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Tradurre l’amore in Harmony: a colloquio con le signore della Harlequin Mondadori

Ilide Carmignani fotografata da Arianna Sanesi
Saper tradurre è un'arte complessa quanto meravigliosa, ma anche un lavoro artigianale difficile, che si apprende col tempo e che varia a seconda del testo che ci si trova ad affrontare.
Ilide Carmignani, grande traduttrice italiana (ricordiamo, tra i tanti, i libri di Roberto Bolaño e alcuni titoli di Borges per Adelphi, Almudena Grandes e Luis Sepúlveda per Guanda, Arturo Peréz-Reverte per Tropea) ha voluto raccontare per noi cosa significhi ""tradurre l'amore"" per il celebre marchio Harmony (Harlequin Mondadori), e lo ha fatto intervistando le protagoniste di quel mondo: Alessandra Bazardi (Editorial Manager), Emanuela Velludo (Senior Editor Single Title), Alessandra Roccato (Senior Editor Romanzi storici e Paranormal), Elisabetta Lavarello (traduttrice).

ILIDE CARMIGNANI
Credo che non vi sia donna o quasi, in Italia, che non abbia letto almeno una volta nella vita un romanzo Harmony.
Dietro questa grande capacità di intrattenere un pubblico non solo molto diverso da quello originario – le lettrici nordamericane – ma anche vasto e ben più variegato di quanto comunemente si creda, si nasconde un lavoro assai complesso di mediazione linguistico-culturale.
Prima di entrare nel merito della traduzione, tuttavia, ci piacerebbe conoscere meglio la storia della Harlequin.



Emanuela Velludo, Alessandra Bazardi, Alessandra Roccato ed Elisabetta Lavarello

ALESSANDRA BAZARDI (Editorial Manager)
Harlequin Enterprises è stata fondata nel  1949 e pubblicava western, mystery e libri di cucina.
Dal 1964 si dedica esclusivamente al romance.
Nel 1971 è sbarcata in Europa e ha acquisito Mills & Boon, che pubblicava romanzi rosa dal 1909. Nel giro di pochi anni ha aperto filiali in tutto il mondo: attualmente è presente in 109 paesi distribuiti sui 5 continenti e tradotti in 26 lingue; nei suoi 11 marchi pubblica romanzi di 1300 scrittrici. Si calcola che da quando è nata a oggi Harlequin abbia distribuito nel mondo circa 6 miliardi di libri.
Harlequin Mondadori è invece una joint venture nata nel 1981 fra due colossi editoriali, la multinazionale canadese Harlequin Enterprises e l’italiana Arnoldo Mondadori Editore, e pubblica esclusivamente narrativa al femminile.
Ogni anno vengono pubblicati più di 600 titoli, con una media di oltre 50 volumi al mese (articolati in 25 collane), per un totale di venduto che negli ultimi anni ha superato i 5 milioni di copie.
In più di vent’anni ha oltrepassato i 260 milioni di copie, con un fatturato netto a prezzo di copertina pari a 20 milioni di euro.
Le tirature vengono calibrate ad hoc in base alla collana, al canale e alle previsioni di vendita di ciascun mese, e dal dicembre 2010 le pubblicazioni sono disponibili anche in e-book. Infine, a giugno Harlequin Mondadori sbarcherà in libreria con una nuova collana dedicata alle firme più illustri della women fiction.


ILIDE CARMIGNANI
Come si è evoluto il catalogo in questi trent’anni?


EMANUELA VELLUDO (Senior Editor Single Title)
La prima collana pubblicata fu Collezione, con il titolo Per l'amore di un gitano di Anne Mather uscito nel marzo 1981, attualmente connotata dal colore ""rosa"" e che ci ha fatto conoscere al grande pubblico.
Da allora si sono aggiunte molte altre serie ai cinque petali del fiore Harmony: il petalo Amore del quale fanno parte oltre a Collezione, Jolly, Bianca, I Pack e tutte le serie promozionali, compresi i Single Titles di women' fiction come Romance, I Classici d'autore e Special Edition; il petalo Passione con Destiny, Temptation, Sensual e i Single Titles della serie Passion; il petalo Storico con I Grandi Romanzi Storici, I Grandi Romanzi Storici Special, History,  I Romanzi Storici e Special Saga; il petalo Suspense con I nuovi Bestsellers Special, romanzi di intrigo e passione, sentimento e mistero, e per finire il petalo Paranormal, con la collana Bluenocturne, l'ultima nata in casa Harlequin Mondadori.
La differenziazione delle collane permette a ogni donna di scegliere ""il petalo"" che preferisce.


ILIDE CARMIGNANI
In che percentuale sono tradotti i vostri titoli?


EMANUELA VELLUDO
La nostra produzione è per il 99% composta da traduzioni e solo per il restante 1% da libri scritti da autrici italiane.
Durante ""i suoi primi 30 anni"" la casa editrice ha tradotto la bellezza di 14.905 romanzi avvalendosi della collaborazione di ben 537 traduttori, alcuni dei quali lavorano con HM fin dall'inizio e hanno vissuto con noi passo a passo le evoluzioni delle varie collane.


ILIDE CARMIGNANI
Come sono cambiati i vostri romanzi dagli anni Ottanta? Quali mutamenti sociologici rispecchiano?


EMANUELA VELLUDO
I romanzi Harmony sono cresciuti insieme al loro pubblico, accettando i cambiamenti dell'epoca ma mantenendo comunque l'happy end finale.
Le protagoniste dei romanzi odierni sono donne moderne e indipendenti (per esempio PR, manager, agenti di polizia, scrittrici, attrici, medici, avvocati) che si sono conquistate uno spazio nella società e hanno un peso più attivo nelle storie a differenza di quelle del passato che erano giovani ragazze inesperte e impacciate (per esempio dame di compagnia, istitutrici, ragazze orfane accolte da parenti benestanti, studentesse squattrinate).
Per l'amore di un gitano, il n. 1 di Collezione, narrava la storia d'amore fra una ragazza molto timida e un affascinante e intraprendente gitano. Se dovessimo rileggerlo, lo troveremmo molto diverso da uno odierno, sia per la psicologia dei personaggi che per i ritmi di narrazione.
Il linguaggio sì è modernizzato ed evoluto, sono state introdotte gradatamente le scene d'amore, che ad esempio nel 1983, anno in cui fui assunta in Harlequin, si potevano solo immaginare. Tipo: «Era mezzanotte, Kate e Bob entrarono in camera da letto e chiusero la porta...», stacco e poi: «Il mattino seguente il sole era alto nel cielo…». L'amore e il sesso, infatti, sono diventati argomenti del vivere quotidiano. I tabù di un tempo, negli atteggiamenti sentimentali e nei comportamenti, sono stati eliminati. Ci sono scene che non troviamo più, come quella in cui lui, il fidanzato, si mette sulle ginocchia la giovane ingenua e la sculaccia. Naturalmente sono scomparse anche le scene in cui un personaggio cerca con urgenza una cabina telefonica per comunicare con qualcuno, visto che adesso ci sono i cellulari. Incontriamo, infine, molte meno descrizioni, oggi si privilegiano i dialoghi.
Le traduzioni dei nostri libri sono scorrevoli, fluide, non pompose o stereotipate, contemporanee e vivaci, aderenti al linguaggio parlato ma prive di espressioni dialettali. Lo stile degli anni Ottanta era indubbiamente più ""aulico"". La traduzione non è mai letterale, perché significherebbe produrre una storia quasi illeggibile e assolutamente non godibile. Spesso ci troveremmo di fronte a scene troppo poco chiare, ripetitive o di sapore preconfezionato.
Nei primi anni di Harmony succedeva poi una cosa particolarmente strana, che oggi non sarebbe più accettabile tranne in quei rarissimi casi in cui si traduce da lingue straniere poco conosciute: capitava di assegnare traduzioni di testi dal francese all'italiano, peccato però che il francese fosse già una traduzione dall'inglese. In pratica, facevamo la traduzione di una traduzione perdendo così a volte dettagli importanti  e significativi per la storia oppure prendendo grosse cantonate.


ILIDE CARMIGNANI
La traduzione, lo sappiamo bene, è una mediazione linguistico-culturale calibrata sul lettore di arrivo ed è noto che le diversità linguistiche sono in genere le più facili da risolvere. Quali problemi pongono le differenze culturali, e quindi anche di gusto, fra lettrici nordamericane ed europee?


ALESSANDRA ROCCATO (Senior Editor Romanzi storici e Paranormal)
In primo luogo ci sono interi sottogeneri della letteratura rosa che il pubblico italiano non frequenta, mentre hanno un grosso seguito in area anglofona: si pensi agli inspirational romance, nei quali la storia d'amore si intreccia a tematiche religiose, prevalentemente, ma non solo, di matrice protestante; oppure ai romanzi rivolti a un'utenza espressamente afroamericana. Anche il paranormal romance, che sull'onda di Twilight ha finalmente preso piede anche in Italia, ha stentato ad affermarsi mentre negli Stati Uniti ha un enorme seguito già da molti anni.
Pensate che Maggie Shayne ha scritto i primi romanzi della sua lunga saga a base di vampiri all'inizio degli anni '90, e che noi l'abbiamo pubblicata soltanto nel 2009.
E poi in Italia, come in molti altri paesi europei, non riscuotono grande successo le storie ambientate durante la conquista del West o che si svolgono nei grandi ranch americani e australiani e i cui i protagonisti sono rudi cowboy, generi che invece, comprensibilmente, sono molto apprezzati in tutto il mondo anglosassone.
Allo stesso modo, risultano poco gradite al pubblico di casa nostra le vicende che si svolgono nei piccoli centri dell'America rurale. Qui, come nel resto dei paesi europei, piacciono di più le ambientazioni metropolitane, soprattutto internazionali... a patto però che non si tratti del proprio paese. Da noi infatti le ambientazioni italiane funzionano raramente, e solo dopo un accurato lavoro di adattamento, esattamente come capita in paesi come la Grecia o la Spagna. Viceversa, le lettrici europee mostrano di apprezzare molto più di quelle americane o australiane i romanzi che si svolgono nel Medioevo o nel Rinascimento, forse perché hanno maggior dimestichezza con la storia di questi periodi.
Benché per tutte le appassionate il romance sia un mezzo per evadere dalla routine quotidiana e rifugiarsi in un mondo di sogno in cui ogni cosa è possibile, la lettrice italiana sembra cercare, sia nelle trame che nei personaggi, una maggior verosimiglianza, quasi che una certa aderenza alla realtà e una seppur minima coerenza nel carattere e nel modo di agire dei personaggi permetta loro di identificarsi meglio con le protagoniste e le situazioni narrate, di avvicinare il loro vissuto al sogno e in questo senso di renderlo meno remoto e irrealizzabile.
Un altro aspetto che differenzia le nostre lettrici da quelle anglosassoni è una maggiore esigenza di precisione, che risulta evidente dalla puntualità con cui vengono rilevate e rimarcate dalle appassionate che ci leggono le incongruenze anche lievi presenti nei testi, incongruenze che vengono invece tollerate con maggior tranquillità altrove. I casi più eclatanti si riscontrano credo nell'ambito dell'Historical Romance: per le lettrici anglosassoni, infatti, l’ambientazione nel passato serve a conferire alla trama maggior fascino e a creare un'atmosfera magica e romantica, ma per lo più dei casi la “Storia” è soltanto una cornice all'interno della quale si muovono i personaggi, e pertanto la presenza di informazioni storiche inesatte non viene riscontrata o comunque non viene considerata un difetto grave. La lettrice italiana mostra invece di apprezzare – e anzi esige – una correttezza formale che riguarda non solo i riferimenti alle vicende del periodo, ma anche i dettagli dell'abbigliamento e dell'ambiente, il modo di agire dei personaggi, l'uso di un lessico appropriato e coerente con l'epoca tratteggiata.
È evidente che in questi casi l'intervento del traduttore riveste un'importanza ""vitale"": è lui infatti il primo a entrare nel vivo di un romanzo, ad adattarlo alla nostra lingua, a intercettare gli errori e le incongruenze. Ai nostri traduttori dell'area storica, per esempio, è espressamente chiesto di sospettare di ogni affermazione, di ogni informazione contenuta nel testo, e di verificare tutti i particolari con puntualità. Nella stragrande maggioranza dei casi tutto fila perfettamente liscio, ma non per questo è possibile abbassare la guardia, perché non sempre si tratta di errori macroscopici come deliziosi pranzetti a base di pollo e patatine nel Medioevo.
A volte gli errori sono così ben inseriti nella trama da sfuggire anche a una lettura attenta.
È il caso di un romanzo ambientato nel 1740, nel quale un personaggio secondario viene definito uno studioso e un linguista brillante che conosce diverse lingue antiche, tra cui ""quella egizia, l'aramaico, il copto, l'etrusco..."". Ora, come saprete, la lingua egizia è stata decifrata da Champollion solo nel 1822, ottant'anni dopo la vicenda narrata nel romanzo, mentre l'etrusco rimane tuttora un mistero. Questa osservazione era molto marginale, sia rispetto alla trama, sia rispetto alla scena descritta, perché si trattava di un piccolissimo frammento di conversazione tra due invitati a un ricevimento. Ma sarei pronta a scommettere che qualcuna delle nostre lettrici se ne sarebbe accorta... Per fortuna, il traduttore ha prontamente modificato il testo sostituendo alle due lingue incriminate rispettivamente il greco e l'ebraico, e almeno in questo caso abbiamo salvato la faccia.


ILIDE CARMIGNANI
E ha salvato la faccia anche lo scrittore… I traduttori però non intervengono solo sugli errori, vero?


ALESSANDRA ROCCATO
Sì, chiediamo ai nostri traduttori di intervenire anche in altro modo.
Per esempio, gli autori americani – certi autori, almeno – utilizzano molto spesso un linguaggio crudo e poco letterario che può creare qualche problema di resa soprattutto nelle scene d'amore: in questi casi al traduttore è affidato un compito a dir poco improbo: deve tenere alta la tensione erotica, far emergere i sentimenti, addolcire i passaggi più crudi o di dubbio gusto, eliminare quelli che rovinano l'atmosfera... in poche parole, deve fare da mediatore tra due lingue e due culture che in questo campo non viaggiano su binari paralleli.
Basti pensare, per fare qualche esempio, alla diversa frequenza e ricezione della volgarità e del turpiloquio - che non è uguale tra inglese e italiano, così come è diversissima la percezione - oppure all’insistenza e alla ripetitività che caratterizza le scene, ottenuta con l’utilizzo in sequenza di più verbi o aggettivi riferiti alla medesima azione o allo stesso stato d’animo. Oltre al fatto che non sempre è possibile riprodurre le stesse sfumature della lingua di partenza, il traduttore deve vedersela, banalmente, con la lunghezza delle parole italiane e con l'effetto boomerang che una traduzione fedele avrebbe, nella quale finirebbe per emergere l'aspetto della ripetitività a discapito di tutto il resto.
Sta al traduttore, in questi casi, trovare un equilibrio che non disturbi troppo il lettore pur traducendo quello che c'è (perché non avrebbe senso scegliere di pubblicare un libro simile e poi stravolgerlo). Ed è un compito estremamente delicato e complesso, al quale spesso si tende a non dare la giusta importanza... soprattutto quando si tratta di romanzi rosa.


ILIDE CARMIGNANI
A questo punto non possiamo che interpellare una traduttrice “storica” della HM: come si traduce un romanzo rosa?


ELISABETTA LAVARELLO
È stato detto spesso che il successo di un traduttore sta nel raggiungimento dell'invisibilità. Nell'ascoltare la ""voce"" dell'autore, cogliere i suoi tempi narrativi, il suo stile, le sue scelte lessicali, e cercare di riprodurli il più fedelmente possibile nella lingua d'arrivo. Insomma, nel limitarsi a prestare la voce, una voce italiana, a quella dell'autore senza sovrapporsi a essa.
Quello di cui pochi, a parte gli addetti ai lavori, si rendono conto è quanto lavoro certosino di scrittura e riscrittura ci sia dietro alla traduzione di un romanzo che viene letto d'un fiato, in poche ore. La fluidità della lettura, la facilità con cui si riesce a godere di una storia, sono il più delle volte frutto proprio di un lavoro di estrema limatura, che ha lo scopo di evitare forzature, intoppi, giri faticosi di parole nel passaggio da una lingua all'altra. Il lavoro di traduzione è una continua serie di decisioni, piccole e grandi, per trovare un equilibrio tra la fedeltà al testo originale e l'accettabilità della traduzione per il lettore di una lingua diversa.
Dopo questa premessa generale sull'obiettivo di essere presenti senza farsi sentire, bisogna dire che in questo particolare contesto di narrativa rosa ci sono alcune circostanze in cui il traduttore è costretto a sovrapporsi all'autore.
Penso per esempio ai riferimenti a vari aspetti di vita italiana, dalla cultura al cibo, che si trovano sorprendentemente spesso nei romanzi Harmony, e che lasciati come nell'originale potrebbero suonare estranei, o perfino infastidire, il lettore italiano, in quanto derivano da luoghi comuni o da una (comprensibilmente) superficiale conoscenza dell'Italia. (Esempio: in una cena raffinata, il Barolo nel cestello del ghiaccio, o in un ristorante di cucina italiana la pizza ""tropicale"" con ananas, banane e mango.)
Un altro caso in cui spesso è opportuno intervenire è nell'alleggerimento del testo.
Io tendo a tradurre il romanzo nel modo più fedele possibile nella prima stesura e poi, nel corso di quelle riletture successive di cui parlavo prima, a eliminare: ripetizioni, che sono molto frequenti in inglese, elaborazioni di fatti già noti e ovvi, dettagli di descrizioni troppo lunghe e quella sovrabbondanza di aggettivi e avverbi che tolgono ritmo alla narrazione e, in modo particolare, ai dialoghi. Oltre che prettamente linguistici, questi alleggerimenti possono anche essere di contenuti. Mi riferisco in particolare a dettagli di scarso interesse per il lettore italiano. Sono per esempio piuttosto frequenti scene in cui i protagonisti prendono parte o assistono a partite di baseball o di altri sport americani. Qui la ""telecronaca"" del match può, e a volte deve, essere limata, lasciando ovviamente tutti gli aspetti che contano nell'economia della vicenda.



ILIDE CARMIGNANI

E le scene d’amore?


ELISABETTA LAVARELLO
Per le scene d'amore, momenti molto importanti e coinvolgenti in un romanzo rosa, va fatto un discorso a parte. Premessa necessaria è che non sono quasi mai fini a se stesse, ma hanno una giustificazione all'interno del romanzo. Non devono allentare la tensione del filo narrativo ma, al contrario, dovrebbero portare avanti la vicenda.
Se è vero che i romanzi rosa sono storie di persone in conflitto, allora anche le scene di sesso rientrano in qualche modo in questo conflitto. Hanno sempre risvolti psicologici molto importanti: pericoli per il cuore, segreti, dilemmi morali, di stima o coinvolgimento.
Una scena d'amore ben tradotta dovrebbe tenere in considerazione questi elementi, oltre che tendere a ricreare tutta la sensualità e l'erotismo della scena originale, un erotismo che va al di là della semplice successione dei gesti o delle posizioni.
Detto questo, mi sono trovata spesso a riscrivere più volte le scene d'amore perché dettagli ed espressioni che funzionano in inglese rischiano, in una trasposizione troppo fedele, di scivolare nel ridicolo, che è a mio parere il fattore più antierotico che esista.
Penso per esempio a una sovrabbondanza di gemiti, sospiri, o a certi eufemismi per definire parti anatomiche intime.
Inoltre, la traduzione di una scena d'amore è complicata dalle differenze sintattiche che esistono tra inglese e italiano e che si avvertono qui più che in descrizioni di altro tipo. La frase passiva, per esempio, è molto più usata in inglese che in italiano. Gli aggettivi possessivi in inglese sono sempre utilizzati in abbinamento con le parti del corpo (mentre spesso noi usiamo verbi riflessivi) e si riferiscono al genere del possessore, citato anche diversi paragrafi prima, piuttosto che alla parola che hanno accanto. Per cui a volte se non si girano le frasi più e più volte si rischia di perdersi in un dedalo di ""suo"" e ""sua"", o peggio ""suo di lui"" o ""di lei"". Per fortuna nel posizionamento delle parole nella frase il traduttore italiano può permettersi delle libertà perché la nostra lingua è più elastica dell'inglese in termini di struttura ed è quindi possibile rendere la frase originale in vari modi senza alterarne il significato.
Bisogna prestare particolare attenzione, inoltre, a sviste di lettura da parte dell'autore, visualizzare nella propria mente le varie posizioni erotiche e i loro passaggi perché non risultino inverosimiglianze. Recentemente, per esempio, mi è capitato che, all'interno di una scena d'amore particolarmente intensa, la descrizione particolareggiata della gestualità della protagonista femminile mi inducesse a chiedermi se la poveretta non avesse tre mani…


ILIDE CARMIGNANI
Questa è la sindrome della dea Kalì, affligge anche i personaggi dei romanzi gialli: il protagonista con una mano spara, con una strangola, con una accoltella…


ELISABETTA LAVARELLO
Un'altra decisione, solo in apparenza marginale, che il traduttore deve esercitare in completa autonomia è la questione del “tu” o della forma di cortesia “lei” (“voi” negli storici).
Come è noto, in inglese esiste solo il pronome you per ogni tipo di rapporto interpersonale. In una trasposizione italiana occorre fare una specie di gerarchia dei personaggi, basandosi sia sul ruolo che hanno nella vicenda che sul tipo di dialoghi che intercorrono tra loro, prima di decidere se debbano darsi del tu o del lei. Inoltre, l'eventuale passaggio dal lei al tu tra i due protagonisti, con la conseguente maggiore familiarità della conversazione, è un'ulteriore tappa nello sviluppo della storia d'amore. E spesso la scelta del momento è cruciale. Può essere il segno di una maggiore intimità, complicità, stima, ma anche l'inizio dell'innamoramento. È insomma un elemento arricchente.
Concluderei con due parole anche sulla traduzione dei dialoghi.
Nei romanzi originali spesso ogni personaggio ha una sua voce, un suo modo di esprimersi, a seconda dell'età, dello status sociale, della cultura, del ruolo nella vicenda. Sono voci che variano dal colloquiale al formale, alla lingua semplice dei bambini. L'errore da evitare è quello di appiattire il carattere dei personaggi facendoli parlare col più diffuso linguaggio standardizzato. Una delle maggiori difficoltà che trovo personalmente è proprio quella di trovare parole ed espressioni che, senza cadere in forzature improbabili, comunichino tuttavia la freschezza e la qualità della lingua orale.


ILIDE CARMIGNANI
Dopo tanti anni di lavoro e un’infinità di libri tradotti, che cosa consiglierebbe a un giovane traduttore?


ELISABETTA LAVARELLO
Forse uno dei ""segreti"" del lavoro di traduzione di un romanzo d'amore, al di là delle tecniche professionali e della conoscenza della lingua di partenza e di quella d'arrivo, è di riuscire comunque a ""divertirsi"", a godere della storia come può fare un lettore. Di più, probabilmente, perché i tempi dilatati dell'elaborazione del testo rendono ancora più facile commuoversi, trepidare, indignarsi, trovare qualche spunto, nella vicenda d'amore, che parli al nostro cuore, che ci faccia immedesimare.  



23 aprile 2012 Di Ilide Carmignani

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