Jean-Marie Gustave Le Clézio è uno scrittore francese.
Il suo primo libro (Il verbale, 1963) cerca di tradurre le percezioni più tenui d’un personaggio senza passato, né avvenire, che vive un’«estasi materiale» in accordo con un tempo cosmico. Proprio al tema dell’Estasi e materia (Extase matérielle) Le Clézio ha dedicato un saggio nel 1967. Ha quindi avviato una serie di opere che si presentano come fantasticherie tragiche sulla scissione tra l’uomo e uno spazio urbano vetrificato e aggressore: La febbre (1965), Il diluvio (1966), Le fughe (1969). Terra amata (1967) canta, pur sullo sfondo di un senso tragico dell’esistere, l’immediatezza irresistibile della vita. In difesa di questo senso del primordiale, Le Clézio ha scritto I giganti (1973). In seguito s’è volto a quell’«altrove» esotico in cui le realtà elementari istituiscono ancora un rapporto spontaneo col mondo: Viaggio dall’altra parte (1976), Deserto (1980), Il sogno messicano (1988), Onitsha (1991), Stella errante (1992), Pesce d’oro (1997), Rivoluzioni (2003), Ourania (2006).
Ha scritto anche libri per ragazzi (Lullaby, 1982), opere di saggistica (Lautréamont, 1987; Diego e Frida, 1993, ricostruzione del burrascoso rapporto tra gli artisti messicani Diego Rivera e Frida Kahlo) e il singolare diario L’Africano (2004), resoconto del viaggio del 1948 in Nigeria, dove il padre (che L.C. non ha mai conosciuto) era medico dell’esercito britannico.
Nel 2008 Le Clézio è stato insignito del premio Nobel per la lettratura.
(dall'Enciclopedia della letteratura Garzanti)