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Mister Fantasy 2010: l'indimenticabile programma torna in televisione da marzo su RaiExtra. Carlo Massarini racconta a Massimo Villa quella storia e non solo...


Nel bellissimo libro Dear Mister Fantasy compare, nel capitolo dedicato alla mitica trasmissione radiofonica serale Popoff, una immagine che ritrae insieme due dei conduttori: Carlo Massarini e Massimo Villa.
A distanza di più di trent'anni si incontrano due dei protagonisti assoluti del mondo musicale di quegli anni, per parlare di radio, ma soprattutto di televisione, dell'indimenticabile programma Mister Fantasy, che da marzo verrà riproposto su Rai Extra (con l'aggiunta di alcune puntate completamente nuove) e di quella società, rapportata a quella odierna.

Potete ascoltare l'intervista sul sito di RadioAlt





cosè stato mister fantasy?


carlo massarini e massimo villa nello studio di popoff

Buon giorno Carlo Massarini, nelle mie interviste do abitualmente del lei, ma nel tuo caso mi sembrerebbe un imbroglio inaccettabile...


Si, non riuscirei più a capire chi sei se mi dessi del lei, però spiega anche perché!

Abbiamo lavorato gloriosamente insieme più di trent’anni fa...
Potresti spiegare che cosa è stato Mister Fantasy ai ragazzi che oggi hanno vent’anni e che allora non c’erano?


Non è facile spiegare una cosa che nessuno ha mai visto, però diciamo che è stato il primo programma al mondo con i video clip come materia principale.
Sono state realizzate circa 130/140 puntate tra l’81 e l’84 in un periodo in cui c’era il colore in televisione da tre quattro anni, in cui c’erano i primi effetti elettronici, per esempio il Chroma-key che impazzava [La tecnina consiste nel sostituire un preciso colore del set con un’immagine statica, con un filmato o con un’immagine virtuale realizzata sul computer. Il soggetto sta davanti ad un fondale di colore blu o verde, che verrà elaborato in modo lineare o non lineare per sostiuirlo con un’immagine o un filmato, ndr.]. Ci si metteva qualunque cosa per cui sembrava sempre di vedere un eterno carnevale di Rio dietro chi parlava.
Era un programma molto sobrio e rigoroso da un punto di vista visuale, che aveva uno specifico: proiettare un mondo che stava nascendo, il mondo dei video clip, all’inizio molto onirici, simbolici, molto meno evoluti di adesso, molto meno “film breve” o nei quali se ne vedevamo le prime intenzioni.
L’idea era quella di trasmettere questo materiale non da uno studio normale, quanto da uno studio un po’ fuori dallo spazio e dal tempo, non a caso si entrava in un tunnel come Alice nel paese delle meraviglie o nel Mago di Oz, in un mondo molto particolare nel quale era tutto bianco, io ero vestito di bianco e non c’era praticamente nulla dentro. Questo nella versione finale; all’inizio c’era un gigantesco computer come fondo che poi fu abbandonato e andammo verso un programma rigorosamente vuoto in cui c’ero io e al massimo Pippo Guarnera che suonava l’organo Hammond.
E, da questo spazio bianco rivestito e adornato dalla grafica di Mario Convertino - una bellissima videografica che adesso potrebbe sembrare estremamente semplice - trasmettevamo questo materiale catturando l’attenzione e intercettando tutto quello che c’era di voglia di nuovo e di un mondo diverso.
Non dimentichiamoci che nell’81 si stava uscendo dagli anni Settanta italiani, anni molto duri, politicamente complicati, pieni di sangue e tensioni, e c’era voglia di tornare a un mondo più colorato, più fresco e diverso. Erano gli anni che D’Agostino definiva dall’altro programma culto del periodo, quello di Arbore [Quelli della notte, ndr.], l’edonismo reganiano. Era un’epoca in cui da una parte si tentava di trovare una brillantezza nuova e, dall’altra, esisteva un fermento artistico e musicale che noi avevamo interccettato a Mister Fantasy.
La trasmissione era registrata a Milano, città che stava vivendo un momento particolarmente vivace. C’era la scuola di architettura Mendini-Sottsass che si chiama Memphis, c’erano locali, video installazioni, mostre e gallerie. Era un momento musicalmente interessante e noi eravamo al centro di questa scena e, in parte, questa scena l’abbiamo portata in televisione. In sintesi, è stato un programma di televisione molto innovativo sia per la grafica che i materiali e, per tutti coloro che, fino a quel momento, non avevano mai visto nulla del genere, specialmente perché non c’era mai stato. Fu veramente una cosa che colpì moltissimo.
Devo dire che, ancora adesso, su Facebook od ovunque vado, la maggior parte della gente se la ricorda così bene che mi dichiara un affetto imperituro. Evidentemente siamo davvero entrati nei sogni, come dice Jovannotti nel mio libro, abbiamo creato i sogni più belli dei ragazzi di quei tempi.



Facendo una battutta, quella canzone Video Killed the Radio Star, nel tuo caso invece il video non ha ucciso la star della radio ma l’ha moltiplicata.


Sì, in un certo senso sì. È molto anti McLuhan che, negli anni Sessanta, aveva previsto il fiorire di un medium dietro l’altro e aveva detto che i medium successivi non uccidono mai quelli precedenti ma in realtà si stratificano sopra in funzione più giusta. Nel mio caso ogni passo successivo dopo la radio è stato amplificato, è stato un passo in più in cui ho fatto qualche cosa di diverso e qualche cosa di nuovo.


ma il rock è di destra o di sinistra?


Hai citato Facebook, in cui, negli ultimi giorni, hai lanciato un post interessante che è la domanda: “Ma il rock è diventato di destra?”, per il fatto di avere ricevuto delle recensioni per il tuo bel libro di cui, tra l’altro, non abbiamo ancora parlato. Com’è il titolo esatto del tuo libro?

Dear Mister Fantasy.

Un volume con fotografie che tu hai scattato nell’arco di quasi vent’anni e con tutta una serie di memorie riscritte nell’età contemporanea.
Ma torniamo a questa faccenda, il rock è diventato di destra?


La provocazione, perché di quello si trattava, era dovuta al fatto che, la maggior parte dei giornali di destra, anzi direi praticamente tutti i quotidiani, ma anche le riviste web come Fare Futuro, hanno parlato bene del libro e non solo ne hanno parlato bene, ne hanno scritto delle persone, da Stefano Mannucci a Federico Zamboni sul Secolo, in maniera molto competente, con un paio di articoli che avrei avuto grandi difficoltà a pareggiare pur conoscendo la materia in prima persona, quindi, sono rimasto sorpreso da questa accoglienza così competente e calda allo stesso tempo.
Dall’altra parte sono rimasto meravigliato che i giornali di sinistra, l’Unità, il Manifesto e Repubblica con il suo “radical chicchismo”, non abbiano “neanche toccato il libro con un palo”, come si diceva una volta, e non perché il rock fosse veramente di sinistra. Qui si è aperto il dibattito su Facebook con posizioni che possono essere le più svariate. Personalmente penso che il rock abbia avuto un’importanza molto grande nel creare nuovi codici giovanili etici ed estetici, di comportamento e di life style, negli anni ’60 - ’70 in tutto il mondo (e negli anni ‘50 in America) e che buona parte di quella musica fosse una musica contro il sistema – Dylan, tanto per citarne uno - o fosse una musica svincolata dal potere, anzi decisamente contraria all’idea corrente di potere in quel momento. Solitamente tutto ciò si ritiene fosse di sinistra. Comunque il rock, negli anni, è nato e rimorto così tante volte che è difficile dargli un colore politico. La discussione partiva da uno spunto provocatorio e poi si poteva allargare.
Mi sono meravigliato perché in fondo il rock in Italia è sempre stato un po’ di sinistra: i grandi raduni di giovani, i grandi festival pop, tutte le grandi manifestazioni non sono mai state di destra, e la destra forse, in quel momento non aveva nemmeno la forza politica ed economica per poterle fare. Il Reggae, tutte le musiche alternative, l’Indie sono sempre stati considerati musiche di sinistra. Mi sembrava strano che, all’uscita di un libro abbastanza completo che raccontava quei tempi (dal punto di vista musicale e un pochino dal punto di vista sociale), che parlava degli scontri, dei concerti, etc, una certa sinistra non lo considerasse. Mi sembrava strano perché, in qualche maniera, le radici dei giovani di adesso sono lì, sono quelle, mi sembrava una dimenticanza storica delle proprie radici.
Comunque è stata una discussione molto interessante: 250 post, alcuni anche lunghi una pagina, che hanno raccontato posizioni diverse: è stato un bel fenomeno, impossibile fino all’invenzione dei social network. Sarebbe stato interessante lanciarla proprio in quegli anni lì, dove seguiva sempre il dibattito alle diverse manifestazioni. Adesso che c’è questa possibilità, direttamente da casa, molto divertente e in tempo reale, che coinvolge molte persone, possamo riportare la musica anche in un contesto diverso.
Si parla sempre di internet, che ha cambiato la maniera di diffondere la musica, vedi per esempio IBS, il negozio on line, la distribuzione on line, il prezzo al minuscolo dettaglio in cui puoi comprare un singolo brano... insomma, è tutto molto cambiato ed è interessante utilizzare Facebook per parlare di musica in una maniera diversa.


massimo villa voce di popoff
Invitiamo gli ascoltatori a chiedere l’amicizia a te, oppure a me, così hanno la possibilità di accedere.


Si, la mia bacheca tra l’altro è aperta quindi possono anche postare. L’ho fatto perché mi diverte l’idea. Io ci metto abbastanza materiale e impegno, ma mi diverte molto che la gente ci metta dei pezzi di letteratura, una canzone preferita, delle citazioni, delle cose che sono successe o articoli di giornale. Mi diverte perché mi dà l’idea che non sono solo io a fare questo lavoro ma si è in più persone. Il lato negativo, ovviamente, è che ti arrivano tutti i giorni decine di bamboline, torte regalo, angioletti, che è lo spam del terzo millennio. È una bacheca abbastanza ricca e credo che sia questo il senso di avere una bacheca su Facebook.


dear mr. fantasy: il libro


Tre domande in una: quanto tempo hai lavorato a Dear Mister Fantasy, è stato difficile trovare un editore e hai idea di come stanno andando le vendite?

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Trovare un editore non è stato difficile. Quelli di Rizzoli si sono incuriositi, grazie al mio agente letterario che li ha trovati al primo colpo, hanno visto le foto e hanno detto: “Bellissimo, facciamo un libro fotografico, tu dacci le foto e metti qualche piccola dida”. Ho risposto che veramente avrei preferito scrivere perché ho molte cose da dire. Mi hanno risposto, “Si, però non troppo, mi raccomando.”. Poi hanno visto la parte scritta e gli si sono drizzati i capelli, ma abbiamo trovato un onorevole compromesso. È un libro molto più “scritto” di come doveva essere in origine ma io sono contento così perché una storia non la puoi raccontare in didascalie. Il buon Rod Stewart diceva  che ogni immagine racconta una storia e questo è vero, però devi avere anche gli strumenti per leggere la storia dentro l’immagine, se tu allora non c’eri e non riesci a riconoscere i segnali, i vestiti e i codici, diventa un po’ più difficile.


Quanto tempo?

Un anno e mezzo, quasi due.
È stata esaurita la prima tiratura e stiamo ristampando
. Io ero abbastanza sicuro, sapevo che si sarebbe rivolto a un pubblico molto vasto, l’idea di chiamarlo Dear Mister Fantasy ricordava il programma televisivo e mi dava la garanzia del successo, però è sempre molto piacevole vederlo.


È bello vedere in qualcuno la sicurezza di quello che fa. Una delle cose di cui ti sei trovato a parlare in questi incontri è il cambiamento del cosiddetto supporto fonografico, dal vinile al Cd all’Mp3. Possiamo dire che la musica è sempre stata ed è l’unica arte immateriale che esiste?

In un certo senso sì, però, per portarla sul mercato, una qualche materializzazione è necessario darla. A differenza della scrittura che ha bisogno di essere stampata, cioè messa su una qualche forma di supporto per essere letta, la musica salta questo passaggio. Tuttavia vedo l’incapacità delle case discografiche di reggere la botta. La genialata di Steve Jobs di inventare iTunes e un supporto che lo reggesse, il fatto che sui siti si possa comprare musica al dettaglio, che siano stati aperti gli spazi su Myspace, su Facebook, su Youtube, che i gruppi facciano informazione e diffondano in maniera diversa, il fatto che nuovi artisti riescano ad arrivare al grande successo (per esempio gli Artic Monkeys al numero uno la prima settimana solo grazie ai social network)...
Devo dire che io continuo ad amare l’idea di comprare i Cd in un negozio e di averli fisicamente tra le mani. La digitallizzazione mi ha sfiorato: se torno a casa con un Cd e dico a mio figlio se lo vuole, lui lo scarica sul computer e me lo restituisce come se fosse una cosa inutile. Chiaramente è una tenera differenza generazionale.


Andando ancora più indietro coi tempi, ti riesce di immaginare un’epoca, ormai molto lontana (che nessuno di noi ha vissuto), prima della radio e del giradischi, in cui la musica esisteva solo se qualcuno stava suonando?

Devo dire che non mi capita di pensarci molto. Anche senza tornare troppo indietro, infatti con questo principio potremmo tornare all’età della pietra, proviamo a pensare alla fine dell'Ottocento, primi Novecento: esistevano tante tradizioni popolari. Noi pensiamo sempre al blues americano, al gospel americano e poi al jazz e al boogie-woogie, ma in tutte le parti del mondo c’erano tradizioni straordinarie in buona parte o del tutto perdute e che non sono state documentate. La tradizione orale è molto bella e affascinante, ha un senso di fisicità, di memoria, di passaggio dell’informazione e della conoscenza (dai nonni, dai bisnonni fino ai nipotini etc), che fa parte della nostra storia. Tutto è cambiato nell’ultimo secolo, e l’idea di avere dei documenti di quello che è successo e di sapere esattamente ciò che è accaduto secondo me gli dà un potere che prima non c’era.


mister fantasy torna in tv



Ti vorrei fare una domanda, anche questa doppia, e che si lega in qualche modo. Dear Mister Fantasy è una testimonianza degli anni più gloriosi dell’industria musicale, mancano per ragioni anagrafiche gli anni ’60, in cui eravamo troppo piccoli per andare in giro a fare foto e fare programmi alla radio, ma questa testimonianza suona anche come un’accusa all’imperialismo sotto culturale che ha portato alla decadenza dell’industria.
Ora ci sarà Mister Fantasy 2010, che cosa vedremo che cosa sentiremo?


Mamma mia, hai fatto tre domande in una!
Allora, sulla decadenza dell’industrai discografica glissiamo perché non ci sarebbe lo spazio. Secono me lì si incrociano diverse cose, quella era una generazione fantasiosa in cui si volevano rompere barriere e creare il nuovo, adesso si cerca di fare soldi, successo e raggiungere la popolarità. Sono cambiati i valori di riferimento.
Mister Fantasy 2010 sono sei puntate che andranno in onda dal due marzo su RaiSatExtra (che si chiamerà RaiExtra, perché il satellite non c’è più), nelle quali ripercorreremo quel periodo con ospiti, facendo vedere le vecchie videohit, qualche nuova videohit e qualche servizio girato apposta, ma sarà un’introduzione ragionata di oggi, del 2010, di tutte le repliche dei quattro cicli di Mister Fantasy, quasi 150 puntate, che dovrebbero partire a marzo e immagino finire a giugno.
Per tutti coloro che non l’hanno mai visto e per tutti coloro che lo vorrebbero rivedere, perché lo ricordano da ragazzini quando lo guardavano a tarda notte sotto le coperte, credo che sarà un momento molto divertente. Sicuramente si perderà un po’ la magia, nel senso che, molta gente, rivedendole dirà “quanto erano bravi”, ma molta altra penserà “chissà che mi ricordavo”... perché alla fine era solo un programma televisivo molto moderno per quei tempi. Devo dire che ho rivisto diverse puntate per lavoro e per certi versi reggono ancora abbastanza bene. Il ritmo è un po’ più lento della TV di adesso che è più frenetica ma, dal punto di vista visuale, reggono ancora bene.


paolo giaccio, carlo massarini, mario luzzatto fegiz, richard benson, teresa piazza: per voi giovani 1971

Vogliamo sicuramente ricordare chi era l’autore e l’iniziatore di questa idea a suo tempo e che credo abbia a che fare con la riproposta su RaiSatExtra.


Certo, Paolo Giaccio fu autore di questa geniale intuizione, nel senso che pensava di fare, nel 1981, un programma sulla video musica, primo al mondo, prima ancora di Mtv che arrivò in agosto mentre noi partimmo il 12 maggio. Fu sicuramente un’idea molto originale e felice. Lui è di nuovo al comando di questo secondo giro e chi legge il mio libro lo trova molte volte menzionato, perché fu lui a chiamarmi a fare la radio e, dieci anni dopo, Mister Fantasy, e fu sempre lui ad annunciarmi la telefonata di Renato Parascandalo per Mediamente. Nel libro, prendendo il soprannome che aveva Bo Diddley, l’ho chiamato The Originator perché, onestamente, quasi tutte le cose interessanti della mia vita sono partite con Paolo Giaccio.

Co-firmo questa affermazione. Grazie mille Carlo.

Grazie a te, a tutti i tuoi lettori, a tutti i tuoi ascoltatori.


Le immagini sono tratte dal libro di Carlo Massarini Dear Mister Fantasy
pubblicato da Rizzoli.

A cura di Anna Scirè Calabrisotto



17 febbraio 2010 Di Massimo Villa

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