Le interviste di Wuz.it

Hugo Cabret si racconta in un'intervista. Nelle parole di Brian Selznick la nascita dell'eroe del nuovo film di Scorsese


Il nuovo film di Martin Scorsese è una meraviglia per gli occhi, racconto di mistero e adolescenza che omaggia, nel contempo, il cinema dei pionieri.
Ma forse non tutti sanno che ""Hugo Cabret"" è innanzitutto un libro.
Un libro illustrato che nel 2008 ha persino vinto il riconoscimento più ambito nell'ambito della letteratura per ragazzi. In quell'occasione Anna Casanova di RadioAlt ha realizzato un'intervista con Brian Selznick, autore di quella fiabesca invenzione letteraria; un'intervista che oggi vogliamo riproporre a tutti i nostri lettori perché possano addentrarsi più a fondo nell'affascinante mondo di Hugo Cabret.


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Domanda
: Vogliamo raccontare brevemente la storia di Hugo Cabret: chi è questo ragazzo? e cosa scopre?

Risposta: La storia narra di un ragazzino, Hugo Cabret, che è orfano: ha 11-12 anni e vive da solo fra le mura di una stazione ferroviaria di Parigi. Ad un certo punto Hugo scopre un automa che ha la forma di uomo e che forse saprebbe scrivere; ma un meccanismo è rotto, e Hugo si convince che se riuscirà ad aggiustarlo, questi scriverà un messaggio per il padre e gli salverà la vita.
Hugo incontra poi un anziano signore che vende giocattoli dentro la stazione, e si scoprirà solo in seguito che questo vecchio è in realtà un cineasta, Georges Méliès.
La storia a quel punto si incentra su questo regista, che ha realizzato tanti film di fantascienza il più importante dei quali è forse “Un viaggio nella luna”.


D: Questo romanzo contiene trecento disegni in matita e carboncino, la prima parte scritta inizia a pag. 52., quindi fino quel punto il libro è una carrellata di disegni. Come le è venuta in mente questa composizione, questa struttura del romanzo tanto cinematografica?

R: Beh, innanzitutto ho cominciato a scrivere la storia e l’ho scritta come fosse un romanzo normale. Inizialmente non sapevo che ci sarebbero stati tanti disegni, tante immagini. Ho trovato ispirazione guardando i vecchi film, e guardandoli con attenzione ho visto anche come i registi muovevano la telecamera per raccontare una storia visivamente. Quindi ho avuto l’idea di raccontare la mia storia attraverso delle immagini, cercando però di conservare la forma del libro. Girando le pagine, c’era la possibilità di vedere lo snodarsi della storia. Allora sono ritornato al testo scritto, ho tolto grossi blocchi della storia che avevo già scritto e li ho sostituiti con disegni.


D: Questo è un romanzo di formazione: abbiamo il protagonista che cresce, matura nel corso della storia; ma ""Hugo Cabret""  racconta anche una storia del cinema francese ai suoi albori, è un omaggio a Georges Méliès. Come si è documentato?

R: L’intero libro è stato ispirato da Georges Méliès perché avevo visto “Viaggio nella luna” molto tempo fa e mi aveva ispirato. Poi, quando ho cominciato a scrivere il libro, questa ispirazione ha preso corpo come il libro stesso. I film di Georges Méliès sono stati realizzati alla fine dell’Ottocento e all'inizio del Novecento, ma il mio libro è ambientato nel 1931. A quel punto ho deciso di vedere altri film di quel periodo, il periodo delle origini del cinema in Francia, e ho scoperto che c’erano dei film incredibili che non avevo mai visto prima, ho scoperto film molto interessanti come “Sous le toits de Paris” (“Sotto i tetti di Parigi”) di René Clair, l’”Atalante” di Jean Vigo... questo percorso mi ha portato a  scoprire i film di Truffaut, come “Les quatre cents coups” (“I quattrocento colpi” ).
Anche lì si racconta di un ragazzino dodicenne che vive alcune notti da solo a Parigi ed è stato una grossa ispirazione per il personaggio di Hugo Cabret.


D: Se non erro ha anche curiosato tra i musei, ho letto che lei si è recato al museo di Philadelphia, dove ha scoperto l’esistenza di un automa, che è poi lo stesso automa che il bambino Hugo Cabret scopre nella storia.

R: Quando ho appreso dell'esistenza di questi automi ho deciso di fare una ricerca. Ho inserito la parola “automa” in un motore di ricerca, e la prima immagine che è comparsa è stata quella di un bellissimo robot. Una didascalia spiegava come quell'automa fosse visibile al Franklin Institute di Philadelphia. Ho chiamato subito, e mi hanno detto che l’automa s’era rotto e che non era più in mostra. Io ho spiegato che stavo lavorando a un libro sugli automi e che ero interessato a vedere l'esemplare in loro possesso anche se era rotto. Così mi hanno invitato e, una volta arrivato al museo di Philadelphia, mi hanno mostrato la macchina. Siamo scesi in cantina, nel posto dov'era conservato l’automa in attesa di venire riparato, e mi hanno raccontato un sacco di cose: sono state proprio queste spiegazioni sul funzionamento, sull'incastro fra le varie parti, ad ispirarmi e darmi molti spunti per la scrittura del libro.


Un ritratto di Selznick

D: Come stanno reagendo i ragazzi alle sue presentazioni? Per loro questo libro è una novità sia dal punto di vista grafico che da quello narrativo. Come reagiscono al mondo nuovo nel quale ""Hugo Cabret"" li porta.

R: Diciamo che c’era tutta una serie di cose che non sapevamo ancora quando ci apprestavamo a far leggere questo libro ai bambini, perché nel libro si racconta dei film muti francesi - che i bambini normalmente non guardano - di automi - che i bambini normalmente non conoscono - e inoltre c’è quest’alternanza tra parole ed immagine... quindi le incognite erano tante.
Poi però il mio editor ha avuto un’idea brillante. Ha detto: se ci sono tutti questi elementi inusuali ma importanti per il personaggio, Hugo, che è un bambino, sicuramente lo saranno anche per i nostri lettori, che sono anch'essi bambini... Insomma, se noi avessimo invitato i bambini a sedersi e guardare dei film muti francesi probabilmente non li avrebbero apprezzati, ma siccome leggono di Hugo, che è un orfano coraggioso, che vive solo, che deve prendere delle decisioni molto spaventose, i bambini si appassionano al personaggio di Hugo e - di rimando - sono subito attratti anche dalla sua storia, per strana e atipica che sia.
In effetti i lettori di Hugo Cabret hanno immediatamente capito come la storia avesse lo stesso ritmo di un film, e hanno compreso anche che bastava girare le pagine per poter andare avanti con la storia.


D: Georges Méliès è stato il padre degli effetti speciali. Arrivando agli effetti speciali del cinema di oggi, cosa pensa del cinema digitale?

R: Quello che è interessante dell’opera di Georges Méliès è che pur adottando nuove tecnologie, tutto ciò che faceva aveva un'impronta fortemente artigianale, come fosse fatto a mano.
Si percepisce sempre la mano dell’artista in qualsiasi fotogramma, in qualsiasi effetto speciale che vediamo proiettato sullo schermo, rimane fortissimo il senso dell’essere umano che sta dietro il film.
Uno dei problemi della cinematografia realizzata in computer graphic è proprio che si viene a perdere la presenza umana, dietro l’immagine.
Quando l’animazione digitale viene realizzata in modo appropriato, comunque, rimane un’espressività, al fondo. Però bisogna ancora imparare a dare un tocco umano a qualcosa che di umano ha ben poco.



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10 febbraio 2012  

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