Gli articoli di Wuz.it

La pazza della porta accanto - Un film su Alda Merini

IL FILM

""Mi vuole conoscere, signorina? Diciamo che i poeti sono inconoscibili"".
Milano, Naviglio Grande: nell’amata casa dell’alzaia, Alda Merini, intervistata, ripercorre il suo itinerario di donna, madre e poetessa rievocando l’infanzia, i numerosi ricoveri in manicomio, gli amori, la separazione dalle figlie.
Inforca gli occhiali e si rilegge: ""O poesia, non venirmi addosso / sei come una montagna pesante, / mi schiacci come un moscerino; / poesia, non schiacciarmi, / l’insetto è alacre e insonne, / scalpita dentro la rete, / poesia, ho tanta paura, / non saltarmi addosso, ti prego"".

Attorno a lei un diluvio di carte e libri, una bottiglia formato maxi di Cocacola, il fido pacchetto di Marlboro, grosse candele rosa e scatole aperte perché, come lei stessa dice, solitudine e disordine vanno insieme.Antonietta De Lillo e la locandina del film

CURIOSITÀ

Il titolo del documentario deriva da una frase della poetessa: “Io sono una donna molto facile, molto normale, hanno fatto una costruzione enorme ma in fondo sono una persona di tutti i giorni, sono proprio la pazza della porta accanto [...] Ma chi è poi la pazza della porta accanto? Per me è la mia vicina. Per lei la matta sono io, come per tutti gli abitanti del Naviglio, della mia casa”.

Il film germina da Ogni sedia ha il suo rumore, mediometraggio diretto dalla stessa regista nel 1995. La De Lillo ha recuperato spezzoni inutilizzati dell’intervista girata appositamente per confluire in quella pellicola: ma in questo nuovo lavoro la poetessa diviene centrale (l’omaggio del ’95 alternava l’intervista a una performance di Licia Maglietta).
Intervistare Alda Merini fu difficile, la regista incassava quotidiani dinieghi: ""Oggi non posso, devo fare la spesa; domani non posso, devo fare altro"".
La De Lillo, napoletana, decise di partire per Milano senza appuntamento, fiduciosa che di fronte al fatto compiuto sarebbe stata accolta: fu così.
Anzi la poetessa si rammaricò della ripartenza della troupe, due giorni dopo: “Mi lasciate sola?”.
Il film non è un biopic costruito secondo l’imperante gusto dell’intervista ad amici e collaboratori che parlano dell’assente.
C’è solo la poetessa che parla di sé con parole, rughe, sguardi, gesti.

NOTE

In anni caratterizzati da omaggi postumi, reunion di gruppi musicali bolliti e abbigliamento retrò – insomma da un’impronta (auto)celebrativa e superficiale del passato – questo progetto di Antonietta De Lillo, a circa vent’anni da Ogni sedia ha il suo rumore e cinque dalla morte della Merini, non suona come un’operazione nostalgica: attraverso l’amarezza, la vulnerabilità e gli occhi della poetessa il film consegna una visione di limpidissima attualità.
Il documentario, puro found footage applicato al proprio materiale, alterna la ripresa d’interno – il videoritratto – con gli esterni: questi ultimi ripresi a battito di palpebre, nero che sale dal basso e scende dall’alto unendosi a metà schermo per un attimo, e poi da capo. È un’inquadratura in supersoggettiva, come se la telecamera fosse posta non davanti all’occhio di chi guarda ma dentro, e le immagini cessassero d’essere quando l’occhio si chiude: per quell’attimo solo.

Il naviglio – visto dalla poetessa, dalla regista, da noi – appare e scompare all’ammiccamento, e così i suoi argini, i viandanti e le stagioni. Il ricordo nasce così: chiudo gli occhi e rivedo con la mente.
La poesia apre nuovi occhi sul manicomio, sugli amori, sulla malattia, sulla maternità, sulle tavole che non vale la pena sparecchiare (""solitudine è non avere più un commensale a tavola"", dice la Merini). Fluiscono le parole, ognuna un pugno. Il poeta chi è, cosa fa? Odia il denaro, però se ne lascia lusingare. Ama il suo quartiere, odia la società. Concepisce il manicomio, ‘un figlio stupido laureato in legge’: lo odia e vi si rifugia.
Ospita un amico malato di AIDS e spera nel contagio. Ama la vita e liscia il pelo alla morte: “Fumo molto, il cancro in fondo lo cerco”, dirà lei.
Che avrebbe voluto essere curatrice d’anime, psicoterapeuta (somma ironia per lei, ricoverata ventisette volte).
O imbalsamatrice: perché il poeta ha la morte per vicina di casa, il poeta è un baratro.
In quest’intervista sorprendente Alda Merini si lascia andare e si ritrae, guarda e fugge lo sguardo: siamo a casa con lei, burbera, e poi di fianco al naviglio sulle cui acque galleggiano papere, barche, pezzi di polistirolo.
La poetessa, smalto corroso e sigaretta tra le dita, resta a casa sua, leggera, libera, inconoscibile e delirante: “Ci sono dei deliri che vanno oltre i piaceri effimeri, oltre l’orgasmo fisico: li ha mai provati? Sono da provare, sa”.

Recensione di Stefano Casacca Un fotogramma tratto dal film

INTERVISTA

""Il rapporto tra intervistato e intervistatore è lo stesso che si crea tra pilota e navigatore: in realtà il navigatore è quello che guida. È un lavoro in cui via via devi aggiustare il tiro. E, al contrario di come fanno tutti, voglio sapere poche cose e faccio in modo tale che la conoscenza avvenga con la macchina da presa. C’è veramente un incontro [...] Gli occhi sono inediti, nel senso che nell’altro lavoro [Ogni sedia ha il suo rumore, ndr] non c’erano, c’era solo la Betacam perché la video8 ci sembrava di qualità troppo scadente: oggi – col tempo – sembra il contrario. Non so cosa mi dicessero gli occhi della Merini, ma in generale gli occhi di tutti noi mi raccontano molto.
Mi spiace quando cammino per la strada, cerco gli occhi degli altri e – in questi anni – non li trovo. Abbiamo un po’ perso l’abitudine di guardarci negli occhi [...] È stato divertente lavorare su materiali miei, trattandoli come fossero filmati d’archivio. Ciò mi ha permesso di pormi nei confronti di quelle immagini quasi da spettatrice esterna, per provare a farle parlare in maniera inedita""

BIOGRAFIA E FILMOGRAFIA

Antonietta De Lillo (Napoli, 1960) inizia la carriera come fotoreporter.
Una casa in bilico (1985) è il suo primo film; da allora alterna film di finzione, cortometraggi e documentari partecipando a importanti rassegne (Racconti di Vittoria, Venezia 1995; Non è giusto, Locarno 1997; Il resto di niente, Venezia 2004). Nel 2007 fonda la società di produzione e distribuzione marechiarofilm, ""con l’intento di favorire l’incontro e lo scambio tra generazioni diverse, tra cinema e rete, e di andare contro la società dell’""usa e getta"", recuperando materiali filmici importanti per la nostra memoria"". La pazza della porta accanto, videoritratto di Alda Merini, è stato presentato al 31° Torino Film Festival (2013).

La posta della redazione

La posta della redazione

Hai domande, dubbi, proposte? Vuoi uno spiegone?
Scrivi alla redazione!

Chiudi

Per poter aggiungere un prodotto al carrello devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.

Chiudi

Per poter aggiungere un prodotto alla lista dei desideri devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.

Chiudi

Il Prodotto è stato aggiunto al carrello correttamente

Chiudi

Il Prodotto è stato aggiunto alla WishList correttamente