lascio, lascio un libro che forse potrà aiutare qualcuno a vedere il mondo in modo migliore, a godere di più della propria vita, a vederla in un contesto più grande, come quello che io sento così forte." Un testo che è il suo ultimo regalo: il nuovo libro di Tiziano Terzani.
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Dettagli

17
2006
16 marzo 2006
470 p., ill. , Rilegato
9788830422476
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Indice


Le prime frasi

Folco, Folco, corri, vieni qua! C'è un cuculo nel castagno. Non lo vedo, ma è lì che canta la sua canzone:

Cucù, cucù, l'inverno non c'è più
E ritornato il maggio col canto del cucù


Bellissimo, senti!
Che gioia, figlio mio. Ho sessantasei anni e questo grande viaggio della mia vita è arrivato alla fine. Sono al capolinea. Ma ci sono senza alcuna tristezza, anzi, quasi con un po' di divertimento. L'altro giorno la Mamma mi ha chiesto «Se qualcuno telefonasse e ci dicesse d'aver scoperto una pillola che ti farebbe campare altri dieci anni, la prenderesti?» E io istintivamente ho risposto «No!» Perché non la vorrei, perché non vorrei vivere altri dieci anni. Per rifare tutto quello che ho già fatto? Sono stato nell'Himalaya, mi sono preparato a salpare per il grande oceano di pace e non vedo perché ora dovrei rimettermi su una barchetta a pescare, a far la vela. Non mi interessa.
Guarda la natura da questo prato, guardala bene e ascoltala. Là, il cuculo; negli alberi tanti uccellini - chi sa chi sono? - coi loro gridi e il loro pigolio, i grilli nell'erba, il vento che passa tra le foglie. Un grande concerto che vive di vita sua, completamente indifferente, distaccato da quel che mi succede, dalla morte che aspetto. Le formicole continuano a camminare, gli uccelli cantano al loro dio, il vento soffia.
Che lezione! Per questo io sono sereno. Da mesi dentro di me c'è un centro di gioia che irradia in ogni direzione. Mi pare di non essere mai stato così leggero e felice. E se mi chiedi: Come stai? ti dico: Io sto benissimo, la mia testa è libera, mi sento meravigliosamente. Solo che questo corpo fa acqua, letteralmente fa acqua da tutte le parti, marcisce. E l'unica cosa da fare è staccarsene e abbandonarlo al suo destino di materia che diventa putrescente, che torna polvere. Senza angoscia, come la cosa più naturale del mondo.
Però, proprio perché mi rimane poco tempo, un'ultima cosa forse mi piace ancora farla ed è parlare con te che sei stato parte e spettatore della mia vita per trentacinque anni, trentaquattro - quanti ne hai? -, di questo lungo viaggio che io ho fatto e che tu hai visto dal basso, dalla prospettiva del figlio. Eri sempre lì, ma so benissimo che non conosci tutta la mia vita. Come in fondo io non conoscevo la vita di mio padre e mi rammarico alla fine di non aver passato del tempo con lui a parlarne.

FOLCO: Allora, Babbo, hai proprio accettato di morire?

TlZIANO: Vedi, questa di «morire» è una cosa che vorrei evitare. Mi piace molto di più l'espressione indiana, che conosci come me, «lasciare il corpo». Infatti, il mio sogno è di scomparire come se non esistesse questo momento del distacco. L'ultimo atto della vita, che è quello che si chiama morte, non mi preoccupa perché mi ci sono preparato. Ci ho pensato.
Ora, non dico che sarebbe la stessa cosa alla tua età. Ma alla mia! Ho sessantasei anni, ho fatto tutto quel che volevo fare, ho vissuto intensissimamente, per cui non ho alcun rimpianto. Non ho da dire «Ah, mi ci vorrebbe ancora tempo per fare questo!» E poi non mi preoccupo grazie alle due o tre cose, secondo me fondamentali, che tutti i grandi e i saggi del passato avevano ben capito.
Che cos'è che ci fa così spavento della morte?
Quello che ci fa paura, che ci congela davanti a quel momento è l'idea che scomparirà in quell'attimo tutto quello a cui noi siamo tanto attaccati. Prima di tutto il corpo. Del corpo ne abbiamo fatto un'ossessione. Tu pensa: uno cresce con questo corpo, ci si identifica. Guarda te, sei giovane, sei forte, pieno di muscoli. Oh, ero così anch'io! Ogni giorno correvo dei chilometri per tenermi in forma, facevo ginnastica, avevo delle gambe dritte, avevo i baffi e la testa piena di capelli corvini. Ero un bel ragazzo. Uno dice «Tiziano Terzani» e pensa a quel corpo lì.
Tutto da ridere! Guardami ora. Pelle e ossa, magrissimo, le gambe gonfie, la pancia come un pallone. Mi si è rovesciata la geometria del corpo. Prima uno ha le spalle larghe e la vita stretta; ora ho delle spalline strette strette e una vita enorme. Allora non posso essere attaccato a questo corpo. E poi, quale corpo? Un corpo che cambia tutti i giorni, che perde i capelli, che si azzoppa, che si acciacca, che viene tagliato a pezzi dal chirurgo?
Il corpo non siamo noi. Allora cosa siamo?
Crediamo di essere tutte le cose che ci preoccupa di perdere morendo. Con l'identità - giornalista, avvocato, direttore di banca - ti ci sei identificato e l'idea che tutto questo scompaia, che tu non sia più il grande giornalista, il bravo direttore di banca, che la morte ti porti via tutto questo ti sconvolge. Tu possiedi la bicicletta, l'automobile, un bel quadro che hai comprato con i risparmi di tutta una vita, un campo, una casetta al mare. È tua! E ora muori e la perdi. La ragione per la quale si ha tanta paura della morte è che con quella bisogna rinunciare a tutto quel che ci stava tanto a cuore, proprietà, desideri, identità. Io l'ho già fatto. Negli ultimi anni non ho fatto che buttare a mare tutto questo e non c'è più nulla a cui sono legato.

Valutazioni e recensioni

Recensioni: 3/5

Affascinato dall'ottimo libro "Un altro giro di giostra" ho letto "La fine è il mio inizio". E' stata una delusione e purtroppo non mi è piaciuto. Tutta la ricchezza e la profondità de primo non appaiono nel secondo. Se si esclude il primo capitolo siamo di fronte alla biografia di un giornalista a mio avviso non particolarmente interesse e soprattutto caratterizzata da una tendenza alla commemorazione e alla celebrazione. Qui emerge la tendenza latente in tutte le opere di Terzani (ma di solito moto più controllata) di essere il primo e l'unico a vivere esperienze che invece, nel bene e nel male, sono comuni a tutta l'umanità (dolore, malattia, sofferenza, incertezza, ricerca del senso delle cose, ....).

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Angela Curina
Recensioni: 5/5

Il culmine di una vita che ha avuto la fermezza e il coraggio di guardare in faccia la storia. Terzani si mette a nudo di fronte al figlio Folco, in un dialogo che racconta se stesso con la stessa propensione verso la verità che ha mantenuto nel suo mestiere di giornalista. E forse si può estrarre, dalle sue parole, il senso più profondo del suo lavoro: una continua ricerca della verità che, nonostante i bassifondi storici e sociali in cui si cela, nonostante gli intrallazzi politici ed economici che la privano di spazi vivibili, nonostante i soprusi compiuti dal potere, permane comunque intatta di una fulgida bellezza. E lo spettacolo di luci che crea non è uno specchietto per le allodole, perché al contrario si fonda su parole che si sono infiltrate nella realtà dei fatti, tramite lo stesso corpo di Tiziano Terzani: la poesia che ne esce è quella della potenza irrefrenabile dell'umanità in tutte le sue forme e in tutti i suoi contrasti. Questo è un libro per storici e per bambini, per poeti e per scienziati, per maghi e per atei.

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Recensioni: 5/5

Autobiografico. Entusiasmante. Itinerante. Magico. Tiziano Terzani, giornalista, scrittore, viaggiatore, attento osservatore, viaggia e scrive per se stesso, prima ancora che per gli altri. La ricerca di sé stessi è il fine ultimo della nostra esistenza. Conoscerci ed evitare di ingabbiarci come "piccoli piccioni in una gabbietta", sapere che "il mondo è il nostro" e non solo di quelli che da lassù ci comandano. Non accontentarsi di una "pizzettina e di un filmetto in Tv" ma andare oltre, in quegli spazi immensi che la cultura, la natura e la coscienza continuamente ci regalano. Un fardello di consigli e spunti da tenere a mente a qualsiasi età. Un'esperienza entusiasmante che parte da Firenze e si allarga a dismisura fino in Cina. Per poi tornare nella valle Orsigna. La meta non è una terra da raggiungere. La meta siamo noi.

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Tiziano Terzani

1938, Firenze

Scrittore e giornalista italiano. Corrispondente per trent’anni dall’Asia per il settimanale tedesco «Der Spiegel», grazie al proprio stile diretto e divulgativo ha fatto conoscere a un vasto pubblico l’universo variegato e in continua evoluzione del continente asiatico. I suoi libri nascono dalle sue esperienze sui fronti «scomodi»: dei due anni trascorsi nel Vietnam in guerra raccontano Pelle di leopardo (1973) e Giai Phong! La liberazione di Saigon (1976); La porta proibita (1984) raccoglie l’esperienza cinese, durata cinque anni e conclusasi con l’arresto e l’espulsione per attività controrivoluzionarie; il lungo viaggio nell’Unione Sovietica (1991-92) è restituito in Buonanotte, Signor Lenin!, testimonianza...

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