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Body Art - Don DeLillo - copertina
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Body Art

Descrizione


Chi è lo sconosciuto dall'aspetto dolce e infantile per cui tempo, spazio e linguaggio non hanno senso? O almeno non lo stesso senso che hanno per noi. O per Lauren, la giovane body artist che se lo trova davanti all'improvviso in una delle tante stanze della vecchia casa sulla costa del Maine dove vive sola. Rey, suo marito da pochi mesi, si è suicidato, e lo sconosciuto parla con la sua voce, pronuncia frasi che Lauren è sicura di avere già sentito...
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Dettagli

2008
Tascabile
14 ottobre 2008
102 p., Brossura
The body artist
9788806194932
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Indice


Le prime frasi del romanzo:

Capitolo primo

Il tempo sembra passare. Il mondo accade, gli attimi si svolgono, e tu ti fermi a guardare un ragno attaccato alla ragnatela. C'è una luce nitida, un senso di cose delineate con precisione, strisce di lucentezza liquida sulla baia. In una giornata chiara e luminosa dopo un temporale, quando la più piccola delle foglie cadute è trafitta di consapevolezza, tu sai con maggiore sicurezza chi sei. Nel rumore del vento tra i pini, il mondo viene alla luce, in modo irreversibile, e il ragno resta attaccato alla regnatela agitata dal vento.

Quell'ultima mattina accadde che fossero insieme in cucina, e si sfiorassero di continuo per prendere oggetti dagli armadi e dai cassetti, e poi si fermassero al lavandino o al frigorifero l'uno in attesa dell'altra, ancora un po' vischiosi della materia dei sogni, e lei fece scorrere l'acqua del rubinetto sui mirtilli che teneva in mano e chiuse gli occhi per inalarne il profumo.
Lui era seduto con il giornale, mescolava il caffè. Il suo caffè, nella sua tazza. Il giornale lo dividevamo ma apparteneva, senza bisogno di precisarlo, a lei.
Volevo dire qualcosa ma non.
Lei fece scorrere l'acqua dal rubinetto e sembrò accorgersene. Era la prima volta che se ne accorgeva.
Sulla casa. Ecco cosa, - disse lui. - Ecco cosa volevo dirti.
Si accorse che l'acqua del rubinetto diventava opaca dopo pochi secondi. Scendeva limpida e argentea e poi nel giro di qualche secondo diventava opaca e sembrava così strano che in tutti quei mesi e tutte quelle volte che aveva fatto scorrere l'acqua dal rubinetto non si fosse mai accorta di come da principio sgorgasse limpida e poi diventasse non proprio torbida ma opaca, o forse non era mai successo prima, oppure se n'era accorta e dimenticata.
Andò all'armadietto con i mirtilli bagnati in mano, prese la scatola dei cereali e la portò al piano di lavoro, la scatola essenzialmente bianca e marrone, e in quel momento l'aggeggio del tostapane scattò e lei lo spinse giù di nuovo perché ci volevano due scatti per tostare bene il pane e lui annuì distratto dato che era il suo pane tostato, e il burro era il suo burro, poi accese la radio e cercò le previsioni del tempo.
I passeri erano intorno al beccatoio, battevano le ali, si contendevano lo spazio sui posatoi curvi.
Prese una ciotola dall'armadietto vicino, ci versò dentro i cereali scuotendo la scatola, poi sparse sopra i mirtilli. Si asciugò la mano strofinandola sui jeans, provando una vaga sensazione di colore blu e di sbiadito.
Come si chiamava, la levetta. Aveva tirato giù la levetta per tostare al punto giusto il pane di Rey.
Il pane tostato era di Rey, le previsioni del tempo invece erano sue. Le ascoltava alla radio e spesso anche al telefono, all'apposito numero, e a volte andava a mettersi davanti alla casa e scrutava il cielo della costa, assaporava la brezza in cerca di implicazioni latenti.
- Sì, esattamente. So cosa volevo dirti, - disse lui.
Lei andò al frigorifero e aprì lo sportello. Restò ferma, cercando di ricordare qualcosa.
Disse: - Che cosa? - Voleva dire che cos'hai detto, non che cosa volevi dirmi.
Ricordò, i granuli di soia. Attraversò la stanza fino all'armadietto e prese la scatola, poi tenne fermo lo sportello del frigorifero perché non si chiudesse automaticamente. Tirò fuori il latte, rendendosi conto di quello che lui aveva detto e lei non aveva sentito circa otto secondi prima.
Tutte le volte che doveva chinarsi a prendere qualcosa nelle parti inferiori e remote del frigorifero lasciava andare un gemito - non proprio tutte le volte - che sembrava il lamento di una vita. Era troppo snella e agile per provare fatica e gemeva solo per far eco a Rey, identificandosi con lui, Rey, con quel suo modo di gemere così naturale e profondo che la fatica si trasmetteva anche a lei.
Ora che ricordava quello che voleva dirle, lui sembrò perdere interesse alla cosa. Non aveva bisogno di vederlo in faccia per saperlo. Era nell'aria. Era nella pausa seguita alla sua osservazione di otto, dieci, dodici secondi prima. Qualcosa di insignificante. L'avrebbe considerata una specie di umiliazione, sollevare un argomento così triviale.
Andò al banco e versò un po' di granuli di soia sui cereali e i mirtilli. La levetta, la molla, scattò e lui si alzò, andò a prendere il pane tostato, lo portò in tavola, poi andò a prendere il burro, e lei, quando lo vide avvicinarsi, ferma con il cartone del latte in mano, fu costretta a scostarsi dal piano di lavoro in modo che lui potesse aprire il cassetto e prendere il coltellino del burro.
Dalla radio provenivano voci che parlano forse in hindi.

Valutazioni e recensioni

Recensioni: 5/5

"Body Art" è la storia di una perdita che non si rassegna a se stessa. Un'assenza, palpabile e soffocante, che lotta per essere presenza. Un uomo, un corpo, una voce, che sono non solo il ricordo di Rey, ma Rey stesso. Perché lui non lascerà mai quella casa, ma continuerà ad abitarne le stanze, i corridoi. Per Lauren continuerà a fare tutto questo. Per Lauren, che non si arrende alla sua perdita. Una scrittura confusa e perturbante, che veste alla perfezione la natura della narrazione: una lotta feroce e silenziosa contro la solitudine e l'abbandono. Una prosa scarna e al tempo stesso evocativa. Il diario di una tristezza desolata. Di un'allucinazione che ha tanto l'aria di essere una salvezza. E tuttavia ha la forza necessaria per divenire la spinta verso la creazione artistica.

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ALBERTO MINA
Recensioni: 4/5

Si legge veloce questo libro, cento pagine che vuoi finire in fretta. Alcuni pezzi eccessivamente ripetitivi e allucinatori, altri, dove si descrivono le azioni quotidiane di lei, perfettamente lucidi e scarni. Non vedevo l'ora di disfarmane, ma so che mi si è appiccicato addosso.

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Recensioni

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Don DeLillo

1936, New York

Nato e cresciuto nel Bronx, allora abitato in gran parte da italoamericani, frequenta scuole cattoliche fino agli studi universitari; l'influenza degli studi cattolici traspare in molti dei suoi scritti e principalmente in Underworld (1997).Finiti gli studi, inizia a lavorare come pubblicitario e ad interessarsi di arte e musica, particolarmente al jazz e alla scrittura. Nel 1971 pubblica il suo primo romanzo, Americana, tradotto in italiano solo nel 2000. Nel 1972 pubblica End Zone e l’anno successivo Great Jones Street (tradotto in italiano nel 1997) che narra di un artista rock ritiratosi a vivere in un ambiente spoglio.Alla fine degli anni Settanta intraprende un lungo viaggio formativo in Medio Oriente e in India, successivamente si trasferisce in Grecia dove vive per tre anni e...

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