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Ottocento: leggere romanzi? No grazie, sono diseducativi

Gli effetti negativi della lettura nel XIX secolo

Oggi cerchiamo disperatamente di convincere i nostri figli, ma anche gli amici, i genitori, fratelli e sorelle, ad acquistare un romanzo classico o l’ultimo bestseller, insomma qualsiasi libro pur di vederli travolti dalla nostra stessa passione. Ma nell’Ottocento la storia era ben diversa. A quei tempi i libri svolgevano una funzione educativa e informativa, e di certo non accompagnavano il lettore verso quell’appassionante sentiero fatto di sentimenti, pathos, suspense e scene mozzafiato che caratterizzava e che caratterizza tuttora il genere romanzo.

Prime edizioni italiane di: I promessi sposi (1840), Il conte di Montecristo (1890) e Madame Bovary (1881)
Nel XXIX secolo su quotidiani e periodici apparivano vari articoli che invitavano a non leggere romanzi. Ma perché? Ecco i principali motivi:


1. La narrativa intorpidiva la mente


Per decenni i romanzi sono stati considerati una lettura “leggera”; non stimolavano la mente, non veicolavano nessun insegnamento ma, anzi, portavano il ragionamento a un lento ma inevitabile deterioramento.

2. Le storie narrate rendevano insoddisfatti della vita

Le persone sono insoddisfatte della vita in ogni caso, certo, ecco perché decidono di leggere. Allora come adesso i lettori continuano a ripensare ai personaggi e alle vicende di un libro anche quando questo è ormai concluso. Ma mentre oggi questa rapida alienazione non è affatto una minaccia, durante l’Ottocento il pericolo avvertito era alto. Rifugiarsi nelle trame dei libri più amati poteva rendere il lettore inappagato o deluso della propria vita. Secondo questa visione, presto le persone avrebbero cominciato a sognare a occhi aperti, a desiderare più avventure e meno fatiche; e questo li avrebbe allontanati dalla morale, dalla famiglia, dal lavoro e dalla religione.

3. I romanzi alimentavano le emozioni

I romanzi d’amore erano considerati i più minacciosi. Leggendoli, i giovani avrebbero potuto identificarsi con i protagonisti del libro tanto da desiderare per se stessi una storia d’amore più passionale e coinvolgente di quella che stavano vivendo. E questo era terrificante. Se la gente avesse cominciato a fare ciò che realmente desiderava, la società si sarebbe inesorabilmente sgretolata.

4. L’evento fuori dall’ordinario poteva rendere insensibile l’animo umano

I critici dell’Ottocento erano convinti che leggere troppi thriller avvincenti o storie d’amore strappalacrime avrebbe fatto a brandelli la morale del lettore e lo avrebbe reso impassibile ai sentimenti altrui. Non comprendevano che leggere questo tipo di storie era invece una valvola di sfogo positiva che avrebbe reso i lettori più empatici e comprensivi.

Oggi, di fronte a questi temuti effetti indesiderati, non possiamo che sorridere; anche se a quel tempo la potenza del romanzo fu di una portata allora incalcolabile con torrenziali conseguenze culturali imprevedibili. Rileggendo oggi le reazioni dei nostri trisavoli alla semplice lettura di un romanzo possiamo aggiungere: cosa sarebbe successo se avessero scoperto internet?


Parzialmente tratto da un articolo apparso su huffingtonpost.com

Dipinto di Alfred Stevens, 1856.
CURIOSITÀ: COSA SI PUBBLICAVA IN ITALIA NELL'OTTOCENTO?

Il numero di libri pubblicati in Italia nell’Ottocento non è lontanamente paragonabile alla mole di opere pubblicate oggi. Tra il 1800 e il 1815 si sfiorano appena i 14000 volumi. Eppure l’editoria ottocentesca era in piena fioritura e le città di Venezia, Milano e Firenze erano i centri culturali più vivaci.
Nello specifico, se andiamo a ritroso di 200 anni, nel 1814 i titoli usciti sono poco più di 1000 e tutta la produzione editoriale conferma quanto detto nell’articolo. Vengono pubblicati perlopiù testi di filosofia, scienze, fisica, medicina e religione. Non mancano però libri di grammatica italiana, francese, inglese e tedesca, ed elogi di qualsivoglia genere – funebri, nuziali o in occasione di insediamenti di autorità. Vasta è infine la produzione di poesie, opere teatrali e testi di taglio storico-politico estremamente attuali (riguardanti ad esempio la battaglia di Lipsia o il Congresso di Vienna). La pubblicazione di romanzi è limitata a quelli più popolari come Robinson Crusoe di Daniel Defoe e I viaggi di Gulliver di Jonathan Swift. Per vedere una più vasta produzione narrativa bisogna attendere la seconda metà dell’Ottocento.



Neide Debellis

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