Le interviste di Wuz.it

Polar: in Francia c'è il rito alcolico, in Italia la passione. Viaggio tra gli scrittori noir italiani e francesi con Serge Quadruppani

Scrittore, traduttore e passeur, come lui stesso si definisce, cioè tramite tra la cultura e la produzione letteraria italiana e francese, Serge Quadruppani racconta in questa bella intervista di Paola Legnaro le differenze tra i romanzi polar francesi e quelli italiani. Ci dice che gli scrittori noir francesi bevono troppo, che gli italiani sono arrivati a sdoganare il genere in ritardo, ma che oggi sono bravi, anzi bravissimi. E di Camilleri, Lucarelli, Carlotto pensa che...
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LA PASSIONE PER L'ITALIA


La mia storia è complicata. Mi chiamo Quadruppani, ma all’origine  era Quattrupani, la famiglia di mio padre era svizzera italiana e quella di mia madre - Gandolfo - era piemontese, alla frontiera tra Piemonte e Liguria. A casa si parlava francese, mia mamma non ha mai parlato italiano.
Quando sono arrivato in Italia – quando? 35-40 anni fa? – non parlavo italiano, ma ho scoperto che gli italiani mangiavano quello che si mangiava a casa mia: non parlavamo italiano, ma mangiavamo italiano, mangiavamo gli gnocchi i cannelloni la polenta… poi ho imparato l’italiano incontrando un’italiana, mi sono innamorato di una italiana e dell’Italia.

Ancora oggi – che vivo metà del mio tempo in Italia -, ho l’impressione di avere a che fare con un paese molto esotico, molto, molto diverso e questo è affascinante.
Francesi e italiani sono cugini, le culture si sono mescolate da sempre, eppure sono due modi di fare, di vivere, di sentire profondamente diversi e questo è affascinante.
Scaverò sempre, cercherò sempre di capire, è una indagine infinita per capire la diversità tra queste due culture. Tanti francesi pensano che basti aggiungere una o oppure una a alla fine delle parole per parlare italiano, questo fa sì che molti italianisti in Francia in università si sentano poco apprezzati perché sembra che l’italiano sia facile, invece non è così, l’italiano non è soltanto una lingua, dentro una lingua c’è sempre un modo di guardare la vita, la lingua è un punto di vista sulla vita.


GLI SCRITTORI DI POLAR IN FRANCIA

Sono uno scrittore francese di polar, e in quanto tale ho partecipato a molti eventi dove c’è sempre più o meno lo stesso gruppo di scrittori che si ritrovano, con un sacco di riti d’obbligo, con lo stesso modo di parlare tra loro. C’è un giro con le sue leggi i suoi capetti… io mi sono sempre sentito estraneo a questo giro anche se ho un certo numero di amici - ma anche un sacco di nemici -, io ho le mie idee e non siamo sempre d’accordo.
In Francia per esempio c’è il rito alcolico: vivono con il fantasma dello scrittore americano di noir, del detective americano che beve come una spugna e spesso in questi ambienti a tarda sera sono tutti ubriachi e litigano tra di loro. Devo dire che io ho sempre rispettato i riti di tutte le tribù che ho incontrato e dunque mi sono adeguato anche a questo, il fatto è che poi mi scappano delle parole un po’ forti e così…


I GIALLISTI ITALIANI

Serge Quadruppani e Andrea Camilleri
""Non esiste un equivalente in un altro paese, io non conosco la letteratura di tutti i paesi, ma so che in Europa non vedo qualcuno che sia allo stesso tempo un grande scrittore popolare e un grande scrittore tout court""

Invece con il milieu italiano ho un rapporto molto più rilassato, molto più disteso, anche perché mi pare che bevano di meno, e poi io traduco un sacco di loro libri Carlotto, Wu Ming, Lucarelli ovviamente il maestro Camilleri, il rapporto con loro è più tranquillo.
Il fatto è che conosco meglio la produzione italiana di quella francese.
Leggo meno i francesi anche perché ci sono un sacco di discorsi ideologici che trovo un po’ ridicoli, e manca lo sforzo di teorizzazione che c’è stato in Italia – per esempio quello di Wu Ming sulla new italian epic –, molto interessante.
In Italia i tempi sono stati diversi.
In Francia è da molto tempo che il noir, il giallo, il polar è apprezzato anche dagli scrittori di letteratura generale come Sartre o Gide che hanno sempre parlato del loro piacere nel leggere noir, la Série Noire la collana più famosa, quella di Gallimard, è stata creata da Marcel Duhamel che era un uomo molto colto, un compagno di strada dei surrealisti, faceva parte di un giro di alta cultura. Anche se per un certo tempo hanno parlato di una letteratura maledetta, mi ricordo che quando ho cominciato a scrivere noir il direttore della collana Série Noire diceva che noi siamo la letteratura maledetta, ma siamo gli unici che parlano della società, dei problemi sociali ecc. Io lo trovavo un po’ ridicolo perché eravamo sempre invitati dappertutto e non mi sentivo maledetto per niente, e poi non è vero che solo la scrittura noir parla del sociale. È vero che nella letteratura francese c’è un filone molto “invadente” di letteratura psicologica, di auto fiction, che prende come argomento i problemi dello scrittore, i problemi di scrivere, l’adolescenza della scrittore, ma ci sono anche un sacco di libri interessanti che parlano della vita e dei problemi sociali che ci sono oggi. 

La letteratura noir francese, insomma, è sempre stata molto apprezzata, ha sempre avuto molto spazio, invece in Italia, all’inizio, quando mi chiedevano cosa fai nella vita, e io dicevo sono scrittore, ah, scrittore! Si, di gialli. Ah… vedevo dallo sguardo del mio interlocutore che scendevo due tre scalini nella scala sociale. C’è una tradizione accademica molto forte che pesa su questo giudizio, ma recentemente le cose sono cambiate, prima di tutto grazie a Camilleri che non solo ha mutato la lingua italiana, ma ha affermato che anche il noir potesse essere letteratura. Poi c’è stato anche il gruppo dei tredici di Bologna con Lucarelli, Fois, Macchiavelli... (tutti questi che sto citando sono nella mia collana della Biblioteque italienne dell’editore Metailie) che hanno fatto una bella operazione per fare capire che il noir poteva essere veramente letteratura, prima di loro ci sono stati Scerbanenco, Sciascia, Gadda, ma queste sono eccezioni nel paesaggio letterario italiano. Invece dal gruppo dei 13, da Camilleri in poi io penso che la letteratura noir sia stata riconosciuta fino a giungere a una moda del noir, un po’ invadente: ognuno vuole scrivere il suo noir.



POLITICA E NOIR IN FRANCIA


In Francia già negli anni '50 c’erano scrittori di destra e di estrema destra e scrittori di sinistra e di estrema sinistra che scrivevano noir, e si vedeva dal loro modo di raccontare le storie, potevano essere molto bravi – anche quelli di estrema destra, si sentiva il loro pensiero politico ma non era messo in primo piano – poi c’è stato il ‘68 e tantissimi autori hanno cominciato a scrivere per compensare il fatto che non avevano fatto la rivoluzione, con un filone nostalgico, arrabbiato.
È nata la moda del neo polar: bastava essere di estrema sinistra per scrivere qualcosa e fare sentire che eri molto incazzato contro la società. La maggior parte di queste storie non era molto interessante. Invece c’è stato uno scrittore che considero il mio maestro, Jean Patrick Manchette - anche tradotto in Italia -, che è veramente un grande (con lui condivido una critica radicale alla società, lui è stato molto influenzato dai situazionisti, e anche io, tra l’altro).
Ho partecipato all’inizio di una collana che ha avuto molto successo, Le Poulpe, storia di un detective privato che va sempre a scavare nelle piaghe della società. L’idea della collana era che ogni scrittore noir francese dovesse scrivere solamente un libro, un episodio con protagonista questo personaggio chiamato le poulpe, che si è sempre più appiattito, diventando un uomo di sinistra, buonista, uno perbene, antirazzista. Ovviamente anche io sono contro il razzismo e contro l’estrema destra, ma non basta a capire perché le cose vanno male in questo mondo.
L’aspetto politico del giallo francese si è indebolito. Oggi ci sono personalità molto interessanti come Jerome Leroy che con il suo libro Le blog sul fronte nazionale francese si rifiuta di fare una cosa tutta bianco e nero e cerca di spiegare come mai un ragazzo proletario può diventare un fascista e come possa esserlo anche una persona molto colta, e questo è molto più interessante, secondo me, che scrivere semplicemente che il razzismo è male.


POLITICA E NOIR IN ITALIA

In Italia invece per me è successa una cosa impressionante: durante il berlusconismo si aveva l’impressione di un disastro politico-sociale. In questo paesaggio disastrato c’era una resistenza culturale - come spesso accade quando, almeno apparentemente, non c’è più niente, non c’è più speranza – c’era la cultura e dentro la cultura ci sono opere, c’è Camilleri che è diventato un punto di riferimento per un sacco di gente.
Io ho partecipato per esempio in Valpellice a un incontro dove è stato nominato cittadino onorario di Torre Pellice, in una piazza strapiena di gente che aspettava da ore sotto il sole per vederlo e poi c’è stato uno scambio tra lui e questa gente veramente commovente, loro piemontesi e lui siciliano. Vedevano in lui qualcuno che portava la speranza, la speranza in un cambiamento, il fatto di credere fortemente, in certi valori che erano stati abbandonati nel tempo. E gli altri, Massimo Carlotto e il suo modo di raccontare la ‘ndrangheta nel Nordest, Carlo Lucarelli che parla del passato fascista, colonialista, col suo libro che secondo me non ha avuto abbastanza successo in Italia che è L’ottava vibrazione, un grande capolavoro. Mi piace dire agli italiani quali sono i tesori nazionali che hanno senza rendersene conto.
Su Camilleri, insisto
: non esiste un equivalente in un altro paese, io non conosco la letteratura di tutti i paesi, ma so che in Europa non vedo qualcuno che sia allo stesso tempo un grande scrittore popolare e un grande scrittore tout court, perché lui ha scritto di tutto, in ogni romanzo c’è un’idea, alcuni sono scritti in modo più facile, altri meno, alcuni sono dei veri capolavori letterari come Il birraio di preston, La trilogia delle metamorfosi, ll re di Girgenti, questi sono capolavori letterari, poi c’è la serie di Montalbano che è un grande feuilleton, e il feuilleton ha un ruolo sociale, educativo. Bisogna ripensare lavori come quello di Luigi Natoli in Sicilia che con  la serie dei Beati Paoli, offre a tutto un popolo, popolo minuto di popolani, la sensazione di essere proiettati in queste storie.
Camilleri: voi italiani non vi rendete conto dell’importanza che ha questo personaggio. Lo dico con tutto l’affetto che ho per lui, per me è veramente un grande, la maniera in cui lui racconta il rapporto tra la gente in Sicilia, se devi raccontare che uno deve andare in ospedale non puoi raccontare che lui va in ospedale e basta, lui deve prima pensare ‘ma chi conosco che mi potrebbe far entrare più rapidamente degli altri’? Questa è la Sicilia.
Io ho tradotto Romanzo criminale di Giancarlo De Cataldo e I traditori che racconta il Risorgimento, ma è anche un noir in qualche modo. Ho detto scherzando a Giancarlo, per cui ho molta amicizia (ma con il quale sono anche in disaccordo perché lui è un magistrato) ‘guarda che tu come scrittore stai smentendo quello che pensi come magistrato, come scrittore stai raccontando che l’Italia così com’è è stata costruita da politici corrotti, mafiosi e terroristi e questa è la verità’. Lui racconta molto bene come il potere dello stato era rappresentato dai piemontesi, dai soprusi dei piemontesi su una società che all’inizio era disposta a cambiare a entrare nella modernità, ma la modernità che hanno portato i piemontesi era una modernità di violenza, di sfruttamento che hanno rifiutato, e sono tornati in quello che i piemontesi chiamavano ‘arretratezza’, un modo di vivere in comune difendendosi dal potere centrale. In questo per me sono le radici della mafia. Uno scrittore come Criaco racconta bene come la gente è salita a Milano con una idea di vendetta per tutte le miserie che erano state inflitte loro dal potere centrale. Non si può non condividere il punto di vista dell’autore: l’ambiente criminale è completamente intriso nella società e questa è la cosa più difficile, e per cambiare questa realtà bisognerebbe cambiare profondamente la società e questo è un altro paio di maniche.  


I DUE FILONI DEL POLAR

Spesso il polar è soltanto una scrittura di divertimento.
Ci sono due filoni nella letteratura gialla: i romanzi alla Agatha Christie, del tipo who done it? come si dice in inglese, chi è stato? Il problema è capire chi è l’assassino e basta, e questo è una specie di gioco come le parole crociate, per passare il tempo, e ci sono molti lettori che chiedono questo soltanto, la collana I gialli Mondadori è nata per questo tipo di letteratura. Quando Sandrone Dazieri ha provato a pubblicare altri tipi di romanzi ci sono state molte lettere di protesta: i lettori si lamentavano per le troppe parolacce, troppa violenza ecc, e mi hanno spiegato che era una letteratura per vecchietti (senza offesa per i vecchietti) ma io mi sono ritirato da questa collana. Poi c’è il filone della letteratura noir che non si pone tanto la domanda chi è stato? quanto la domanda perché l’ha fatto? Perché è stato fatto? Ci sono anche lettori per questo tipo di letteratura, ma le due cose si mescolano e non è detto che la domanda più forte sia per la seconda, perché c’è tutto un lato di puro divertimento. Io non sono contrario se uno vuole leggere e poi dimenticare il libro subito dopo averlo letto, è sempre meglio che guardare certe porcherie televisive, diciamo.  



Serge Quadruppani, Lello Voce, Massimo Carlotto


NOIR COME INDAGINE SOCIALE


La  letteratura spesso può fare capire meglio la realtà del lavoro dei giornalisti. Parliamo dei famosi misteri italiani, come Piazza Fontana, la strage alla stazione di Bologna: il lavoro giornalistico e il lavoro della giustizia dopo un po’ producono un mare di documenti mescolati e non si capisce più niente. Invece riprendendo le cose dal punto di vista dello scrittore tu fai lavorare anche l’inconscio, senti le cose e le racconti, dici ‘attento questo è un romanzo’, ma la verità in molti casi passa meglio.
Penso ai romanzi di Carlotto: lui non produce prove dell’infiltrazione della ‘ndrangheta, ma il modo in cui la racconta è molto convincente, fa sentire il rapporto tra il Nord e il Sud italiano, come il famoso miracolo del Nord Est che è stato fatto anche con i soldi delle diverse mafie…  questo la letteratura noir lo racconta meglio.



IL CONTRATTO TRA LETTORE E SCRITTORE


Il giallo è una letteratura di genere, dove c’è un contratto tra il lettore e lo scrittore: devo andare a Roma in treno, prendo un libro di fantascienza so che ci saranno dischi volanti; compro un giallo e so che ci sarà un morto ammazzato e dovrò capire come e chi l’ha fatto. Importa molto meno chi l’ha scritto e cosa ne pensano i giornalisti, o se ne hanno parlato in televisione. C’è un rapporto molto più diretto tra il lettore e la storia, è quello che si avvicina di più all’utopia di una letteratura popolare.
La letteratura popolare per me è un’utopia, nel senso che il popolo, gli strati meno colti della popolazione leggono molto poco perché guardano la televisione. Diciamo che la letteratura che si avvicina di più alla letteratura popolare è la letteratura di genere. E perché il giallo? Perché parlare di crimini è un modo per avvicinarsi molto alla realtà sociale: il crimine ormai ha un posto centrale nella società, ci sono gialli in continuazione nel nostro quotidiano. L’idea dell’indagine, della ricerca, fa parte del noir, che è sempre una ricerca, ma non una ricerca scientifica (anche se può avere aspetti scientifici): è una ricerca esistenziale. C’è sempre la ricerca, la volontà di scoprire qualcosa, che non c’è in tutti i romanzi, la volontà di scoprire qualcosa è il fondamento del noir.
Quando scrivo so come la storia inizia, come finisce, più o meno alcuni episodi. Poi scrivendo entra in gioco l’inconscio e scopri delle cose che non avevi pensato, perché la cosa importante è dare molto spessore  ai tuoi personaggi: se gli dai spessore con aspetti diversi, con le loro contraddizioni, il personaggio si sviluppa da solo nel tuo cervello e ogni tanto ti può stupire. I miei personaggi a volte hanno reazioni che mi sorprendono; una volta c’era un personaggio in uno dei miei romanzi che si lamentava sempre. Una famiglia era presa in ostaggio da un babbo natale (romanzo tradotto in Italia nella collana Gialli Mondadori nel 2004 con il titolo La notte di Babbo Natale) e un personaggio è stato ferito e si lamenta sempre perché sta male. Dopo un po’ mi dava sui nervi e il killer l’ha ammazzato perché non ce la faceva più a sentirlo.


LETTERATURA E RIVOLUZIONE

Io sono sempre stato appassionato da due cose: la letteratura e la rivoluzione. Penso che oggi come mai abbiamo bisogno di una rivoluzione. Naturalmente bisogna intendersi sulla parola rivoluzione: io sono sempre stato antistalinista e antileninista, nel senso che ho sempre pensato che se c’è un’avanguardia che ha la pretesa di prendere il potere, rappresentare il resto del proletariato, ci saranno sempre guai. Conosciamo la storia e dobbiamo uscire da certi meccanismi. Oggi si sente più forte la necessità di cambiare completamente, dalle radici, il modo di vivere insieme su tutto il pianeta. È una cosa non di poco peso, che non si farà in due mesi né in due anni, forse in due secoli, non lo so. Comunque dai 16 anni in poi ho sempre sentito il bisogno di partecipare anche se non sono mai stato iscritto a nessun partito. Letteratura e rivoluzione: quando vedo delle lotte che hanno un contenuto universale ne sono sempre attratto.  Sono stato invitato in Valle di Susa da una libraia, ho incontrato gente e sono stato veramente impressionato e commosso nel vedere questo popolo che lotta. Il fatto che la ex post-sinistra italiana non sia capace di vedere quando c’è un popolo che lotta, per me è la condanna assoluta di questa post-sinistra che non ha più nessuna legittimità. Il fatto è che questa gente lotta per il diritto al territorio, per il diritto ad avere un territorio, già abbastanza aggredito dal sedicente progresso, e lotta anche per noi tutti, perché l’idea che dobbiamo continuamente abbreviare i tempi di viaggio, che questo è l’avvenire, che dobbiamo impiegare di meno per andare da Lione a Torino, non è la cosa più importante, più urgente da fare oggi. Questa è la follia del tempo.
Sono veramente tutti simpatici. Ci sono vecchietti - veramente vecchietti -, e signorine che vanno a pregare (ogni giorno c’è un gruppo di preghiera che va a pregare davanti al recinto, al fortino dove la polizia è installata) le vecchiette che pregano dicono ma si, i ragazzi sono tutti nostri figli parlano degli incappucciati dei famosi blackblock che quando sono arrabbiati buttano due tre pietre, ma anche i poliziotti buttano le pietre, è stato anche documentato. Tutti lottano, ciascuno a suo modo. Ci sono i non violenti, ci sono quelli un po’ più incazzati, ma lottano tutti insieme senza mai dissociarsi gli uni dagli altri. Questo secondo me è l’avvenire perché si criticano tra di loro quando ci sono le assemblee, ma quando c’è da lottare sono tutti solidali.
Il 26-27 maggio abbiamo fatto un incontro in Valle di Susa con scrittori italiani e francesi, hanno aderito Carlotto, Valerio Evangelisti, e c’erano i Wu Ming 1, Luciano Celi, Girolamo De Michele, Kai Zen J, Sergio Bianchi, Marc Porcu, Patricia Dao e Fabrizio Ruggirello, Dominique Manotti.



CHIE È SERGE QUADRUPPANI



LA BIBLIOGRAFIA DI QUADRUPPANI
Gli autori consigliati nell'intervista.
Ecco i titoli in catalogo di:

  • Andrea Camilleri
  • Massimo Carlotto
  • Carlo Lucarelli
  • Wu Ming
  • Marcello Fois
  • Loriano Macchiavelli
  • Giancarlo De Cataldo
  • Luigi Natoli
  • Jean Patrick Manchette
  • Jerome Leroy



06 giugno 2012 Di Paola Legnaro

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