(Parigi 1613-80) moralista francese. Uomo d’armi e di corte, partecipò attivamente alla Fronda e ai complotti contro Richelieu. Dopo il loro insuccesso rinunciò alla politica e si dedicò alla vita mondana e intellettuale, frequentando assiduamente i salotti letterari del tempo e legandosi di tenera amicizia con Mme de la Fayette. Nel 1662 pubblicò le Memorie (Mémoires), relazione precisa e per quanto possibile oggettiva degli avvenimenti cui aveva partecipato; e nel 1664 le Riflessioni o sentenze e massime morali (Réflexions ou sentences et maximes morales), il suo capolavoro, che conferisce definitiva dignità letteraria a un genere (la massima) allora in voga come passatempo mondano. Le massime di La R. (500 ca), scritte in uno stile limpido, elegante ed essenziale, sono opera di un osservatore acuto, ironico e pessimista, sensibile alla dura lezione del giansenismo. Esse tendono, nel filone seicentesco della letteratura di analisi psicologica, a veder chiaro nell’uomo, interpretando le sue azioni, anche le più nobili e virtuose, come mosse dall’amor proprio e dall’utilitarismo. Trattando degli argomenti più diversi, in special modo dei principi che regolano la vita mondana, La R. ci dà inoltre il ritratto dell’uomo ideale secondo la sensibilità del secolo di Luigi XIV: conversatore intelligente e spiritoso, avvezzo a frequentare una società femminile, misurato nelle passioni, orgoglioso del suo onore di gentiluomo.