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Anno edizione: 2021
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Nella dozzina del Premio Strega 2019 proposto da Sandra Petrignani- Romanzo vincitore della III edizione del PREMIO NERI POZZA e della Sezione giovani Fondazione Pini Circolo dei Lettori.
Ci sono molti modi di trasformare qualcuno in un fantasma, e Thomas Edwards si è scelto il suo.
«Bellissimo romanzo, originale e capace di arrivare dritto al lettore attraverso una trama sapientamente costruita sui canoni classici giocati fra leggerezza e ironia» - Sandra Petrignani
«Eleonora Marangoni sa come calibrare le parole e mantenere l'architettura della trama e l'attenzione del lettore sempre vive» - Stefano Malatesta
La sua vita non ha proprio niente che non va: Tom è un giovane italoinglese di buona famiglia, che abita a Londra e viaggia spesso per lavoro. Architetto, gestisce con successo uno studio di light design, e da quasi un anno fa coppia fissa con Ottie Davis, una chef in carriera con un figlio di sette anni, Martin. Ma Thomas abita il mondo solo in superficie: schivo e in parte irrisolto, lascia che la vita scorra senza pensarci troppo; il suo ricordo di un amore finito, quello per Sophie Selwood, è una presenza costante e tangibile, che illumina gli eventi e le cose che lo circondano, e ci racconta di come l'amore, o il ricordo dell'amore, possano trasformarsi in una composta e implacabile ossessione. Una strana eredità da parte di un eccentrico zio costringe Thomas a uscire dalla quotidianità. Un viaggio verso un'isola del sud Italia, un albergo affascinante e malandato e un fine settimana imprevisto – in compagnia della gente del posto e degli altri forestieri giunti a loro volta sull'isola – saranno l'occasione perfetta per sparigliare le carte, guardare le cose da un altro punto di vista e fare finalmente i conti con il passato, questo animale saggio e al contempo grottesco che sembra sempre volerci indicare la strada.
Indice
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Alla sua uscita, le ultime pagine del primo volume della Ricerca del Tempo Perduto di Proust vennero criticate: «Bella prosa, certo, ma che chiosa manierata», si disse, «che chiosa scolastica!». Eleonora Marangoni, che di Proust è studiosa attenta, in questo suo romanzo d'esordio, ahimè, eredita dallo scrittore francese la tendenza a voler trovare a tutti i costi chiusure ad effetto ed evocative. Non troviamo, invece, né gli stessi periodi-fiume da leggere con asmatico affanno, né la prosa vertiginosa e neppure i cortocircuiti temporali del grande Proust. Si badi bene: questi non sono difetti, ma semmai virtù. Per quanto Lux venga pubblicizzato come "il romanzo scritto da una Proustiana italiana", la Marangoni dimostra di avere un suo stile, molto apprezzabile e del tutto indipendente da quella del sublime maestro francese. La Marangoni dimostra di possedere anche un'altra cosa, e anche questa molto apprezzabile: la classe. Le auguro, dunque, di strapparsi di dosso l'etichetta di "Proustiana", sicuramente attaccatala addosso da editori e pubblicitari poco fantasiosi, e di potersi presto affermare come "Eleonora Marangoni" e basta". Un'altra cosa che non si capisce bene se sia 'pubblicità ingannevole', colpo di genio del marketing, o entrambe le cose, consiste nel continuare a spacciare Lux per la storia dei tormenti di un uomo ancora innamorato della sua vecchia fiamma. Sì, è vero: il personaggio del nostalgico dilaniato c'è, e si chiama Thomas Edwards. Ma Thomas Edwards non ha la prepotenza dei 'protagonisti' tradizionali e Lux non è assolutamente il suo romanzo, la sua storia. Anzi, il bello di Lux consiste proprio nel fatto che la vecchia storia d'amore fra Thomas e Sophie si sfilacci e si disfi, mentre il romanzo esplode e si frammenta per far spazio, accogliere e racchiudere le storie di tanti personaggi, di tante vite e, infine, della vita immobile ma forse non quieta delle cose, degli oggetti che ci circondano e ai quali noi, stolti romantici, continuiamo testardamente a attribuire significati, a affidare ricordi, a donare emozioni. Per carità: ci sono dei difetti, in questo romanzo, ma sono spesso perdonabili. I momenti in cui l'autrice 'sfonda la quarta parete' e si rivolge direttamente al lettore, per esempio, sono poco necessari, se non fuori luogo. La mail della scienziata, gli appunti del vecchio scrittore - momenti ben scritti, certo, ma a mio avviso poco organici al tutto del romanzo. Il ritmo a volte stenta a decollare, proprio per quella scrittura che vuole essere a tutti i costi 'a effetto' di cui sopra. Atre parti sembrano essere state messe lì giusto per allungare il brodo. Aldilà di tutto, però, Lux rimane un buon romanzo, in grado di fare i conti con i grandi arazzi narrativi delle opere classiche ma senza dimenticare le grandi lezioni e le mirabolanti sperimentazioni della contemporaneità. Soprattutto nella sua terza e ultima parte, poi, la scrittura delicatissima della Marangoni diventa fremente di emozioni e sentimenti: temi che in mano a un scrittore meno accorto e più sborone avrebbero facilmente fatto precipitare il lettore nel baratro del trash, ma che in Lux vengono maneggiati con molta cura e tenerezza, mostrati attraverso un sottilissimo velo ricamato di parole. Gran bell'esordio da parte di una scrittrice di cui sentiremo ancora parlare, dunque. (Al contrario di Benevolenza Cosmica, l'altro 'esordio dell'anno', di cui si continuerà a parlare, appunto, quest'anno e solo quest'anno.)
Leggere Lux è stato come imbattermi nella sua nuvola in sala da pranzo: ho iniziato a guardarla con diffidenza e con il sospetto che si trattasse di un artificio lezioso; ma mi sono ritrovata a seguirla, nel suo dipanarsi nelle varie stanze dell’hotel Zelda, con il sorriso sulle labbra e lo sguardo addolcito; e il suo dissolversi mi ha lasciato una sensazione di impalpabile freschezza e di gradevole leggerezza che mi ha pervasa. Non è la trama a imporsi in questo libro, ma l’atmosfera nel quale il lettore viene condotto, dall’allegra delicatezza dell'insieme di qualche immagine eccentrica, una buona abilità descrittiva e uno stile accattivante (a volte un po’ costruito, ma non saccente e sempre garbato); atmosfera che consegna la luce come emozione, sottofondo ineffabile della percezione della bellezza della vita nelle cose, e, che sia l’accecante bagliore naturale sul mare del sud o quello più timido che si intromette tra i fusti di baobab, o la ricercata composizione di luminosità di un contemporaneo light designer, resta impressa e induce l'individuo sensibile a continuare a cercarla, quella luce “di un tempo (…) che forse è esistito solo per noi, nella nostra testa”.
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