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La bustina di Minerva - Umberto Eco - copertina
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bustina di Minerva

Descrizione


"La bustina di Minerva" è una rubrica iniziata sull'ultima pagina dell'"Espresso" nel marzo del 1985 e continuata con regolarità settimanale sino al marzo 1998, quando è diventata quindicinale. Ora le "Bustine" sono state selezionate e raccolte in questo libro. Si spazia da riflessioni sul mondo contemporaneo, alla società italiana, alla stampa, al destino del libro nell'era di Internet, sino ad alcune caute previsioni sul terzo Millennio e a una serie di "divertimenti" o raccontini. La raccolta dà il senso alla rubrica che, come vuole il titolo, intendeva raccogliere quegli appunti occasionali e spesso extravaganti che talora si annotano nella parte interna di quelle bustine di fiammiferi che si chiamano appunto Minerva.
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Dettagli

2001
Tascabile
345 p.
9788845248627
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Indice


Le prime frasi del libro:

Migrazioni

Martedì scorso, mentre tutti i giornali dedicavano numerosi articoli alle tensioni fiorentine, su la Repubblica appariva una vignetta di Bucchi: rappresentava due silhouette, un'Africa enorme e incombente, un'Italia minuscola; accanto, una Firenze che non era rappresentabile neppure con un puntino (e sotto c'era scritto "Dove vogliono più polizia"). Sul Corriere della Sera si riassumeva la storia delle mutazioni climatiche sul nostro pianeta dal 4000 a.C. a oggi. E da questa rassegna emergeva che a mano a mano la fertilità o l'aridità di un continente provocavano immense migrazioni che hanno cambiato il volto del pianeta e creato le civiltà che oggi conosciamo o per esperienza diretta o per ricostruzione storica.
Oggi, di fronte al cosiddetto problema degli extracomunitari (grazioso eufemismo che, come è stato già notato, dovrebbe comprendere anche gli svizzeri e i turisti texani), problema che interessa tutte le nazioni europee, continuiamo a ragionare come se ci trovassimo di fronte a un fenomeno di immigrazione. Si ha immigrazione quando alcune centinaia di migliaia di cittadini di un paese sovrappopolato vogliono andare a vivere in un altro paese (per esempio gli italiani in Australia). Ed è naturale che il paese ospitante debba regolare il flusso di immigrazione secondo le proprie capacità di accoglienza, come va da sé che abbia il diritto di arrestare o espellere gli immigrati che delinquono - così come d'altra parte ha il dovere di arrestare, se delinquono, sia i propri cittadini che i turisti ricchi che portano valuta pregiata.
Ma oggi, in Europa, non ci troviamo di fronte a un fenomeno di immigrazione. Ci troviamo di fronte a un fenomeno migratorio. Certo non ha l'aspetto violento e travolgente delle invasioni dei popoli germanici in Italia, Francia e Spagna, non ha la virulenza dell'espansione araba dopo l'Egira, non ha la lentezza di quei flussi imprecisi che hanno portato popoli oscuri dall'Asia all'Oceania e forse alle Americhe, muovendosi sopra lingue di terra ormai sommerse. Ma è un altro capitolo della storia del pianeta che visto le civiltà formarsi e dissolversi sull'onda di grandi flussi migratori, prima dall'Ovest verso l'Est (ma ne sappiamo pochissimo), poi dall'Est verso l'Ovest, iniziando con un movimento millenario dalle sorgenti dell'Indo alle Colonne d'Ercole, e poi in quattro secoli dalle Colonne d'Ercole alla California e alla Terra del Fuoco.
Ora la migrazione, inavvertibile perché assume l'aspetto di un viaggio in aereo e di una sosta all'ufficio stranieri della questura, o dello sbarco clandestino, avviene da un Sud sempre più arido e affamato verso il Nord. Sembra una immigrazione, ma è una migrazione, è un evento storico di portata incalcolabile, non avviene per transito di orde che non lasciano più crescer l'erba dove sono passati i loro cavalli, ma a grappoli discreti e sottomessi, e però non prenderà secoli o millenni, ma decenni. E come tutte le grandi migrazioni avrà come risultato finale un riassetto etnico delle terre di destinazione, un inesorabile cambiamento dei costumi, una inarrestabile ibridazione che muterà statisticamente il colore della pelle, dei capelli, degli occhi delle popolazioni, così come non molti normanni hanno installato in Sicilia dei tipi umani biondi e con gli occhi azzurri.
Le grandi migrazioni, almeno in periodo storico, sono temute: dapprincipio si tenta di evitarle, gli imperatori romani erigono un vallum qua e uno là, mandano le quadrate legioni in avanti per sottomettere gli intrusi che avanzano; poi vengono a patti e disciplinano le prime installazioni, quindi allargano la cittadinanza romana a tutti i sudditi dell'impero, ma alla fine sulle rovine della romanità si formano i cosiddetti regni romano-barbarici che sono all'origine dei nostri paesi europei, delle lingue che oggi orgogliosamente parliamo, delle nostre istituzioni politiche e sociali. Quando sulle autostrade lombarde troviamo località che si chiamano italianamente Usmate, Biandrate, abbiamo dimenticato che sono desinenze longobarde. D'altra parte, da dove venivano quei sorrisi etruschi che ritroviamo ancora su tanti volti dell'Italia centrale?
Le grandi migrazioni non si arrestano. Ci si prepara semplicemente a vivere una nuova stagione della cultura afroeuropea.

1990

Valutazioni e recensioni

Romana Giaffei
Recensioni: 5/5

Questo saggio del 2000 raccoglie e dispone in ordine tematico numerosi articoli già pubblicati in precedenza, singolarmente, nell'omonima rubrica del settimanale L' Espresso. Gli svariati argomenti, ad esempio di storia o più spesso di attualità e di costume, sono affrontati con competenza e sensibilità culturale, doti peraltro dimostrate anche nell'uso di registri stilistici diversi, dal forbito al colloquiale, a seconda delle situazioni. In uno scenario composito che annovera anche brevi e divertenti racconti aneddotici oltre a decine di interventi su aspetti politici o antropologico-sociali degli anni Ottanta e Novanta, l'illustre scrittore dimostra di scegliere le occasioni adatte per sfoderare e divulgare le sue accattivanti analisi filosofico-morali, impartire piacevoli lezioni a base di moderato umorismo, fornire la sua sagace lettura interpretativa su fatti e persone. Di questo "Zibaldone di pensieri", espressione di un complesso "Eco-sistema", colpisce immediatamente la vastità di orizzonti e la profonda autorevolezza dell'autore nonché, in alcuni casi, il suo autocompiacimento esibito, lieve peccato veniale, quest'ultimo, assolutamente remissibile per un esimio accademico che può vantare un curriculum vitae chilometrico. Un dato è certo: oltre alle informazioni e ai relativi commenti contenuti nella "Bustina", da ogni pagina echiana si può desumere una morale, un germoglio di autentica saggezza.

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Umberto Eco

1932, Alessandria

Critico, saggista, scrittore e semiologo di fama internazionale. A ventidue anni si è laureato all'Università di Torino con una tesi sul pensiero estetico di Tommaso d'Aquino. Dopo aver lavorato dal 1954 al 1959 come editore dei programmi culturali della Rai, negli anni Sessanta ha insegnato prima presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Milano, poi presso la Facoltà di Architettura dell'Università di Firenze. Infine presso la Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano. Inoltre, ha fatto parte del Gruppo 63, rivelandosi un teorico acuto e brillante.Dal 1959 al 1975 ha lavorato presso la casa editrice Bompiani, come senior editor. Nel 1975 viene nominato professore di Semiotica all'Università di Bologna, dove...

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