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Addio alle armi
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Addio alle armi - Ernest Hemingway - copertina
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Addio alle armi

Descrizione


Composto febbrilmente tra il 1928 e il 1929, "Addio alle armi" è la storia di amore e guerra che Hemingway aveva sempre meditato di scrivere ispirandosi alle sue esperienze del 1918 sul fronte italiano, e in particolare alla ferita riportata a Fossalta e alla passione per l'infermiera Agnes von Kurowsky. I temi della guerra, dell'amore e della morte, che per diversi aspetti sono alla base di tutta l'opera di Hemingway, trovano in questo romanzo uno spazio e un'articolazione particolari. È la vicenda stessa a stimolare emozioni e sentimenti collegati agli incanti, ma anche alle estreme precarietà dell'esistenza, alla rivolta contro la violenza e il sangue ingiustamente versato. La diserzione del giovane ufficiale americano durante la ritirata di Caporetto si rivela, col ricongiungimento tra il protagonista e la donna della quale è innamorato, una decisa condanna di quanto di inumano appartiene alla guerra. Ma anche l'amore, in questa vicenda segnata da una tragica sconfitta della felicità, rimane un'aspirazione che l'uomo insegue disperatamente, prigioniero di forze misteriose contro le quali sembra inutile lottare.
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Dettagli

2007
Tascabile
XIII-320 p., Brossura
9788804567103

Valutazioni e recensioni

Recensioni: 2/5

I grandi capolavori della letteratura sono come il vino e il passare degli anni li fa migliorare o quantomeno li consacra definitivamente.Questo, secondo me, non è il caso di “Addio alle armi”... A differenza di meraviglie come “Delitto e castigo” di Dostoevskij che arrivano a noi con la maestosità di un Colosseo, il libro di Hemingway a me pare più un vecchio palazzo abbandonato con larghe macchie d’umido sui soffitti e tappezzeria scrostata. Non antico, ma vecchio. Polveroso e liso. Il primo elemento negativo lo riscontro nello stile narrativo: tremendamente ripetitivo. Vi faccio un esempio (inventato) per rendere l’idea. “Presi una bottiglia di vino. Avevo una gran voglia di bere del vino. Poi arrivò Rinaldi e gli dissi: -Vuoi del vino? -Certo che voglio del vino! – rispose lui Allora gli versai del vino. Bevemmo vino tutta la sera fino ad essere ubriachi. Ho sempre amato il vino. E pure Rinaldi. Quando non ci fu più vino andammo a dormire. Ah se solo avessimo avuto un’altra bottiglia di vino!” Boh, forse sarò io che non ho capito la funzione di dialoghi così pesantemente ridondanti. Forse era una rivisitazione dello “stream of consciousness” di Joyce, un tentativo di scrivere come la gente parla e pensa realmente, fare qualcosa di simile al “verismo” di Verga. A me cmq non pare molto riuscito. Il secondo elemento di irritazione è il principale personaggio femminile. Unidimensionale, ripetitivo, monocorde e pure indisponente. Una donna insignificante, svenevole, melensa, una “Traviata” cosparsa di melassa, un’ameba priva di alcun carattere e buona solo a dire 435.445 volte “sì caro. Ti amo tanto caro. E tu mi ami caro? Oh quanto ti amo, caro. Ci ameremo sempre, vero caro?”. Incapace di un qualunque cambiamento di tonalità. Non una lite, non un disaccordo con l’amato, non un’opinione discordante. Nel finale, quando è sul letto d’ospedale per un parto doloroso e a forte rischio per madre e bambino che fa? Promette al suo amato che non gli darà noia, dice che non vuole disturbarlo e gli suggerisce di andare a fare colazione! Ci mancava solo che si proponesse di stirargli le camice mentre partoriva!! Ma Hemingway ha mai visto una VERA donna? Durante un VERO parto?? E poi, scusate, ma dove 'sta la storia d’amore? I due si incontrano e dopo due pagine sono già innamorati. Su quali basi? Su quali condivisioni di esperienze o valori? Paragoniamola a quella che è forse una delle più belle storie d’amore della letteratura, “Orgoglio e pregiudizio”. Quest’ultimo è tutto un percorso sofferto e pieno di ostacoli di due che alla fine si capiscono e si amano. Un conoscersi via via più profondo fino alla comprensione finale di essere fatti per stare insieme. In “Addio alle armi” il nulla. Li scopriamo innamorati follemente dopo che si sono stretti la mano la prima volta.

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Maria Franco
Recensioni: 5/5

Una delle storie d'amore più insolite ma belle mai lette. Ambientata durante la I guerra mondiale, a cui tra l'altro Hemingway partecipò attivamente proprio in Italia, racconta l'idillio di due amanti, con un epilogo tragico ma al contempo che regala, a mio avviso, un senso di infinito al lettore. Quell'infinito che spesso viene associato alla parola amore. Addio alle armi ma anche agli abbracci (arms, armi ma anche braccia)!

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Elena Bernard
Recensioni: 4/5

Ho iniziato a leggerlo per curiosità verso i classici, è stato il primo libro che ho letto di Hemingway. É un alternanza di stili e di generi. Inizia incentrato solo sulla grande guerra, sulla vita al fronte gli umori e le vicessitudini dei protagonisti per poi cambiare e diventare un romanzo rosa in un alternanza equilibrata. L'ho letto senza sapere la storia scritta e ammetto che per me il finale è stato un vero colpo di scena! L'ho letto molto in fretta non è una lettura troppo pesante o complicata. Lo consiglio

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Recensioni

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Recensioni: 4/5
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Ernest Hemingway

1899, Oak Park

Il padre (medico) lo avvicinò alla caccia e alla pesca durante le vacanze in Michigan, tra laghi e foreste e seguendolo nelle visite agli ammalati delle riserve indiane, ebbe le prime violente impressioni del dolore e della morte. Studiò a Oak Park, ma rinunciò all’università per diventare cronista allo «Star» di Kansas City. Fondamentale, nell’aprile 1918, l’esperienza volontaria della guerra, come autista della sanità sul fronte italiano. Nel luglio viene ferito, e questo trauma, l’incontro diretto con la morte, segna la sua vita. Da allora, per esorcizzarla, cercherà spesso il confronto con la violenza e con il rischio. Dal 1921 al 1927 viaggia in Europa come corrispondente di vari giornali, soggiornando a lungo...

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